Alla scoperta della capitale greca (quasi) di corsa
di Riccardo Passerini
Questa
è la storia di un viaggio lungamente pensato, della preparazione
atletica di ragazzi volenterosi e della voglia di mettersi alla
prova.
32° edizione della Maratona di Atene. Lo scopo è uno solo:
partecipare ad ogni costo.
Partiamo
in tre (mio fratello, un'amica e io) dall'aeroporto di Milano
Orio al Serio.
In poco più di due ore siamo ad Atene. Una volta
arrivati, prendiamo la metropolitana e in mezz'ora siamo in pieno
centro, zona piazza Syntagma. Da qui dobbiamo continuare verso il
palazzetto dello sport in cui si regolarizzano le iscrizioni alla
Maratona. Siamo qui non per semplice turismo, ma innanzitutto per
partecipare ad una delle corse più appassionanti al mondo: la
Maratona… di Maratona. Indicazione per chi dovesse seguire le
nostre orme: una volta arrivati di fronte allo stadio del
Panathinkaykos, chiedete, non è così facile trovare il TAE KWON DO
Indoor Hall & Exhibition Centre (zona Olympic Faliro Coastal
Zone), causa indicazioni assenti.
I miei compagni di viaggio (che
avevano comunque già effettuato l'iscrizione via internet mesi
prima) ricevono chip e sacca con tutto l'occorrente per la corsa. Io
non sono registrato, causa ginocchio dolorante che mi ha impedito di
prepararmi al meglio, ho deciso che proverò a seguire il tracciato
camminando. Al banco informazioni, mossi a compassione ed increduli
dopo aver intuito le mie intenzioni, mi regalano un pass valido per
l'utilizzo dei mezzi pubblici in città dall'8 all'11. Non poteva che
andarmi meglio, in effetti.
Arriviamo all’Hotel Dryades (consiglio
vivamente: 55 euro a testa per 4 notti! http://dryades.hotel0.info/ )
piuttosto tardi, dopo esserci fermati lungo la strada a cenare col
primo Pita Gyros del viaggio. La zona in cui alloggiamo è la
vivissima Exarchia, quartier generale anarco-alternativo
della capitale.
I bar e i chioschi si susseguono nelle stradine in
salita dello storico quartiere. Come è consigliabile fare il giorno
prima di una corsa, andiamo a dormire tardi, rapiti
dall'effervescenza degli edifici limitrofi, su cui writers ligi al
dovere fanno a gara di bravura.
Domenica
la sveglia è alle 5. Con un taxi ritorniamo in Syntagma,
sede del parlamento, e prendiamo l'autobus che ci poterà
direttamente a Maratona, nord-est di Atene.
Piazza Syntagma |
L'assembramento degli
atleti è previsto all'interno dello stadio della squadra locale.
assembramento degli atleti |
L'organizzazione è davvero maniacale e non manca proprio
nulla per poter attendere il proprio turno e partire al meglio.
Dopo
aver effettuato un leggero stretching, parto ad affrontare i primi 30
chilometri di sola salita. Sulle spalle l'immancabile zaino in cui ho
provviste (acqua, cioccolata, cracker) e in cui finiranno i vestiti
in pile che mi sfilerò man mano che la temperatura si alzerà. Col
senno di poi, consiglio a chiunque fosse interessato di non portare
proprio nulla con sé, i vestiti meglio legarli in vita dato che i
chili pesano sulle spalle; oltretutto lungo tutto il percorso i
volontari distribuiscono acqua e ogni genere di viveri a chiunque ne
abbia bisogno.
Dopo aver abbandonato il paese, a circa 2-3 km c'è
una leggera deviazione che ti porta verso il mare. Passato questo
tratto, la strada è quasi totalmente dritta, la corsa si effettua
sull'asfalto della tangenziale che collega Maratona con Atene.
Non mi
dilungherò oltremodo a descrivere la fatica di camminare - non oso
immaginare il correre - a quasi 30°C, ricompensata però ampiamente
dall'emozione di vedere paesi in festa (Rafina, Pikermi, Pallini) in
cui l'intera popolazione lungo la strada incita i passanti a fare del
proprio meglio: canti e cori, ballerini di sirtaki, bambini urlanti,
dj con musica house a tutto volume, suonatori di tamburi. Sul
tracciato, i partecipanti non sono da meno: genitori che spingono
carrozzine correndo, centurioni romani scalzi, uomini in kimono,
ragazze in gonna ed ex marines. Vengo inghiottito dalla ressa che man
mano che ci avviciniamo a metà percorso inizia a distribuirsi in
maniera più uniforme lungo la strada.
Tra barrette energizzanti,
banane atte ad evitare i crampi e litri e litri di acqua ed altre
bevande, arrivo con gran fatica al 30° km.
Qui inizia ad essere
l'inerzia a non farmi fermare e crollare a terra. Verso la fine, già
entrato in città, mi devo bloccare un paio di volte dai medici per
applicare un gel contro i crampi e per medicare le vesciche.
Avvicinandosi ai 40 si inizia a pregustare l'arrivo allo storico
Stadio Panathinaiko, realizzato interamente in marmo bianco alla fine
dell'800, e in grado di accogliere più di 80.000 persone. Dopo aver
transitato sotto l'ultimo cavalcavia, si arriva ad un rettilineo che
nasconde la visuale; fino a che non ci si capita dentro, lo stadio
rimane misteriosamente nascosto.
Chiudo con un tempo forse
migliorabile: 7 ore e 40, ma con l’impressione di avere compiuto
un’impresa.
Dopo esserci sdraiati sugli spalti, a goderci gli
ultimi arrivi e la gente festante intorno, decidiamo saggiamente di
fare ritorno all'hotel a piedi. Alla sera una frugale visita ad un
ristorante tipico a due passi dall'hotel, in cui suonano dal vivo.
Dedichiamo
il giorno successivo alla visita del Pireo, penisola appena
fuori città.
Arrivati al porto, ci perdiamo prima nei confusionari
viali centrali – un tempo era zona popolare di fabbriche - poi
riusciamo a raggiungere una spiaggia oltre il golfo. Qui ci riposiamo
sotto un sole quasi estivo, brandendo una lattina di Fix Hellas, la
birra che non ci ha abbandonato neppure per un istante.
La cordialità
della gente del posto è notevole, ovunque ci si sposti qualcuno ci
offre da bere; più tardi, in un'osteria nelle vicinanze, qualcuno ci
offre pure da mangiare. Non siamo abituati a cotanta cortesia,
restiamo davvero colpiti.
Dopo aver girato per un po' nel Pireo,
verso sera riprendiamo la metro (utilissima, pulita ed efficiente,
assolutamente consigliata per gli spostamenti, molto più dei tram) e
arriviamo in uno dei quartieri più turistici e pittoreschi,
Monastiraki, decisi a fare la spola tra qui e la Plaka.
Appena usciti
dalla metro, la visione dell’Acropoli in notturna è davvero
d'effetto. Giriamo tra i negozi di artigianato artistico e arriviamo
a Bretto, una distilleria antica "a centimetro zero",
in cui producono dall'ouzo (liquore all'anice) al brandy, passando
per il fortissimo raki.
Se andate, attenzione alle quantità che
servono: un aperitivo veloce qui può farvi vivere in un'esperienza
alla Big Lebowski: da provare assolutamente. Una delle cose che più
mi ha colpito, è che la tradizione da queste parti non solo è
rigorosamente rispettata, ma è anche perpetrata in modo del tutto
naturale: in moltissimi locali ogni sera suonano musica rebetika. Non
che gli altri generi musicali siano osteggiati o censurati, ma dato
che chiunque da queste parti suona uno strumento tradizionale, resta
poco spazio a tutto ciò che non è locale. Questo forte attaccamento
alle proprie radici, nonostante la crisi economica (che peraltro non
si respira molto più che in Italia, da quanto abbiamo potuto vedere
nel nostro piccolo) mi fa apprezzare ancora di più i tratti del
popolo greco: valoroso e resistente. Una faccia una razza, dicono
qui, in italiano; sostengono che siamo uguali, noi italiani e loro
greci: francamente non so quanto questo accostamento renda giustizia
a questa gente meravigliosa.
Dedichiamo
l'ultimo giorno al percorso turistico per antonomasia: Partenone e
Acropoli, poi Lycabetto.
Se avete partecipato alla Maratona,
oltretutto il prezzo del biglietto scende da 12 a soli 6€.
Inutile
soffermarsi sull'emozione di rivedere con i propri occhi qualcosa che
ci è da sempre famigliare (dai tempi della scuola). La cosa migliore
è prepararsi prima con una buona rispolverata alla storia antica, e
poi inerpicarsi lungo viali e teatri millenari, perdersi fra le sue
favolose rovine. Cercare di memorizzare nozioni sotto il sole di
novembre - e non voglio neppure immaginare quanto caldo e quanta
gente affolli questo sito in estate - è un'impresa da eroi
mitologici.
Restiamo a passeggiare sulla rossa terra ateniese per
alcune ore, poi ci incamminiamo reflex al collo verso il Lycabetto,
monte da cui si gode la migliore vista panoramica sulla capitale.
Una
funicolare sotterranea, al modico prezzo di 7 euro, ci traghetta
sulla sommità della collina, sede peraltro anche di un ristorante,
oltre che di una delle chiese ortodosse più caratteristiche della
città. Restiamo fino a tramonto completo per godere dell'accensione
delle luci sulla sconfinata piana ateniese: panorama davvero
mozzafiato.
panorama serale dal Lycabetto |
Una volta scesi, prendiamo la metro per vedere
un altro paio di posti, tra cui Omonia, ma la bellezza della zona in
cui siamo alloggiati è una sirena che ci richiama a sé.
Ceniamo in
un ristorante meraviglioso (ΝΑΥΑΓΙΟ ΤΩΝ ΑΓΓΕΛΩΝ,
http://www.foodadvisor.gr/en/component/content/article/15288- ), la
proprietaria parla inglese: qui chi non lo conosce, parla italiano,
magari per ragioni famigliari.
Mi consente di provare a suonare un
buzuki, poi mangiamo lumache, mussaka con melanzane chiare
di rodi, stoccafisso fritto con puré d'aglio.
Nel dopocena ci
sediamo ad un bar nelle vicinanze a sentire musica rebetika: tre
musicisti funambolici si esibiscono di fronte a pochi avventori, come
fosse la normalità. Credevo che un'atmosfera così fumosa e
malinconica, ma allo stesso tempo meravigliosamente fiera, si potesse
respirare soltanto nei film, nell'“In debito” di Andrea Segre e
Vinicio Capossela.
E, invece, Atene è così: una vecchia signora
acciaccata che non perde occasione di sfoderare il suo antico
fascino.