IL SOGNO
di Giuseppe Spampinato
di Giuseppe Spampinato
Non chiedo ricchezze, né speranze, né amore, né un amico che mi comprenda; tutto
quello che chiedo è il cielo sopra di me e una strada ai miei piedi.
(Robert Louis Stevenson)
(Robert Louis Stevenson)
Ci sono avventure che iniziano
prima ancora di mettere il piede su una nave o un aereo o un treno.
Certe emozioni si ingigantiscono
al profumo di un qualcosa che ci riporta indietro nel tempo,un suono familiare o
magari una foto....Sarà forse il profumo di chicchi di caffè tostati che portano
la mia mente indietro nel tempo quando sorseggiavo ad Aegiali il mio Elleniko
cafè...sarà forse l'odore di basilico che mia moglie ha appena portato a
casa...che in un attimo mi fa tornare ai vicoli della Chora di Amorgos...o forse
sarà il suono prolungato e profuso della sirena di una grande nave che sta
entrando nel porto di Sydney e che mi rimanda a quando, sbarcati a Katapola, il
capitano Ioannis Skopelitis saluta il porto e portando la mano sulla fronte per
coprirsi dai raggi del sole osserva l’orizzonte blu dell’Egeo.
Questo racconto inizia a fine
luglio dell'anno scorso, quando lasciando il quad ad Adamas nell'isola di Milos
e, imbarcandoci sul traghetto, vedevamo sfilare l'ultimo tramonto greco che
dall'arancio vivido diventava viola e poi sempre più scuro e lasciava il posto
alle stelle...Stavamo dirigendoci verso Atene...dopo una settimana trascorsa
guidando il nostro mezzo sui monti dell'isola della Venere e a Kimolos...
Ero stato in Grecia la prima
volta a diciasette anni nell'isola di Mikonos, ma di quel viaggio ricordo solo
le luci delle discoteche e i giri in motorino...sapevo che questa terra era
anche altro
La pausa che intercorre tra un
viaggio è l'altro è molto importante, perché dalla vita reale di ogni giorno
evadi con la fantasia su un altro mondo ed inutile nascondere che parecchie
volte durante la pausa lavoro andavo a vedere i voli e le connessioni con le
isole...o a corteggiare Carmelo il mio compagno di viaggio di Milos per indurlo
a progettare un'altra avventura nell'Egeo.
L’amore per Amorgos è nato
così...per caso... anzi sarebbe più giusto dire che è stata Amorgos a scegliere
noi piuttosto che noi a scegliere lei. Da mesi sognavo Karpathos e il suo mare
blu con Olympos da esplorare e immaginavo foto e immagini con la gente del luogo
che ancora veste come migliaia di anni fa; ma ahimè i prezzi del volo per
Karpathos erano quasi proibitivi e dopo un lungo meeting telefonico con Carmelo
decidemmo di prendere un paio di giorni per capire cosa scegliere.
Era una mattina di inizio
autunno a Sydney e avevo visto un bellissimo documentario in rete sulla storia
dell'Express Skopelitis la nave che collega da quasi cinquanta anni a questa
parte tutte le piccole Cicladi.
Mi commossi a vedere quelle
facce di pescatori bruciate dal sole e ad ogni scena mi sembrava di fare parte
di quella famiglia di marinai che conoscono l'Egeo come le loro tasche. Lì si
nominava continuamente Amorgos, come un’ isola, lontana anni luce dal solito
giro turistico greco, che stregava chi metteva piede sulle sue rocce. Poi,
iniziando una personale ricerca, mi colpì questa frase trovata su un sito
internet: "Amorgos,l'incanto con cui confrontarsi almeno una volta nella vita".
Ne fui come folgorato e
continuando la ricerca mi resi conto che l’isola si prestava ad un tipo di
viaggio fatto di lunghe camminate e molti silenzi, che era poi quello che
cercavamo, dopo mesi di marasma cittadino.
Avevo avvertito il classico
battito di cuore che ti dice che quella è la scelta giusta. così presi il
telefono dimenticandomi della differenza di fuso orario chiamai “Il Capitano”,
come chiamavo ironicamente il mio compagno di viaggio
La voce arrochita e dura che
dall'altra parte del telefono mi risponde è quella di chi sta profondamente
dormendo e mi risponde con tono quasi alterato chiedendomi in modo alquanto
colorito cosa avrei mai voluto a quell'ora del mattino.
-<<Carmelo...ci siamo.Credo che
Amorgos sia per noi.>>
-<<Sei una condanna...A
quest'ora mi chiami e mi svegli.?...>>
-<<Sto facendo i biglietti per
Atene...raggiungeremo Amorgos dal Pireo con un viaggio che passerà da Naxos e ci
condurrà a Katapola...saranno 8 ore di nave strette e pulite...te la senti?>>
-<<Se me la sento io?...>>
-<<E' un si...sto facendo i
biglietti>>
-<<Fammi dormire adesso...tu e
la tua Grecia..un'ossessione>>.
Giorni dopo ci sentivamo per
cercare una sistemazione ad Amorgos.
Entrambi eravamo decisi a
cercare un luogo di annullamento terreno...lontano dal frastuono e dalle persone
e che sicuramente doveva essere davanti al mare e la ricerca cadde subito su
qualcosa che poi dopo si rivelò una tra le più belle dell'intero viaggio.
La Partenza
Lo zaino era pieno quasi a
tappo...Ci fermammo nelle poltrone davanti all'imbarco, mi attardai un attimo
per comprare dei tipici dolci siciliani per portarli con me.
Ad Atene avrei incontrato Nelly,
una ragazza che avevo conosciuto l'anno prima, fotografa per passione, su un
pagina dedicata su instagram che ritrae foto fatte in Grecia: sarebbe stata poi
la nostra guida per la serata nella capitale.
Le eliche del nostro bimotore
della Olimpic Air rombavano furiose nello scirocco siculo.
Come al solito Carmelo sedeva
accanto a me...colla sua tipica frenesia di chi non riesce proprio a stare
fermo.
I suoi occhi azzurri osservano
lo Ionio che ci sfilava sotto...fino a quando, arreso dall'impossibilità del
movimento, chiuse gli occhi e si addormentò con una rivista in mano.
Io invece, aspettando
ansiosamente di arrivare ad Atene, osservavo le Hostess andare su e giù nel
nostro piccolo corridoio. Il viaggio dalla Sicilia alla Grecia. Volando sopra
quel mare mi chiedevo come facessero i navigatori antichi ad attraversarlo
costantemente solo con la guida delle stelle...immaginavo Ulisse che veniva
spinto da forti venti avversi nelle coste siciliane doveva rinviare il suo
arrivo a Itaca...immaginavo la flotta ateniese guidata da Nicia avvicinarsi a
Siracusa per il grande e disastroso assedio...immaginavo i bizantini combattere
gli arabi in quelle acque...fino a quando la voce del comandante annunciò
l'atterraggio.
Nelly e Atene
Sembrava un racconto già
rivisto.
Carmelo mi precedeva con il suo
zaino compatto, la metro che dall'aeroporto portava al centro città mi era
famigliare, perché l'anno prima avevamo fatto lo stesso tragitto, ed avevamo
dedicato più tempo alla capitale.
Nonostante la povertà e la crisi
Atene resta una capitale vivace, con una forte identità che ruba il tuo sguardo
e che ti corteggia come una donna adorabile. Atena, piena di gente sul monte
Lycabettus per rubare una foto al tramonto…Atene e le sue note di syrtaki per le
strade…Atene e la sua gente.
Era il compleanno di Carmelo e
Nelly, la nostra amica greca, ci aspettava in un locale con vista sull’acropoli.
Di solito ci si aspetta una ragazza dall'aspetto mediterraneo, ma Nelly potrebbe
passare per una francese credo. Di media statura e con i capelli biondi che con
un movimento della mano continua a toccare…La corporatura snella ed esile, il
viso bianco che tende al roseo, la bocca morbida, vestita con una fantasia a
fiori…la vedo seduta al tavolo che ci aspetta.
Il saluto è quasi timido ma
molto elegante e con un abbraccio il ghiaccio è rotto…I suoi occhi sereni e
pieni di curiosità guardarono intensamente me e Carmelo.
Dopo i classici convenevoli
notammo che il tempo iniziava a peggiorare con lampi e tuoni improvvisi.
La serata passò parlando di
Italia,Grecia, storia antica e Acropoli…Nelly ci accompagnò alla Plaka e poi da
Loumidis,il più vecchio caffè torrefazione della città…ed infine in un locale
per bere qualcosa.
Non avevo mai camminato prima
d’ora in Grecia con una ragazza del luogo e mi sentivo molto onorato ad averla
come cicerone… mentre ritmi di syrtaki riempivano le strade piene di gente e la
pioggia iniziava a toccare l’asfalto caldo scatenando un’afa tremenda…
Era ormai l’ora dei saluti…la
notte era arrivata e con essa l’ora del traghetto si faceva più vicina.
Ci salutammo con un caldo
abbraccio, promettendoci che non sarebbe stato un addio ma solo un lungo
arrivederci fino alla visita in Grecia.
Vedevo la mano di Nelly
salutarci mentre il nostro treno sfilava in direzione Pireo.
Il nostro traghetto quella sera
non era molto pieno, e, dopo i vari cavilli burocratici ci avviammo verso le
nostre poltrone, sistemandoci alla meno peggio per cercare di dormire.
Vedevo già Carmelo irrequieto…un
po’ sul ponte…un po’ seduto in poltrona…un po’ con la sigaretta in mano…il
viaggio sembrava davvero lungo per lui.
Lo vidi per la prima volta alla
prima riunione di lavoro del negozio di mobili dove avrei poi lavorato per due
anni. Già…Carmelo è il mio direttore di negozio. Ricordo ancora il suo pantalone
nero, quel dolcevita marrone e suoi capelli bianchi e i penetranti occhi
azzurri.
Ogni volta che lo vedo oggi,a
distanza di molti anni da quella avventura lavorativa stento a credere che due
uomini con ben trenta anni di differenza riescano a trovare un terreno comune
nell'amore per i viaggi, a vivere insieme, zaino in spalla, il piacere
dell’avventura.
Grande viaggiatore, óCarmelo ha
toccato quasi tutti i continenti del mondo e ho sempre ascoltato con piacere le
sue avventure nei deserti sahariani,sempre apprezzate le sue bellissime foto
fatte nell’africa nera o i suoi vaghi racconti dispersi tra caraibi e polinesia.
Amante del mare e di tutto ciò
che ne consegue ho sempre creduto che la sua compagnia in Grecia sia stata molto
motivante per amore dell’esplorazione e del continuo confront tra un esperiente
di vita e un giovane come me.
ALBA NELL’EGEO
Mi svegliai con forte rumore che
proveniva dai motori…Alzai lo sguardo da terra e controllai l’orologio…Erano già
le 4.30 del mattino e ci stavamo avviando nel primo porto delle nostre
fermate…Paros.
La voce del comandante
annunciava la manovra di attracco…mi alzai per cercare il mio compagno di
viaggio e come potevo immaginare non era accanto a me.
Misi subito il mio maglioncino
di lana e mi avviai alla sua ricerca sul ponte…L’aria era frizzante e l’alba
stava facendosi spazio nell’immenso blu notte.Dopo ore di buio la luce del sole
sembra rivitalizzare i tuoi occhi e la tua anima,i profumi dell’egeo si fanno
più intensi e le stelle iniziano a scomparire dando luogo a giochi di colori che
solo un artista più grande di noi riesce a creare.
Il comandante annunciò l’arrivo
a Paros suonando la tipica sirena marinara mentre io ero alla ricerca del mio
compagno di viaggio…cercavo ovunque…andavo a poppa e niente…ritornavo a prua e
solo il vuoto…pensavo dove potevo trovare Carmelo in questa titanica nave quando
all’improvviso da un piano rialzato del ponte sento questa voce.
-<<Beppuccio!!!!!Cento
euro!!!!>>
-<<Cento cosa scusa????>>
-<<Cento euro mi devi dare…se
vuoi le foto di questa meravigliosa alba!!!>>
Eravamo in viaggio…Eravamo in
movimento e lo vedevo dalla faccia distesa del mio compagno d’avventura e lo
sentivo anche io…attraverso il battere del mare sotto la chiglia della nave in
movimento verso l’ultima isola.
Naxos era il punto di imbarco
per il nostro traghetto veloce e avevamo alcune ore da dedicare in mattinata.
E’ inutile negare che l’arrivo
al porto di Naxos all’alba ha un fascino che da un sapore di tempi
ancestrali…poca gente al porto,il castello veneziano che si erge a guardiano
dell’isola e poi la “Portara”,ciò che rimane del tempio di Apollo sulla collina
a sinistra appena entrati nel porto.
A quell’ora del mattino si sentivano solo i nostri passi e vari “Kalimera e parakallò” tra le gente del luogo.
Dopo aver esplorato il tempio di
apollo soddisfatti dagli scatti ci sedemmo al tavolo di uno dei tanti bar che
davano sul porto.
Yogurt greco e panino ai cereali
per me e cornetto con caffè per Carmelo.
Dopo la dovuta colazione
iniziammo la nostra esplorazione di Chora e del castello veneziano.Vicoli che mi
ricordavano quelli della mia sicula Erice,vecchiette affacciate sul
terrazzo,anziani che spazzolavano il davanzale della porta e gatti…tanti gatti.
Dopo un altro caffè ci
ripromettemmo che un giorno anche Naxos doveva essere vista a dovere e
all’orizzonte si scorgeva già il nostro traghetto che ci avrebbe portato ad
Amorgos.
UN PASSO AVANTI
Il traghetto era pieno di
viaggiatori francesi,nessun italiano era nelle vicinanze apparte me e Carmelo.
Il porto naturale di Katapola si
apriva davanti a noi come una cava naturale…sembrava vuoto rispetto a quello di
Adamas nell’isola di Milos l’anno prima.La rampa del traghetto si aprì davanti e
scesi in terra ferma fummo circondati dai proprietari di taverne e hotel che
offrivano le loro camere gridando prezzi e luoghi.
Il bianco tipico delle case
cicladiche ci accecava e dopo un passo affrettato per uscire dalla bolgia dello
scarico merci sapevamo già cosa fare.
Il primo obiettivo era affittare
il nostro tanto amato Quad….senza di esso non potevamo fare il nostro viaggio.
A Katapola circa trecento metri
sulla strada del porto trovammo Thomas.
Un giovane greco alto e biondo
che parlava un italiano divertentissimo e un migliore inglese.
Partì la famosa trattativa
tipica di chi vuole fare l’affare…Il nostro obiettivo era chiaro,il quad doveva
essere di una cilindrata superiore ai 250 cc,l’anno prima avevamo visto
arrancare sulle colline di Milos gente con i 150 cc e notavamo con dispiacere
delle loro difficoltà…Il nostro mezzo che era un 250 cc ci accompagnò
perfettamente tra le disastrate mulattiere greche e quindi volevamo qualcosa di
simile o addirittura superiore.
<<Posso dare 30 giorno…fare tu
prezzo…>>
<<Amico mio…Thomas…non
dimenticare….Una faccia una razza…facciamo 20 al giorno.>>
<<No 20 troppo poco…quanti
giorni vuoi?>>
<<Facciamo per tutta la durata e
prendiamo l’assicurazione pure>>
-Thomas uscì dal negozio,sgridò
qualcuno dietro e si mise a parlare con un ragazzino…il ventilatore nel suo
ufficio girava come un vortice,la cornice con l’Express Skopellitis era sopra la
sua scrivania,un po’ storta e un po’ scolorita,documenti ingialliti erano
accumulati sulla sua scrivania e posaceneri pieni di cicche davano quel tocco di
posto vissuto.
Carmelo si avvicinò a me,dicendo
di fare un ultimo prezzo a 22 e prendere o lasciare.
Richiamai Thomas e feci la mia
proposta.
Si guardò intorno e forse
convinto anche dalla bassa stagione e poca richiesta inaspettatamente accettò.
Eravamo partiti bene.
Io e Carmelo ci guardammo con
uno sguardo di intesa anche se il suo di sguardo era già fisso sulla barca di
Thomas.
<<Si affitta questa?>>-Chiese
Carmelo.
<<Si certo…ma tempo no buono
questa settimana…meltemi è forte>>
Vidi il disappunto negli occhi
di Carmelo ma la settimana era appena iniziata e noi eravamo pronti a viverla
anche con il cattivo tempo.
Il vento in faccia…il rumore del
motore ad alta potenza portato a su di giri…Carmelo guidava io ero dietro…la
salita verso Aegeali era iniziata…curve su curve…e più si saliva più si poteva
ammirare il blu dell’Egeo dall’alto e il tipico riflesso bianco che viene dalla
roccia mediterranea…si saliva passando dalla famosa Chora di Amorgos,vedendo il
riflesso del bianco dei mulini messi in fila sulla destra….Carmelo mi guardò con
uno sguardo d’intesa dallo specchietto del quad...c’era moltissimo da
fotografare.
La salita continuò fino a quando
con nostro grande stupore l’aria cominciò a diventare fredda e
umida…incredibile…senza accorgersene eravamo saliti a oltre settecento metri dal
livello del mare costeggiando il monte Profitis Ilias…il panorama sulla nostra
sinistra si scagliava con una luce da stupore continuo.
Scendemmo passando da Agios
Pavlos guardando dall’alto l’isolotto di Chaiara che col suo bianco illuminava
la baia.
Aegeali si intravedeva ma la
nostra destinazione era Pano Gitonia.
Avevamo prenotato questo posto
che poi si è rivelato assolutamente uno dei migliori in cui siamo mai stati in
una vita di viaggio su internet.
Avevamo semplicemente cercato la
parola chiave “Fronte Mare” e Pano Gitonia superava anche di molto il senso di
queste parole.
Arroccato su una collina o forse
dovrei dire arroccati (visto che sono una serie di appartamenti)il Pano Gitonia
domina totalmente la baia di Aegeali e il mare sembra caderti davanti.
Theodoros Nomikos il titolare
dello stabile ci venne a prendere all’ingresso del paese di Aegeali.
Basso e tarchiato con i capelli
bianchi e la pelle bruciata dal sole e lo sguardo caloroso tipico dei greci mi
invitò a salire in macchina con lui mentre Carmelo ci seguiva in moto da dietro.
Salì sul pick-up di sua
proprietà e facemmo insieme la salita che arranca sul monte Seliada.
Theo(così voleva farsi
chiamare)era un uomo di poche parole e chiese solo come era andato il viaggio
mentre io invece con la mia insolita curiosità cominciai a chiedere da quanto
tempo viveva ad Amorgos e altre domande simili.
Mi rispose che avendo una moglie
Thailandese aveva la possibilità di vivere la primavera e l’estate in Grecia e
svernare poi a Pucket.
Pensai tra me e me che Theo
aveva capito tutto dalla vita.
La salita era finita e facendo i
soliti convenevoli di un Check in Theo ci mostrò il nostro appartamento che si
chiamava “A room with a view”(Una stanza con vista);Mai parola fu più azzeccata.
L’appartamento aveva una
terrazza personale che dava sul mare e sulla baia di Aegeali e ogni singola
stanza del nostro appartamento aveva una vista sul mare…Ogni porta e finestra
aveva gli infissi di legno dipinti di verde o azzurro la terrazza invece aveva
una copertura di legno e paglia con un tavolino e due sedie in ferro battuto e
piano di marmo bianco…Theo ci lasciò e io vidi Carmelo che inizio ad aprire ogni
sportello,osservare e stare in silenzio.Lo sguardo contento e soddisfatto di chi
non poteva desiderare di meglio.
<<Prendo io il letto
matrimoniale…l’anno scorso a Milos te lo sei accaparrato tu…e poi sono io il
comandante.>>
Aveva ragione…l’anno precedente
avevo fatto il furbetto…avevo poggiato le valigie sul letto grande al Parasporos
village dove alloggiavamo e povero “comandante” lo avevo fatto dormire in un
lettino per bambini all’angolo della camera.
Si…mi sa che questa volta era il
turno suo.
Quel pomeriggio dormimmo
profondamente stanchi del lungo viaggio coccolati dal suono delle cicale e dal
rumore costante di un vento sempre più crescente.
Quando ci svegliammo la luce
accecante del primo pomeriggio era svanita da un po’…dal mio letto intravedevo
Carmelo che svegliatosi qualche minuto prima di me sedeva solitario nella
terrazza.
Uscì fuori e la luce del meridio
era particolarmente bella e aveva un effetto calmante quasi guaritore.
Eccolo.
Attorno a noi solo tanto
silenzio e lo sciabordare continuo e lontano delle onde l’aria tiepida di un
forte ponente investiva i nostri volti e guardando verso il mare il sole aveva
appena iniziato la sua danza serale che lo porta a calare giù verso il mare.
Mi sedetti sul terrazzo.
Carmelo prese una bottiglia di
vino bianco comprata la mattina,un po’ di pane e qualche oliva e lo mise nel
tavolo davanti noi.
Il mare assumeva pian pianino
colori più tenui tendenti al grigio…la luce sembrava abbassarsi come se qualcuno
la orchestrasse come un violino che attenua il suo suono.
Le nuvole giocavano a nascondere
il sole mentre il cielo si cominciava a colorarsi di arancione prima e poi le
sfumature rosse diventano viola tenue…il bianco delle rocce circostanti
diventava giallo e osservare quella benedizione rappresentava per me come uno
spogliarsi di una vita vecchia e fare posto a qualcosa di nuovo.
Eccolo.
Il tramonto dove per un
attimo,forse,si da un senso a questa vita.
Il rumore del vino che viene
stappato dal mio compagno di viaggio,il bicchiere che profuma di vigneto
mediterraneo,l’accendino che illumina il suo volto con una sigaretta in mano…i
piedi poggiati sul muretto davanti a noi…due candele accese sul nostro tavolo.
Pane caldo e olive condite con
olio e spezie.
Il silenzio.
Eravamo a casa…ancora una volta.
AMORGOS
Ci svegliammo la mattina
seguente.
La notte era stata accompagnata
dal rumore continuo e vorticoso del vento.
Carmelo con una tazza di caffè
in mano, aprendo la porta e investito dal vento, esclamò la classica espressione
che noi siciliani adoperiamo se colti da stupore improvviso.
Mi svegliai con il groppone in
cuor mio…Non volevo crederci…Freddo?In Grecia?
Saltai giù dal letto e a piedi
nudi mi avvicinai sul terrazzo.
Il cielo era grigio e l’aria
fastidiosamente fredda con vento impetuoso…Non nascosi il mio disappunto e corsi
a cercare una felpa che non avevo.
Mi ritrovai addosso un
leggerissimo maglione di flanella che in quelle condizioni serviva davvero a
poco.
Feci una tazza di caffè e ne
porsi una a Carmelo.
Ci sedemmo fuori nella parte
riparata del terrazzo e insieme aprimmo la mappa.
<<Credo che oggi il mare sia da
evitare>>Iniziò Carmelo grattandosi pensosamente il mento.
<<Probabilmente è solo
passeggero?>>Esordì io.
<<Ho già controllato le
previsioni e sarà cosi almeno per altri due giorni>>
<<Minchia>>Rincarai la dose .
<<Credo che oggi faremo
un’esplorazione dell’isola scendendo a Sud…che ne pensi se scendiamo verso
questi villaggi qua?>>Indicava col dito Rachidi,Vroutsi e Arkesini..
<<Mmmmm…Credo che possiamo
lasciare l’esplorazione a domani visto che comunque sarà sempre così…diamine…Che
ne pensi se iniziamo visitando il famoso monastero dell’isola?>>
<<Quale monastero ?>>
Accesi il telefono e mostrai la
foto di una perla bianca incastonata sulla roccia.
<<Possiamo andare…nessun
problema>>Annuì Carmelo.
<<Andiamo a piedi,lasciamo il
quad quaggiù>>Indicai un punto parecchio indietro con il nome di Asfoditris.
<<Te la senti??>>Incalzai
provocante….
<<Io sono il tuo capitano…e ti
farò vedere come si cammina..>>Rispose Carmelo con una punta d’orgoglio.
Il suo consenso alla lunga
camminata mi cambiò la giornata in positivo…Mi sentivo galvanizzato all’idea di
dover scalare montagne e esplorare di nuovo insieme a lui.
Preparammo lo zaino caricandolo
con molta acqua.
Io nel mio misi anche una
tovaglia e una maglietta di ricambio…a seguire le istruzioni della mappa ci
aspettavano circa 12 km di cammino e non volevo farmi trovare impreparato.
Scesi le scale e Carmelo mi
aspettava sul quad già acceso,si spostò indietro sul sedile e mi diede il
comando del nostro mezzo.
Il rumore di quel motore per me
non era un semplice rumore meccanico..era il rombo della libertà,era il senso di
un’attesa che trovava libero sfogo con una accelerazione improvvisa e
volutamente sostenuta…Il freddo mi impensieriva un po’,non potevo credere che
quell’aria fredda e quel cielo scuro e grigio potevano far parte del panorama
ellenico estivo eppure ci trovavamo in una condizione di freddo puro e i mugugni
di Carmelo seduto alle mie spalle confermavano i miei pensieri,ma come soltanto
un buon capitano sa fare riusciva a smorzare la tensione e la tristezza con le
sue battute e il suono della sua risata e questo faceva apparire tutto come un
semplice gioco.
Ci fermammo un angolo di questo
lungo serpentone stradale e valutammo la nostra posizione sulla mappa.Imboccammo
una mulattiera davvero malmessa,diedi un po di gas al quad e salimmo con qualche
scossone su una ripida salita fatta di pietre e fango e da lontano vedemmo
subito il segnale dell’inizio del sentiero che ci avrebbe condotto verso il
monastero di Chozoviotisa.
Ammetto con sincerità che ho
qualche dubbio riguardo al nome della località dove lasciammo il quad, sotto un
monte parecchio alto: credo di trattasse di Agi Pantes, ma qui(non avendo una
segnaletica adatta)lascio il beneficio del dubbio.
Parcheggiamo il Quad su uno
spiazzo naturale e mentre sistemavamo le ultime cose nello zaino vidi comparire
sul sentiero una donna vestita da escursione che si fermò e ci salutò.
Si presentò con il nome di Marie
e il suo sguardo incrociava il nostro come se scrutasse i nostri cuori…magari
voleva solo sentirsi al sicuro.
Chiesi se poteva scattare una
foto a me e Carmelo e gentilmente lo fece. Con lo zaino in spalla ci avviammo
insieme a Marie, quasi confortata dalla nostra presenza e iniziammo a parlare in
inglese.
Marie era stata ad Amorgos oltre otto volte nella sua vita e ritornava sempre con piacere…diceva che ne apprezzava l’originalità e il senso di abbandono…camminatrice ad oltranza diceva che non riusciva a passare le sue settimane libere in altri luoghi della Grecia se non in Amorgos.
I passi iniziarono a farsi
lunghi e Carmelo iniziò a prendere terreno distanziandomi di un centinaio di
metri…Marie era arrivata insieme a me rimandendo un po’ dietro e fermatosi ad
una sorta di incrocio mi disse che voleva scendere nonostante non esistevano
segnaletiche di nessun tipo.Ci salutammo augurandoci tutto il bene di questo
mondo e iniziai ad affrettare il passo seguendo da lontano il mio compagno..
Il sentiero che porta a
Chozoviotisa era semplicemente devastante per la sua bellezza;alla nostra destra
avevamo queste pareti di roccia grigia e bianca che si innalzavano al cielo come
pennacchi appenninici e alla nostra sinistra avevamo il blu intenso del
mediterraneo più selvaggio e girando lo sguardo indietro potevamo percepire la
classica forma allungata di quest’isola che le conferisce un’epicità d’altri
tempi…era come staccare una serie di piccole montagne e vedersele piantare nel
mezzo del mare…il tutto a forma allungata.
Le scarpe da trekking si
sporcavano di polvere e terra bianca ad ogni passo e camminando mi sentivo
distaccare dalle mie zavorre mentali…ad ogni passo sentivo leggerezza e più
camminavo più volevo camminare..osservavo Carmelo che avanzava e iniziava ad
appostarsi su cime elevate per scattare foto che già immaginavo sarebbero state
magnifiche.
Un mucchio di pietre che tempo
fa dovevano essere un rifugio di pastori antichi fu un naturale punto di
incontro tra me e Carmelo.Ci sedemmo per una breve pausa e fummo in silenzio ad
ascoltare il vento e sentirne il vuoto rumore tra le rocce…Quel silenziò faceva
sorprendentemente “Rumore”…Passai avanti e feci da apri pista questa
volta...passo dopo passo…falcata dopo falcata…salimmo e scendemmo…era un
peregrinaggio che sentivo particolarmente dopo un anno duro e stressante e
volevo viverlo appieno..gocce di sudore mi colavano giù per la fronte e i
polpacci iniziavano a diventare pieni di graffi e rossi per aver urtato pietre
e rovi…e questo in qualche modo non faceva altro che farmi sentire vivo e più
vicino alla natura,al creato e a tutto ciò che in una vita cittadina mi viene
proibito.
Costeggiammo i picchi di
“Kasteles” seguendo il sentiero segnato da blocchi di pietre e macchie di
vernice rossa fino a quando all’orizzonte intravedemmo una macchia bianca
nascosta tra le rocce color arancio scuro.
Carmelo si fermò e indicò con il
dito:
<<Eccolo..è un’immagine
bellissima…stai fermo lì che ti faccio una foto che ti costerà almeno cento
euro.>>
Ho sempre amato le sue foto
perché riescono a racchiudere lo spirito del viaggio…non c’è nulla di
programmato o che segua una regola…Carmelo ha sempre avuto un occhio per l’arte
e la fotografia riesce a farglielo esprimere al meglio.
Continuammo il nostro cammino
fino a quando ci trovammo davanti questo palazzo arroccato tra le rocce.
“Panagia Chozoviotissa” è un
monastero bizantino di antiche origini…gli abitanti di Amorgos dicono che che il
sito era prima un centro di devozione pagana risalente al nono secolo prima di
Cristo. Nascosto tra i monti è il perfetto ritiro lontano dal mondo civilizzato
per i monaci ortodossi.
La mia impressione è stata
quella di vedere un nido di rapace.
La bandiera dell’ortodossia
gialla con l’aquila bicipite e la bandiera greca davano quasi un impressione di
avamposto politico-religioso ai confini dell’Egeo.
Dopo aver scattato qualche foto
ci avviamo verso l’ingresso: le scale ripidissime conducevano all’ingresso alto
ed angusto e fummo subito fermati dal custode che ci invitò a indossare i
pantaloni lunghissima (forniti da loro) per coprire le gambe.In religioso
silenzio calammo la testa accettammo il comando.
Ci guardammo e ridemmo di gusto
perché i pantaloni ci davano un’aria goffa e grossolana e iniziammo a salire gli
scaloni alti e ripidi,entrammo nella stanza dei riti e osservammo le classiche
icone ortodosse…il Cristo pantacreatore e quelle immagini che hanno uno stampo
di antico e minaccioso al tempo stesso..
Fui soprattutto colpito da una
finestra che si affacciava a strapiombo sul mare dove i monaci avevano lasciato
delle agende e qualche bibbia…scattai una foto e pregai Carmelo di uscire sul
terrazzo del monastero per fare un autoscatto insieme.
Scendemmo e restituimmo i
pantaloni alla zuava al custode e bevemmo due sorsi d’acqua prima di accingerci
alla partenza.
<<Allora…dobbiamo ritornare per
andare a prendere il Quad…ritorniamo dalla stessa via dunque.>>
<<Oh Beppuccio…Beppuccio….ma che
viaggiatore sei?...dovresti sapere che non si torna mai indietro e che dovremmo
andare “avanti” anziché tornare sempre per le stesse vie..>>
Guardai Carmelo e restai
attonito…andare avanti significava allungare il percorso di non so quanti
kilometri ed eravamo già dopo ora di pranzo.
<<E quindi cosa vuoi
fare?>>Risposi ancora scioccato.
<<Te l’ho detto….INDIETRO non si
torna…Io vado solo avanti…Noi andremo AVANTI..>>
All’improvviso il mio viaggio ad
Amorgos si colorii…tutto divenne più chiaro e cristallino…la mente si abbandonò
agli eventi del momento e l’incognito si aprì davanti a noi proprio come nei
racconti che ho sempre amato leggere.
Avevo afferrato il significato
del nostro Cammino…l’abbandono.
Ci rendemmo conto che eravamo a
circa un’ora di cammino dalla Chora e iniziammo il nostro cammino salendo il
monte che tagliava amorgos da Est ad Ovest..Fu una salita dura e lunga,tornante
dopo tornante…notammo come il vento si faceva ancora più forte e fastidiosamente
freddo e non so perché iniziammo a parlare di vecchi disagi fisici e varie
peripizie di salute che ci avevano accompagnato…sarà stata forse la fatica o la
voglia di ammazzare il tempo che sentivo Carmelo parlare di dolori alla schiena
che lo bloccavano a tal punto da non poter stare più seduto e che solo un ottimo
fisioterapista di Ragusa lo aveva aiutato in quella disgrazia…parlai del mio
fastidio al collo e alla mascella e di come il dentista mi aveva prescritto il
“Bite” da tenere la notte…uno…due…uno…due…uno…due…I passi avanzavano lenti e la
collina successiva sembrava nascondere una immaginaria pianura che poi non si
rivelava altro che l’ennesimo tornante…
<<Ma quanto minchia dura questa
salita????>>Chiesi scoraggiato…
<<Tu sei quello avventuroso…a te
piacciono tutte queste cose..>>Rispose Carmelo con la bocca secca.
<<Indietro non si torna…lo hai
detto tu….>>
Finalmente raggiungemmo quello
che poi si rivelò il lato est della Chora e sulla nostra sinistra intravedemmo i
mulini in disuso…grida di gioia e parole irripetibili accompagnarono ciò che
rappresentava l’arrivo…
Entrammo a chora per una
stradina privata che ci portò al fianco della caserma di Polizia…finalmente le
classiche case cicladiche potevano fungere da riparo e come un pazzo iniziai a
cercare una taverna…avevamo assoluto bisogno di bere,mangiare e lavarci di
corsa…eravamo una maschera di sudore,bagnati fradici e completamente
sporchi…erano solo le tre del pomeriggio.
Carmelo individuò una sorta di
baretto mezzo abbandonato,prendemmo posizione su uno dei tavoli all’ingresso e
chiedemmo subito:
<< due Milos grandi
ghiacciate,due insalate greche,pane e il bagno grazie…>>
L’oste era la classica
“Yaya”(nonna)greca…capì la situazione e ci fece accomodare indicandoci il
bagno…lavati e cambiati ci sedemmo e gustammo il nostro alcool guadagnato a suon
di salite e le nostre insalate greche.
La feta sapeva di selvaggio,il
pomodoro succoso era stato sicuramente raccolto la mattina e l’odore d’origano
inondava la sala vuota occupata solo da noi.
Eravamo stanchi e decidemmo di
esplorare Chora un altro giorno.
Rimaneva solo un grande
dilemma…come recuperare il Quad lasciato a circa diciotto chilometri dalla
nostra posizione…andammo in una sorta di merceria e chiedemmo informazioni
riguardo un autobus che poteva portarci da Chora ad Aegeali.
<<Kalispera…bus per Ageali ???>>
<<No bus today..today is
Sunday…sorry…>>…La vecchia signora all’ingresso ci disse che essendo domenica
l’autobus non effettuava corse pomeridiane…
Guardai Carmelo abbastanza
scioccato…
<<E adesso???>>….
<<E adesso ci rimane solo
un’opzione…anzi due…si torna a piedi o si fa l’autostop.>>
Mi sedetti e sentii tutto il
peso di quel trekking giornaliero d’improvviso….
<<Per me va bene…iniziamo a
camminare verso Aegeali seguando la strada principale e poi vediamo che
succede>>.
Iniziò il nostro esodo lasciando
Chora alle nostre spalle e notammo come ancora la giornata era piena di nuvole e
oscura per essere a fine giugno…Un’auto passò…e istintamente alzai il braccio…La
famiglia greca all’interno ci guardò sconvolta e passò avanti….Mi sentii
imbarazzato e sentivo le risate divertite di Carmelo..
<<A piedi si torna
oggi…cammina!!!cammina!!!>>-Continuava ridendo…
Avevo solo silenzio come
risposta e quasi non mi dispiaceva più quella lunga camminata con il solo
problema che adesso avvertivo freddo e fame.
Lasciando Chora e seguendo la
strada principale si va solo in salita in direzione Aegeali e mentre eravamo in
salita su una curva vidi una piccola macchina di color rosso…
<<Io ci provo ancora !!!>>Gridai
a Carmelo che mi procedeva di una ventina di metri.
Alzai il braccio e feci il
tipico segno con il pollice alzato e come nei migliori film d’avventura che si
rispettino dentro questa macchina rossa c’erano due biondine di bellezza nordica
che si fermarono senza troppo preamboli.
Sentivo le risate di Carmelo che
stavolta sembrava stupito…
<<Tombola!!!>>Gridò…
<<Dico tutto a tua moglie
adesso….>>Continuò….
La ragazza seduta sul sedile
passeggero abbassò il finestrino e con accento francese chiese:
<<Hi…do you need a
lift?Where are you going?(Ciao…vi serve un passaggio?Dove andate?)>>Disse
sorridendo.
<<Aegeali…but in
reality we need to stop a bit before because we need to get our Motobike>>
<<Please jump in…>>Disse quasi
divertita…
Saltammo in macchina in una
risata generale…e la discussione continuò e chiesi di dove erano.
<<Francia..veniamo da Parigi e
abbiamo appena finito l’università..stiamo facendo un giro delle isole cicladi
da due settimane..e voi? padre e figlio?>>
Tradussi per Carmelo e scoppiò
in una sonora risata…
<<Figlio mio?????Non sia
mai!!!!!>>Rispose.
Tradussi e le ragazze risero
guardandoci come se volessero chiederci qualcos’altro.
<<Siete gay?>>….Disse la ragazza
che guidava.
Immaginavo che la domanda
sarebbe arrivata prima e poi e Carmelo stavolta non volle alcuna traduzione…
<<NO !!! NO!!! E’ solo una
condanna per me….>>Disse ridendo!!!
Ridemmo e giocammo sui nostri
accenti…chiesero di dove eravamo e da quanto tempo ci trovavamo in Grecia.
Nel frattempo la strada si
faceva piena di nebbia e io e il mio compagno ci guardammo con espressione
sorpresa.
<<Immagina la facevamo a
piedi….>>Affermai…
<<Abbiamo fatto colpo grazie al
cielo…Dio benedica le francesi…>>.
Iniziò la discesa in direzione
Aegeali e vedendo l’isolotto di Chaiara sulla nostra sinistra calcolammo che
l’ingresso della mulattiera non doveva essere adesso troppo lontano.
Le ragazze continuarono…
<<Dunque stasera che
fate?>>Chiese la biondina seduta davanti a me..
<<Carmelo..qui la situazione si
sta facendo pericolosa>>…Guardai lui con un sorriso d’intesa.
<<Dico tutto a tua
moglie!!>>Rispose ridendo come un matto.
In realtà eravamo stanchi morti
e volevamo solo riposare e evitare situazioni imbarazzanti.
<<Siamo molto stanchi..stasera
credo rimarremo a casa>>Risposi con gentilezza.
<<Ok va bene…noi saremo a
Aegeali e se volete venire ci trovate la.>>.
La mulattiera sbucò d’improvviso
e dopo circa quindici minuti di macchina eravamo tornati dal punto di partenza
finalmente.
Purtroppo non ricordo i nomi di
queste due splendide ragazze francesi…ringraziammo con un abbraccio le nostre
salvatrici e le salutammo con un sorriso mentre a piedi ci avviavamo verso il
Quad.
Ridemmo come non mai con
Carmelo,accesi il Quad e ci avviamo verso casa…eravamo stanchi ma
felici…distrutti ma eternamente leggeri…l’aria fredda ci accompagnò per il
viaggio di ritorno.
Parola alle nuvole |
Aegeali
Ci svegliammo con il buio e il
costante vortice ventoso…io e Carmelo eravamo in silenzio e camminavamo per casa
un po’ azzoppati.
<<Ho fame…>>Attaccai bottone…
<<Magari scendiamo in paese a
mangiare un boccone?>>..
Carmelo accennava solo con la
testa…
<<Maria…Maria…Maria….il
ginocchio…>>Disse tutto dolorante…
Fecemmo una doccia
veloce…mettemmo tutto quello di più pesante avevamo addosso e scendemmo…
Era freddissimo…decisi di
risalire e prendere il mio asciugamano che usai come sciarpa per coprirmi da
questa inaspettata fredda serata dell’egeo..
Aegeali è un piccolo Villaggio
di pescatori situato nella parte nord di Amorgos nonché uno dei due porti
dell’isola dove approdano navi cariche di turisti e merci..Nonostante il freddo
il piccolo villaggio aveva turisti seduti fuori nei locali che si affacciano
sul porto.
Il nostro viaggiatore |
Parcheggiamo il Quad e la prima
cosa che attuai fu quella di cercare un posto dove comprare un maglione pesante
e siccome Amorgos è un’isola che strizza l’occhio al viaggiatore montano trovai
un negozietto che vendeva maglie e maglioni…Comprai una felpa che mi tornò molto
utile per i giorni a venire.
Scegliemmo una taverna che dava
sulle scalinate all’aperto e ordinammo parecchio cibo…dovevamo recuperare
energia dopo una giornata intensa e ordinai Verdure ripiene stufate. Carmelo
prese Agnello cotto al forno con patate al quale poi rubai più di qualche pezzo
rischiando di essere “Afforchettato” dal capitano.
Eravamo stanchi per gironzolare
e dopo la nostra cena ripiegammo a casa…
Nessuna stella quella notte
sopra di noi….ma solo tante nuvole e vento forte.
Il sud di
Amorgos
Eravamo già svegli di mattina
presto e ansiosi di vedere il meteo della giornata,caffè in mano uscimmo in
terrazza..il vento era costantemente forte e fresco ma almeno in cielo c’era il
sole alto e splendente…Fu così che mappa in mano valutammo ancora le
opzioni…L’intesa fu immediata,dovevamo andare a sud dell’isola e scoprirla con
il nostro mezzo.
Seguimmo tutta la strada
arrivando a Chora e da li scendemmo sulla nostra sinistra direzione Kamari…La
strada che andava verso giù in realtà saliva di parecchio in collina per poi
diventare un’infinita discesa di curve in collina…I nostri sguardi erano
continuamente persi nel blu particolare di questo mare, tanto è che a volte
dovevamo stare attento a non cambiare corsia mentre guidavo il mio mezzo….si
continuava scendere ammirando piccoli villaggi fatti delle tipiche case bianche
e azzurre notando ovviamente che il più delle volte i nomi segnati nella mappa
non erano veri e propri paesini ma soltanto un agglomerato di case senza un vero
centro.
Scendendo ancora mentre ero
tutto assorto dalla guida Carmelo gridò di fermarsi.
<<Guarda laggiù…>>Mi disse
indicando con il braccio.
<<Ma che diamine…>>…Cercai di
capire…
<<Queste sono foto da
libro…>>Disse sorridendo..
Un relitto di una nave di chissà
quanti anni prima si notava dalla nostra posizione…Notammo che non esisteva un
vero e proprio ingresso che poteva portarci alla barca cosi decisi di entrare
nello sterrato fino a quando la collina diventò impercorribile.
Spensi il motore e ci avviammo a
piedi…Controllai la mappa e ci trovavamo nel golfo di Paradisia…Non sapevo
nemmeno che l’isola di Amorgos nascondesse un tale segreto cosi accesi il mio
telefono e controllai su internet..Si trattava della nave Olimpya che nel 1979
venendo da Cipro affondò proprio davanti le coste di Amorgos.
Salimmo a piedi le colline
laterali,scattammo qualche foto e ritornammo al nostro mezzo per proseguire
verso sud e dopo circa dieci minuti di guida davanti a noi si aprì una baia dal
classico splendore cicladico,riempita di acqua di un azzurro brillante e sabbia
bianca..Eravamo arrivati alla spiaggia di Kalotaritisa.
Il Relitto |
Pochissimi turisti e un
chioschetto di legno con una nonna e la nipote erano il perno principale del
luogo…Carmelo disse che aveva sonno e che avrebbe trovato un posto per dormire
sotto qualche albero..io invece sonno non ne avevo e faceva troppo freddo per
tuffarsi in acqua quindi decisi di camminare attorno alla baia fino a quando non
trovai un capanno dove i pescatori salgono le loro barche d’inverno o in caso
di cattivo tempo.Entrai dentro ed era un posto perfetto per riposare e leggere i
miei libri.Mi sedetti all’ingresso e in realtà non lessi nemmeno una pagina
perché ero stato completamente catturato dalla bellezza del luogo.Piccole
colline di sabbia e pietra bianca scendevano e salivano davanti a me,il cielo
era di un azzurro terso e le cicale facevano baldoria come al solito…Il rumore
dell’acqua sulla battigia aveva un effetto calmante e i suoni della grande città
erano lontani ormai da un pezzo..Mi ero connesso con il luogo ed ebbi sonno…così
poggiai la mia asciugamano a terra e mi addormentai.
Non so quanto tempo passò fino a
quando:
<<Eccolo!!!...Io dormo sotto gli
alberi e tu trovi i rifugi…Egoista!>>
Carmelo sbucò fuori dal nulla e
si sedette vicino a me…Non risposi ero troppo intontito dalla pennichella…mi
sedetti e con acqua di mare mi sciacquai la faccia.
Scattai qualche foto e rimisi
tutto nello zaino…Carmelo fece cenno di andare e senza obiezioni lo
seguiì…Volevamo andare in direzione Chora per trascorrere il pomeriggio laggiù.
Eravamo in moto da circa 5
minuti e ci trovammo a passare un agglomerato di villaggi fino a quando un
signore anziano ci salutò dal balcone e ci fece cenno di fermarci…Passai avanti…
<<Lo hai notato anche
tu?>>Chiesi a Carmelo.
<<Si…Gira e torniamo
indietro>>Rispose.
Arrivammo sotto il terrazzo
rialzato di questo posto che sicuramente parecchio tempo prima doveva essere una
taverna,l’insegna del luogo scritta in greco infatti era poggiata sul muro.
Il signore anziano doveva essere
molto grande, era zoppo con dei jeans addosso di una grandezza spropositata,
legati alla vita da un laccio di plastica,i sandali malridotti dovevano essere
vecchi come il mondo, nonostante ilcaldo questo signore indossava un piccolo
cappotto e le stampelle lo aiutavano a camminare…il suo volto centenario
raccontava non una ma più vite…i suoi occhi erano tristi e malinconici e
guardandoci come salvatori ci parlava in greco e ci chiedeva di sederci su quei
tavoli del suo terrazzo..Così ancora sconvolti dall’incontro lo ascoltammo…Un
cucciolo di cane ci venne incontrò e iniziò a leccare Carmelo in cerca di
coccole…Rimasi in silenzio davanti a questa scoperta non sapendo come
comportarmi.
<<Facciamogli compagnia…>>Disse
Carmelo.
Accennai con il volto e
continuai a guardare il signore anziano fino quando dalla porta esterna di
questa taverna si materializzò una bambina che poteva avere circa nove o undici
anni,venne davanti a noi,fece un’inchino principesco e ci sorrise.
La guardai con curiosità e
sorrisi.
Poi scappò di nuovo dentro come
se avesse i fulmini a piedi e tornò dopo appena un minuto con una signora
anziana che sembrava appena essersi svegliata dal sonno pomeridiano.
<<Kalispera…>>Accennò con un
sorriso di benvenuto
Solo allora capì che ci
trovavamo in una sorta di taverna ormai abbandonata ai più.
<<Chiediamo un caffè?>>Chiesi a
Carmelo.
Accennò di si…
<<Due nescafè frappè…no
zucchero…grazie>>Chiesi in inglese.
La signora capì perfettamente e
rispose con un buon inglese…e la vidi scomparire di nuovo.
Il signore anziano di prima era
seduto davanti a noi e mugugnava qualcosa in greco che non ho mai capito.
Poi Carmelo guardando quell’uomo
anziano disse qualcosa che mi rimase impressa per sempre.
<<Guardalo…sta aspettando solo
di morire…io non ci riuscirei mai.>>
L’anziano chiuse gli occhi e
credo si addormentò per un po.
La signora riuscì all’improvviso
e con se non aveva due caffè ma un piatto pieno di pomodori,polpette e un
formaggio che a me sembrò ricotta.
Indicò il formaggio e disse:
<<Mie pecore…mattina…oggi…>>
Ci stava offrendo mangiare anche
se noi non avevamo chiesto nulla…
Mi commossi.
Accettammo e mangiammo tutto
quello che ci era stato offerto e poi portò i caffè sul tavolo..
<<Da dove venite?>>Chiese la
signora.
<<Aegeali>>Risposi…
La signora guardò la nipotina e
disse qualcosa in greco e poi guardando me disse…
<<Aegeali…così lontano….>>Come
se Aegeali fosse il posto più lontano del mondo per lei…eppure è nella stessa
isola.
<<Sposato?>>Mi chiese.
<<Si>>.
<<Dove è moglie ?>>Rincalzò.
<<Australia…io vivo in
Australia.>>
Mi guardò come se venissi dalla
luna.
<<Ma sono italiano…tu conosci
sicilia?>>.
<<No..non conosco…>>Rispose con
occhi curiosi.
<<Sicilia…Grecia…Una faccia una
razza…>>
Muoveva il collo come se non
sapesse di cosa stessi parlando..Presi il telefono e feci vedere dove si trovava
la Sicilia..e indicando sulla mappa dissi.
Sorrise e mi abbracciò.
Non nascondo che quello fu uno
dei momenti più belli per me dell’intero viaggio,vero e senza barriere mi sentì
come a casa.
Pagammo e salutammo con
malincuore e mi sentii come se stessi abbandonando degli amici appena trovati..e
fui triste e malinconico per tutto il giorno.
Carmelo invece sembrava non aver
accusato il colpo e guidò fino alla Chora di Amorgos con assoluta serenità..Ci
fermammo in una delle viuzze sotto i mulini e iniziammo il nostro giro.
Le case di Chora sono
particolari,bianchissime, come ci si aspetta da tutte le costruzioni cicladiche
e con vie strette e piene di sorprese,fiori di tutti i colori e piante di
basilico ovunque danno un tocco di colore in un mare di bianco….Ma i veri
signori dominanti della Chora di Amorgos sono appunto i mulini che in parecchio
tempo fa servivano alla coltivazione dei pochi campi dell’isola.Una fila quasi
unica di torri, che purtroppo appartengono ad un tempo che non c’è più.
Il vento di quel pomeriggio
riusciva a spostarci interamente dal terreno e dopo aver esplorato vicoli e
mulini decidemmo di chiudere la giornata in un ristorante ad Aegeali, dove
rifocillammo gli stomaci.
Ci sedemmo sulle rocce del porto
e ammirammo il sole cadere ancora una volta…e nel mio cuore abbracciai di nuovo
la famiglia incontrata la mattina,rividi gli occhi di quel povero signore
anziano che cercava solo un po’ di compagnia,l’inchino principesco della bambina
e l’ospitalità della signora.
Era stata una giornata
memorabile.
Dopo esserci svegliati e preso
il nostro caffè solubile aprimmo la mappa:restava un’altra importante parte di
isola da esplorare,il nord di Amorgos. Scendemmo verso Aegeali per la nostra
colazione,ci sedemmo in un locale che dava sul porto e mangiammo crepes e yogurt
greco con miele.
La mappa ci presentava diverse
prospettive di trekking e, visto che ci sentivamo in forma ,valutammo che
potevamo fare benissimo due percorsi chiamati Percorso 4 e Percorso 5 che
partendo dalla località di Lagada arrivava in cima, fermandosi in due monasteri
principali e poi, seguendo il percorso 4, saremmo arrivati in località Tholaria.
Salimmo con il nostro quad e
dopo circa 20 minuti arrivammo a Legada. Carmelo ,ogni volta che vedeva un
segnale stradale con la scritta' Lagada”e “Tholaria, iniziava a dare di matto
chiamando le rispettive località con il nome “LEFKADA”(si proprio come l’isola
greca ionica) e TOLIAR…(una cittadina del Madagascar).
<<Ma perché le chiami così ?
>>Chiesi incuriosito…
<<Perché a Lefkada feci una
delle vacanze più belle della mia vita…e perché sono stato in Madagascar
moltissime volte e ne sono innamorato…il suono del nome di queste località mi
ricordano loro…>>
Lagada è la sorella di
Aegeali,il villaggio però si trova a circa cinque kilometri in collina in linea
d’aria.Casette bianche e fiori ovunque con una piccola piazzetta che monopolizza
tutte le taverne sembra un altro piccolo rifugio “montano” di quest’isola.
Parcheggiamo il mezzo su un
grande spiazzo proprio sulla strada principale e fermandoci in una botteguccia,
comprammo provviste e acqua per una giornata sui monti.Il percorso secondo la
mappa doveva durare circa tre ore e doveva essere lungo solo sette kilometri…una
passeggiata insomma rispetto a quello del monastero di Chozoviotisa.
Ma a volte le cose non vanno
come previsto….
Indietro non si
torna
Zaini in spalla iniziammo la
nostra camminata verso il primo obiettivo della mattina che era Agia Varvara,una
piccola cappella dispersa tra i monti dedicata a Santa Barbara.
La prima parte parte del
percorso era ben segnata dai segnali guida tipici dei sentieri di montagna e
così iniziammo l’assalto al grande monte davanti a noi senza particolari
problemi.
Il nostro sentiero iniziava a
salire e noi iniziavamo a sudare il sole era alto e le temperature cominciavano
a scaldare l’aria in modo dignitoso.
Un gruppo di circa quindici
camminatori con relative aste nordiche ci venivano incontro scendendo giù dal
sentiero che seguivamo in salita. Più che un sentiero era un canalone stretto e
avvallato che saliva verso la nostra prima fermata cioè la piccola cappella di
Santa Barbara…Queste piccole cappelle sperdute un po’ ovunque tra i monti greci
sono di solito edificati dai fedeli riconoscenti per una grazia ricevuta da
un particolare Santo. Costituiscono anche un rifugio oltre che un luogo di
preghiera.
Ci fermammo un attimo ed entrai
dentro il piccolo piazzale della cappella…provai ad aprire la porta ma era
chiusa e Carmelo con lo sguardo mi fece cenno di camminare verso l’alto per
raggiungere AGIOS IOANIS(Chiesa di San Giovanni Teologo).Impiegammo circa 20
minuti di cammino svelto…il mio compagno sembrava avere i fulmini ai piedi e
avanzava di parecchio.
Agios Ioannis appare
così..all’improvviso.
Poggiata sul perno di una
collina questa chiesa ha un fascino ancora più particolare rispetto al ben più
famoso monastero di Chozoviotisa.La chiesa è come un ammasso di torri in stile
cicladico con un panorama a trecentosessanta gradi sulla parte nord dell’isola.
Il cancello era chiuso e vidi
Carmelo che si isolò per il suo rito di fotografie fatte però dall’esterno…io
invece con grande curiosità e voglia di entrare dentro misi la mano all’interno
del cancello e notai che non c’era alcun catenaccio a bloccare
l’entrata…Sollevai la leva di chiusura e il portone si aprì.
Mi sentivo un po’ in colpa ma la
voglia di vederla dentro era troppa ed entrai con passi furtivi all’interno
della recinzione e mi accorsi subito che la Chiesa era vuota nel senso che non
c’era nessun monaco o guardiano all’interno...Provai ad aprire porte ma tutte
erano chiuse…poi a fianco della cappella trovai dei grandi scaloni e mi
arrampicai per vedere se potevo arrivare al tetto.
Carmelo era fuori dal recinto e
guardava nella mia direzione…
<<Pagghiolu…>>Esclamò
sconsolato…(Bambino in siciliano).
<<Attento che se ti becca
qualcuno passi i guai…>>Rincarò la dose…
Così mi convinsi a scendere e
feci il giro dal lato opposto…Notai due turiste anziane che si erano sedute
sotto un tetto che sembrava il forno a pietra della chiesa…le macchie nere del
fumo erano ovunque e quindi pensai che l’ultima volta che il pane era stato
infornato non era poi stata troppo tempo addietro.
Riuscìi dal cancello che avevo
aperto e lo richiusi appositamente ma non vedevo più Carmelo che era risalito
sicuramente sulla collina adiacente la chiesa per scattare qualche foto..
Mi sdraiai sulle scalinate
davanti all’ingresso, misi lo zaino sotto la testa e provai a chiudere gli occhi
ma gli insetti e le mosche non mi davano pace così mi misi seduto e presi una
banana e la mangiai sconsolato quasi arrabbiato perché non potevo riposare.
Alla mia sinistra potevo vedere
il mare e il cielo e sentire il vento che vorticava tra le pareti delle rocce mi
dava un sensazione di selvaggio ed insieme di serenità …il classico ronzio degli
insetti,il dondolio della campana di una capra,il fruscio dell’erba mossa dal
vento,le nuvole che correvano veloci in cielo, le voci di pastori lontani…mi
trovavo immerso in una realtà ancestrale che mi dava riposo.
Carmelo sbucò all’improvviso e
mi scalciò con un piede dal mio sogno ad occhi aperti.
<<Sono andato lassù da quella
parte a vedere dove continua il sentiero…>>.
<<Ah e dove si trova…>>Risposi.
<<Non l’ho trovato…>>.
<<Impossibile…il sentiero è
segnato qui nella mappa e continua dietro questa montagna in direzione
Tholara>>.
<<Ti dico che non c’è….>>Disse
Carmelo pensoso…
Mi alzai,rimisi acqua nello
zaino e mi andai su per la collina con la mappa in mano…cercai segni di
sentiero,macchie rosse o pietre che potevano richiamare un qualche punto
d’incontro.
Nulla.
Di nuovo davanti ad una scelta.
<<Immagino che tu indietro non
vuoi tornare Capitano…>>Dissi ridendo a Carmelo.
<<Assolutamente no…INDIETRO NON
SI TORNA MAI>>Disse aprendo le braccia e girandosi verso il mare.
<<Carmeluccio bello…secondo me
stavolta dovremmo, perché qui sentiero non c’è ne.>>
<<Io penso che se tagliamo
questi canali riusciamo a prenderlo nel mezzo, il sentiero>>Disse fiducioso.
<<Stavolta credo che dovremmo
tornare al vecchio sentiero e poi da li cercare l’ingresso di questo qui…>>Dissi
indicando sulla mappa il sentiero che portava a Tholara.
Non c’era verso di
convincerlo…divenne cocciuto e testardo all’improvviso .
<<Io indietro non torno…se vuoi
torna tu dal vecchio…ma io taglierò da questi monti.>>Rincarò la dose.
Guardai in alto verso il cielo e
mossi la testa sconsolato…alla fine che cosa è un viaggio se non ci abbandoniamo
completamente agli eventi?...
<<Eh va bene…troviamo questo
diavolo di sentiero>>…Risposi.
Questa parte nord di Amorgos ha
tre alte cime una delle quali era quella dove è stata costruita la chiesa di San
Giovanni e il sentiero che cercavamo doveva intersecarsi tra le prime due cime
per poi scendere in direzione Tholara.
Carmelo si convinse che
tagliando la prima cima il sentiero o almeno una parvenza di esso sarebbe dovuta
sbucare all’improvviso e così cominciammo la nostra discesa verso il fianco del
primo monte.
Rovi,pietre taglienti,alberi di
carrubo tormentati eternamente dal vento,olivastri e timo erano travolta
barriere impenetrabili,cosi cominciai a saltare tra rocce di canali abbandonati
e camminarci sopra in verticale…Carmelo stavolta mi seguiva.
Saltando da un canale all’altro
all’improvviso mi ritrovai sul tetto di un rifugio per pastori…sacchi di
plastica,legni e reti metalliche arrotolate erano l’ingresso.
Una capra mi osservò
attenta…come per dire che non ero il benvenuto in quel territorio.
<<Attento che ti incorna…>>Rise
Carmelo.
Belati…fortissimi belati…belati
di allarme e di ansia…belati di paura.
La capra scappò all’improvviso e
dietro di lei sbucarono da ogni dove caprette e caproni che cominciarono a
lanciare fortissimi belati nell’aria.
<<Se ci becca il pastore qui
sono cazzi acidi..>>Dissi a Carmelo…
<<Noi non lo
prenderemo….piuttosto seguiamo le capre..loro conoscono sempre i sentieri…>>.
<<Ma sei serio?>>Dissi sconvolto
<<beh tanto siccome indietro
non si torna…l’unica via possibile mi sa che la conoscono solo loro>>…
Carmelo partì spedito alla
rincorsa delle capre per le montagne di Amorgos…
Ero completamente frastornato
dalla situazione ma inspiegabilmente felice…corremmo o comunque affrettammo il
passo saltando tra rocce e alberi abbattuti dal vento…ma più correvamo più le
capre si facevano lontane e potevamo soltanto avvertirne lo scampanellare
lontano.Secondo i nostri calcoli il sentiero doveva essere già spuntato ma di
traccia non avevamo vista neanche un po’.
Continuammo il nostro cammino
seguendo una linea immaginaria direzione Tholara che ormai era nascosta dalle
cime montagnose e non si riusciva a vedere.Il sole era alto e il caldo adesso
iniziava a sentirsi.Il sudore iniziava a colare abbondante sulla fronte e la
maglietta era già bagnata..
<<Dopo quella collina
sicuramente troveremo il nostro sentiero…>>…
<<Ma quale collina
Carmelo??>>Risposi portandomi le mani sulla fronte.
<<Quella laggiù…>>Indicando con
il braccio qualcosa che sembrava lontano almeno due ore di cammino.
<<Minchia…>>Esclamai.
Carmelo rise di gusto…quasi
cantando questo suo tormentone…INDIETRO NON SI TORNA….
Ci mettemmo in fila indiana e a
testa bassa iniziammo a camminare con la più furiosa foga per conquistare la
collina di fronte…
Passo dopo passo e lamento dopo
lamento arrivammo in cima e quasi con allegria e un tono giocoso si era quasi
contenti e convinti di essere nella strada giusta.
Appena salita la cima però
un’amara sorpresa davanti a noi…Burroni sulla destra e un infinita distesa di
monti fitti di vegetazione mediterranea che rendevano impossibile il
passaggio…Da lontano si intravedeva Aegeali sul mare..in quelle condizioni ci
sarebbero volute almeno quattro ore di cammino davanti a noi…infortuni a
parte(pensai tra me e me).
<<Seguiamo le
capre…giusto?>>Guardai Carmelo con un sorriso da assassino.
<<Siamo rimasti qua…>>Disse
Carmelo.
<<Chiama un elicottero perché se
no ti ammazzo…>>.
Rideva…e rideva e rideva…
<<Potremmo chiedere un passaggio
a qualche pastore o rubare un asino se lo troviamo in questo
deserto…>>..Continuava ridendo…
Aprii la mappa per consultarla e
sicuramente avevamo passato il monte centrale detto Skopos…ed eravamo già sul
fianco dell’ultimo monte dell’isola chiamato Vouno.
Iniziammo la scalata di quello
che appunto credevo fosse il monte Vouno e una arrivati in cima, devastati e
tagliati, riuscimmo a vedere con chiarezza Tholara e Aegeali.
Su una cosa concordammo
subito…non si poteva andare più in direzione Tholara per due motivi.
1)Non avremmo trovato il
sentiero.
2)Iniziava già il pomeriggio e
non potevamo permetterci di rimanere bloccati in montagna per la notte.
Così iniziammo a seguire una
nostra linea immaginaria tra il nostro punto e Aegeali che si riusciva ad
intravedere…
Il nostro secondo esodo iniziò
così…Il cammino adesso era naturale,si passava da un terreno liscio e scorrevole
a pietre appuntite come punte di lance di una falange…poi quando ci si ritrovava
davanti a vegetazione impenetrabile si cercava di trovare una via alternativa.
Le capre ci guardavano come
allibite dalle vette più alte…come per dire…
<<Ma guarda questi poveri idioti
dispersi tra i nostri monti…>>…Si …credo fermamente che lo pensassero.
Scendemmo lungo un canalone
fatto di pietre che le capre che avevamo cercato di inseguire inutilmente
avevano attraversato,alla nostra destra avevamo il mare mentre a sinistra
colline brulle e panorami argonautici ci accompagnavano in questo cammino della
speranza.
Presi un bastone con cui mi
aiutai a scendere per non fare troppo peso sulle ginocchia…e mentre camminavamo
notai un piccola punta bianca..sembrava una cappella cicladica.
<<Ci siamo Comandante…>> Gridai
a Carmelo!
<<CIVILTA’!!!>>Rispose
entusiasta…
Ci avvicinammo con passo
affrettato…e più ci avvicinavamo più cominciavamo a ridere e mugugnare
disperati…perché di civiltà non c’era nemmeno l’ombra.
era una cappellina piccola
costruita chissà quanti anni prima, circondata da vegetazione altissima…Presi la
mappa dalla tasca laterale del mio zaino e diedi un’occhiata.
Con stupore scoprii che eravamo
sul sentiero numero 5 anche se non c’era nemmeno una traccia di sentiero…questa
piccola cappella si chiamava “Agia Zoni”…Carmelo andò avanti e cominciò ad
essere convinto finalmente di aver trovato il suo “sentiero”…
Risi come un matto e lo presi in
giro visto che per trovare questo “sentiero”avevamo percorso circa cinque
kilometri netti.
Attraversammo così il sentiero
camminando a passo veloce…erano già le 4 del pomeriggio e volevamo tornare a
casa perché la sera, su suggerimento di Theodoros il nostro oste, avevamo un
invito a vedere i balli locali di Amorgos a Katapola…e i balli iniziavano dentro
il famigerato Espress Skopellitis che ci avrebbe poi accompagnato in navigazione
da Aegeali.
Salimmo per un sentiero,
completamente coperto da piante di gelsomino che formavano una galleria di ombra
lunghissima odorosa del classico profumo pungente e rilassante della
pianta…Girammo a sinistra costeggiando una salita e dopo circa venti minuti la
visione di un immenso bianco cicladico..Eravamo arrivati a Panagia Epanochoriani
un monastero che si espandeva in larghezza a circa mezz’ora di cammino da
Lagada,finalmente eravamo sul sentiero giusto.
Ci mettemmo su una panca sotto
l’ombra di una pianta di Ulivo e ci riposammo…neanche dopo qualche minuto un
tizio che aveva tutta l’aria di un muratore si avvicinò in groppa ad un
asino…salutammo con il solito Kalispera ma lui abbassò lo sguardo e ci salutò
solo con il movimento della testa.
Il volto accigliato dei greci
che hanno un’età superiore ai cinquanta è come una mappa.I loro occhi hanno
sempre una malinconia velata,i loro capelli neri macchiati da qualche ciuffo di
bianco sono quasi stanchi dal troppo sole,la pelle è bruciata e arsa dal sale
dell’egeo e la loro compostezza nei movimenti del corpo mi ricordano i miei
conterranei siciliani che hanno un portamento umile ed insieme orgoglioso.
E questo muratore in groppa
all’asino aveva tutte queste caratteristiche…per distrarmi guardai il mio
contapassi al polso…avevamo percorso oltre diciannove kilometri,più di
trentamila passi e duemila calorie bruciate..
<<Minchia!>>Esclamai a voce
alta.
<<Chi fù…>>Rispose Carmelo.
<<Vuoi sapere quanto abbiamo
camminato oggi per questo tuo “INDIETRO NON SI TORNA”?>>.
<<Dimmi…Dimmi…>>…
Risposi e Carmelo si lasciò
andare in una grassa e sonora risata…
<<E ancora dobbiamo arrivare ad
Lagada…..>>
Ci incamminammo dando soltanto
un’occhiata veloce al monastero e dopo qualche foto presa di corsa riprendemmo
la marcia verso Lagada…Eravamo quasi arrivati…
<<Mithos fredda,insalata
veloce,doccia e dritti allo skopellitis!>>Incalzò Carmelo.
E così facemmo…arrivati a Lagada
ci fermammo in una taverna e ordinammo un’insalata Amorgiana e due birre fredde
e gelate come premio per aver completamente assaltato tutti i monti di Amorgos
del nord.
Gustarsi la birra
fresca,assaggiare il formaggio amorgiano con il suo particolare sapore
intenso,un cane che abbaia lontano e il continuo suono delle cicale…chiusi gli
occhi,distesi le gambe sull’altra sedia e godetti del mio riposo.
Subito dopo salimmo sul nostro
destriero a quattro ruote e facemmo rotta verso casa che che ci aspettava per
una doccia veloce..avevamo solo un’ora di tempo per prendere l’express
Skopellitis che arrivava alle sette al porto di Aegeali.
Accelerando passammo di nuovo
dai segnali stradali all’incrocio che divideva la strada fra Legada e Aegeali e
Carmelo vedendo il segnale di THOLARA esclamò nuovamente:
<<Ohhhhh la mia TOLIAR…La mia
Bellissima TOLIAR…Non mi ci hai voluto portare…..>>
<<COME SEI BELLA STASERA
MARIU’…..SPLENDE UN SORRISO DI STELLA NEGLI OCCHI TUOI BLU….OGGI TI SONO VICINO
perché SOSPIRAR NON PENSAR….PARLAMI D’AMORE MARIU’…TUTTA LA MIA VITA SEI TU….GLI
OCCHI TUOI BELLI BRILLANO….>>
Iniziai a cantare la bellissima
canzone italiana e Carmelo mi veniva dietro in tono….
Arrivammo a casa e facemmo una
doccia veloce…dal terrazzo di casa nostra vedevamo lo Skopellitis arrivare al
porto e avevamo soltano cinque minuti esatti per ridiscendere e prendere il
nostro traghetto…avevamo avuto una giornata impressionante e ancora non era
finita.
Accesi il motore ancora caldo e
Carmelo si sedette saltando letteralmente sul sedile posteriore…
<<Il tuo comandante ti autorizza
a volare….però stai attento!!!>>
Accelerai come se non ci fosse
un domani e la marmitta del nostro motore 300cc cominciava a scoppiettare come
se avessimo botti di capodanno nel culo del nostro Quad!
Ad ogni curva Carmelo gridava:
<<Disonesto!!!Vai piano!!!>>.
<<Comandante mi ha autorizzato
lei a correre!>>.
<<Mai più con te in viaggio!!!Il
prossimo anno non mi cercare….anzi cambio numero di telefono!!>>.
Arrivammo all’ingresso di
Aegeali con la marmitta scoppiettante come una mitraglietta tanto che tutti i
turisti si giravano come se qualcuno avesse sparato loro addosso.
Carmelo gridò.
<<Non vi preoccupate…I pazzi
sono arrivati!!!>>.Con una faccia tra lo sconsolato e il divertito.
Misirloú mou, i glykiá sou i matiá
Flóga mou 'khei anápsei mes stin kardiá.
Akh, ya khabíbi, akh ya le-léli, akh,
Ta dyo sou kheíli stázoune méli, akh.
Akh, Misirloú, magikí, ksotikí omorfiá.
Tréla tha mou 'rthei den ipoféro pia.
Akh, tha se klépso més' ap' tin Arapiá.
Flóga mou 'khei anápsei mes stin kardiá.
Akh, ya khabíbi, akh ya le-léli, akh,
Ta dyo sou kheíli stázoune méli, akh.
Akh, Misirloú, magikí, ksotikí omorfiá.
Tréla tha mou 'rthei den ipoféro pia.
Akh, tha se klépso més' ap' tin Arapiá.
Mentre
parcheggiavamo il Quad nel parcheggio di fronte al porto notai ed ascoltai con
attenzione le note di questa bellissima e antica canzone greca…”Misirlou”….Mi
sentivo trasportato in un’altra era…in un altro mondo…io e Carmelo ci
avvicinammo di corsa alla rampa di ingresso dello Skopellitis e non nascosi la
mia felicità nel poterlo fare.
L’Express
Skopellitis è un pezzo di storia vivente dell’egeo…Lo Skopellitis è la storia di
una famiglia di Amorgos che sin dal dopo guerra,prima con un piccolo caicco e
poi con una nave più grande,ha servito e serve ancora le piccole cicladi.Per
tutta la gente di Amorgos,Koufunisi,Donoussa,Iraklia,Schionussa e Naxos questa
nave rappresenta l'unico collegamento, essenziale sia in inverno che in estate
per trasporto merci,emergenze,posta quant’altro.Non conosce freddo,caldo,mare
calmo o in tempesta e la vedrete sempre arrivare al porto..adesso si capisce
perché per queste popolazioni così isolate del mediterraneo questa nave è
storia.
Salimmo a
bordo e subito come Theo aveva preannunciato iniziarono le danze tipiche greche
all’interno della nave che per marinai aveva davvero gente fuori dal comune.
Capivo solo
guardando le loro facce che facevano parte di un mondo diverso rispetto al
personale marittimo dei tipici traghetti da trasporto greci.Questa era gente
locale,tatuaggi ovunque,barbe e capelli incolti,puzza di petrolio,sigarette alla
bocca accese e un sentimento del benvenuto tutto loro.
Ascoltavo
rapito quei ritmi di syrtaki e le grida di “Opa” al battito di mani…quando la
nave cominciò a dondolare sempre più forte fino a farci perdere l'equilibrio….mi
tenni d’impulso alla maniglia della porta e cominciai subito ad avvertire una
sensazione di nausea.
Non vedevo
Carmelo così decisi di uscire e salire sul ponte per vedere come era la
situazione.
Vidi il mio
compagno a poppa attaccato con le mani alla ringhiera della nostra nave,gli
occhiali da sole già macchiati con il sale e il volto bruciato dal sole preso
sui monti…le onde arrivavano da entrambi i lati così violente che la nave si
piegava da una parte all’altra facendoci sbattere come una centrifuga…
<<Bravo il
capitano…entrando in quella baia ci risparmieremo un po’ di
sbattimento…>>Indicando Kaleoliti Bay…quella sorta di stretto che si crea tra
l’isola principale di Amorgos e la sua isoletta di rimpetto Chaiara.
Ogni tanto
un marinaio salive le scalette per venire a controllare noi e quei quattro pazzi
che se ne stavano seduti sulle panche in cima al ponte….Chiedeva:
<<Tutto
ok?>>….E ci guardava sorpresi...
Il vento
forte e soffiava da poppa…il sole cominciava scomparire tra le onde e la
salsedine mi incrostava la barba, ci passavo la lingua e sentivo il sapore
dell’egeo.
<<Che
giornata signori miei…dispersi tra i monti tutto il giorno..le gambe non me le
sento più…adesso pure la tempesta con lo Skopellitis…ma dove ti porto
ah?>>…Carmelo pareva sereno e riposato.
Feci una
smorfia di consenso con il volto…e mi avvicinai alla bandiera greca che
sventolava con forza facendo il tipico rumore di stoffa sbattuta dal vento e il
tramonto iniziava il suo solito epico e bellissimo ballo tra le onde.
La sirena
dello Skopellitis suonò due volte prima di entrare nel porto di Katapola e il
capitano con una manovra esperta rigirò la nave su stessa affinchè la rampa di
dietro si potesse aprire sul molo.Scendemmo e vidi Carmelo andare verso alcuni
scogli per fotografare gli ultimi sprazzi di tramonto mentre io sentivo sulle
gambe tutto il peso di quella giornata e mi sedetti sul molo con le gambe a
penzoloni…Chiusi gli occhi e appoggiai il peso del mio corpo sulle mani
all’indietro.
Ascoltai.
Gabbiani
lontani si avvicendavano nel richiamo….il suono di una televisione e la voce di
un giornalista greco che parlava lontano…..lo sfogliare di un libro nelle mani
di una signora dietro di me…forchette e coltelli sbattevano tra di loro richiusi
in una cassetto…lo scampanellio della drizze sulle barche a vela che si
dondolavano coi lunghi alberi…bandiere mosse dal vento…
La musica
dei musicisti adesso era nella piazzetta centrale del paese e le note del
syrtaki giungevano vicine e poi lontane…
<<Ho
finito…adesso mangiamo perché ho una fame da lupi>>.Carmelo si avviò senza
aspettarmi verso la fila di ristoranti del porto.
Ci sedemmo
in un ristorante vicino il luogo dell’affitto del nostro Quad e ordinammo subito
birra e Pita.
<<Pasta al
sugo….in Grecia?...Ma sei serio?...>>Commentai così la scelta di Carmelo di
prendere la pasta al sugo prendendolo un po’ in giro.
<<Ho voglia
di pasta stasera e non rompere….>>.Disse mugugnando.
<<Per me
verdure stufate e abbondante Pita grazie signora….>>.
La serata
passò in silenzio e mangiammo come due che non vedevano cibo da giorni…il rumore
del vociare accanto a noi nemmeno ci toccava,riguardammo le foto della giornata
e facemmo qualche chiamata a casa.
Per
ritornare ad Aegeali c’era un pullman che partiva ogni ora e prendemmo il primo
disponibile…salimmo con un numeroso gruppo di persone che andavano nella nostra
stessa direzione,pagammo il biglietto al costo di circa tre euro e ci
accomodammo.
L’autista
partì e nello stesso pullman proprio come fanno i cattivi scolari nelle gite si
erano seduti negli ultimi posti i musicisti che erano nello Skopellitis giusto
un paio di ore prima e cominciarono a suonare,cantare e battere le mani al ritmo
di violino e bouzouki.
Io chiudevo
gli occhi mentre Carmelo ogni tanto per svegliarmi mi batteva nelle mani vicino
le orecchie….esclamando poi:
<<OPA’>>…
<<Fammi
dormire….>>
Una volta
arrivati ad Aegeali ci avviammo verso casa.
Aprimmo la
porta e senza nemmeno dirci la buona notte ci scaraventammo nei nostri letti che
aspettavano solo noi.
Guardai
l’orologio e rimasi allibito.
33456
passi.3150 calorie consumate.27 Km percorsi.
Chiusi gli
occhi avvolto da quella pacifica stanchezza.
Andare o restare
Era
caldissimo e quando aprii gli occhi Carmelo ancora dormiva…
Feci il
caffè e mi misi in terrazza…realizzai che era la nostra ultima notte prenotata
al Pano Gitonia e avremmo dovuto trovare un’altra sistemazione.
Carmelo si
sedette sul tavolo insieme a me e versò un po’ di caffè bollente nelle nostre
tazze…Concordammo che visto la giornata calda e il poco mare fatto avremmo
passato la nostra giornata in totale relax nelle spiagge di Aegeali e poi visto
che mancava ancora all’appello, in serata avremmo visitato Tholara.
Scendemmo
puntuali e quella mattina avevo proprio voglia di stare da solo così Carmelo
rimase a Levrossos Beach mentre io seguendo un sentiero mi inerpicai su per la
collina non sapendo dove potesse portare....alcuni camminatori mi incrociarono
sullo stesso sentiero e continuai il mio.
Arrivai a
Psili Ammos e notai che, staccata dalla spiaggia principale, c’era ancora
un’altra spiaggietta.
Mi sedetti
sono un albero di fichi e poggiai la mia asciugamani sulle rocce…non feci il
bagno e mi limitai ad osservare questo mare con diverse tonalità di blu e
azzurro…un’energia particolare fuoriusciva dal rumore di quelle onde così chiusi
gli occhi e ricominciai a pensare a questi meravigliosi giorni trascorsi e
cercare di capire cosa fare.
Amorgos è
un’isola meravigliosa mi dissi e spendere qualche altro giorno sicuramente ne
vale la pena eppure sarebbe stato bello vedere qualcos’altro in giro tra le
piccole cicladi…neanche una mezz’ora dopo ricevetti un messaggio sul mio
telefono.
<<Domani io
vado a Donoussa>>Carmelo scriveva imperativo.
<<Donou che
?>>…
<<Cercala e
vedrai secondo me ne vale la pena…quando ritorni quaggiù?>>.
<<Dammi
mezz’ora e ritorno…>>.
Vidi
Carmelo completamente arrostito dal sole in una posizione di assoluta
rilassatezza…
Iniziò a
parlare come rapito dalla bellezza di questa isola…
<<Questa è
la nostra ultima notte ad Amorgos e visto che non abbiamo prenotato nulla
secondo me dovremmo prendere il primo traghetto disponibile domani mattina che
va a Donoussa…è un’isola a misura d’uomo molto piccola…guarda qui…>>Mostrandomi
foto sul telefonino…
<<Va bene
dai…anche Koufinissi sembra interessante risposi…>>…
Iniziò a
cercare e continuò ancora….
<<Secondo
me dovremmo scegliere Donoussa…ascolta il comandante.>>
<<Donoussa
sia allora…>>
Fu una
giornata particolarmente rilassante dopo le avventure passate attraversanto le
Pergalidi di Amorgos adesso facevamo una vita da spiaggia…mangiammo un’insalata
greca al chiosco di Levrossos Beach e poi camminando ritornammo alla spiaggia
principale di Aegeali.
Ero un po’
annoiato così decisi di affittare un Kayak e rifare lo stesso tragitto della
mattina a colpi di remi…provai inutilmente a convincere Carmelo a venire con me
ma invece preferì rimanere in spiaggia a prendere il sole e bere il caffè…
Cosi preso
dall’entusiasmo mi avviai con lunghe remate verso il largo e poi con i remi
girai verso Levrossos di nuovo…arrivai quasi alla battigia e notai subito circa
quattro o cinque persone nude intente a prendere il sole e parlare.
Tutte
donne…
Tutte
bellissime…
Mi sforzavo
di fare l’indifferente come se io fossi abituato a tutto ciò ma facevo
fatica…saltai giù dalla mia piccola imbarcazione e riposi il Kayak in spiaggia e
mi sedetti sulla battigia intento a farmi toccare i piedi dalle onde del mare…
Mentre
osservavo le onde notavo una testa che faceva Sali e scendi dall’acqua…Prima su
e poi giù…poi scompariva tra le onde e poi riappariva fino a quando si avvicinò
alla spiaggia e alzò la testa.
<<Marie!!!!>>Esclamai!!
Era la
donna francese che giorni prima avevamo incontrato alle Pergalidi nel nostro
percorso verso Chozoviotisa.
Si avvicinò
sempre di più uscendo dall’acqua senza alcun costume addosso..proprio come Dio
l’aveva creata alle origini.
Deglutii
con imbarazzo e mi sforzai di non guardarle il seno buttato così all’aperto.
<<Giuseppe….come stai?>>Chiese con assoluta nonchalance e il suo accento
francese.
<<Molto
bene…benissimo direi…>>(Guardala negli occhi….Guardala negli occhi….continuavo a
ripetermi).
Marie
nonostante la sua non più giovane età aveva un bellissimo corpo e ben
curato,abbronzato dal sole mediterraneo e rinforzato dai suoi trekking.
<<Il mare
oggi è bellissimo….voglio soltanto nuotare e rilassarmi soprattutto dopo queste
giornate ventose e fredde…quando ripartite?>>
<<Andiamo
via domani…abbiamo deciso per Donoussa>>
<<Allora
divertitevi e salutami Carmelo…ti lascio la mai email…non si sa mai vengo in
Australia e ti vengo a trovare>>.
Si avvicinò
per abbracciarmi e non nascosi un certo imbarazzo nel salutarla in quel modo del
tutto originale.
Il nostro
ultimo pomeriggio ad Amorgos volgeva a termine…ed era già ora di cena.
Tholaria
Ci avviammo
verso una stradina laterale attratti da un locale nascosto sulla collina dove si
poteva ammirare il panorama sulla baia di Aegiali.
Fuori,sullo
sterrato,c’erano dei signori che montavano un telescopio.
Dopo aver
bevuto un bicchiere di vino ci avviammo verso il centro del paese che cambiava
colore per diventare sempre più scuro con la luce del tramonto.
Tholara si
inerpicava su per l’alta collina e i suoi ristoranti sembravano ancora vuoti
vista la bassa stagione del momento.
Lo
ammetto.A volte posso essere schiavo della tecnologia e con il telefono in mano
cercavo ispirazione per trovare il giusto ristorante per completare il nostro
soggiorno ad Amorgos.
<<Posa quel
coso…>>Mi sgridò Carmelo.
<<Cerchiamo
di trovare una ”putia” dove sia tutto originale…(Putia,in siciliano è appunto
una sorta di taverna o trattoria casalinga)>>.
Salimmo una
lunga scalinata cicladica di quelle con gli scalini lunghi…passammo il primo
ristorante….
<<No questo
no….>>Continuava Carmelo.
Ne passammo
un altro.
<<Andiamo a
vedere ancora più avanti>>.
C’era una
veranda che si intravedeva da lontano,una struttura di legno con fiori e piante
sul tetto che cadevano dappertutto,i legni erano colorati di azzurro e due o tre
tavoli fuori sporchi di polvere,dei signori anziani seduti su un sedile di legno
proprio di fronte e una serie di donne anziane appostate sul nostro lato con le
sedie del proprio soggiorno che ci guardavano quasi con fastidio mentre
sventolavano il loro ventaglio in faccia con furore.
<<Siamo
arrivati…ci possiamo sedere qui>>Carmelo si sedette senza aspettarmi
Non gli
avrei dato nemmeno uno sguardo in una città normale a questa taverna ma sperando
che questa scelta del posto dove mangiare non fosse come quella del sentiero di
montagna sperai di cuore che Carmelo avesse ragione.
CI sedemmo
e aspettammo qualcosa come dieci minuti prima che qualcuno ci degnasse di uno
sguardo.
All’improvviso come dal nulla una signora anziana che era seduta in quella
famosa fila di sedie si avvicinò al tavolo.
Smorzai un
sorriso.
<<Kalispera…Menù?>>
<<No menù
qui…qui cucino tutto io…vedere cosa ho?>>
<<E come
?>>Risposi sbalordito.
<<Vienite!
Venite a casa mia!>>
Carmelo
esultò in una serata fragorosa
<<Te
l’avevo detto….di andare a sensazione..prendi il tuo telefono e buttalo…Stasera
ci facciamo la mangiata!>>
La signora
ci aprì una porta sul retro e ci ritrovammo in una cucina con un forno a pietra
dentro,un’isola fatta in legno e dei fuochi messi un angolo.Peperoncini,Teste di
aglio e crocifissi appesi sui muri,l’aria odorava di verdure appena tagliate e
di casa di nonni.
Cominciò a
scoperchiare una decina di pentole di rame antico messe tutte in fila sui
fornelli,aprì la porta del forno e uscì qualcosa che di primo acchito sembrava
Moussaka e con un foglio di carta in mano e una matita cominciò ad aspettare
quale fossero le nostre scelte.
Mi sentivo
a casa di nonna Lina,la mia nonna paterna che cucinava ogni domenica come se un
esercito di legionari dovesse farle visita ma in realtà eravamo sempre non più
di otto persone…
…Questo
mediterraneo…questa Grecia…Così simile a casa....
<<Allora…ditemi cosa volete>>Intimò con sguardo autoritario la signora.
Cominciai a
indicare ogni sorta di ben di Dio…Moussaka…Yemista…Agnello con patate e
pomodoro…Kontosouvli e decine di salse in contenitori diversi…
Indicai
quasi tutto.
Ci godemmo
la serata mangiando forse più del necessario annaffiando il tutto con circa due
litri a testa di Mithos ghiacciata.
Ci perdemmo
poco dopo tra le vie di Tholara cercando di scovare gli angoli più
nascosti…camminando apprezzavamo i rumori della notte,il venticello era fresco e
gli anziani erano ancora fuori.
Chi fumava
una sigaretta,chi guardava i passanti come noi o chi parlava di chissà quali
problemi in modo concitato.
Era
l’ultima notte in un isola dell’oblio…le stelle erano numerose e brillavano come
diamanti in un mare calmo e pacifico…questi due blu notturni sembravano davvero
il frutto di un solo pensiero,di una sola anima e opera.
Quando
arrivammo a casa mi affacciai dal terrazzo per dare un’ultima occhiata da quella
altezza e mi innamorai perdutamente di quel luogo.
Scrissi un
biglietto di saluti per Theo,la nostra nave partiva di mattina presto e non
avevamo avuto tempo di salutarlo.
“Caro Theo
All’ultimo
minuto abbiamo deciso di partire per Donoussa e siccome lasceremo casa molto
presto non credo riuscirò a vederti per salutarti.Grazie per il
meraviglioso soggiorno in questo luogo che d’ora in poi sentirò parte di me.
E’ stato
bello conoscere te e la tua famiglia”.
Saluti.
Giuseppe e
Carmelo.
Donoussa
L’isola di
Amorgos dormiva ancora e potevamo notare solo un piccolo assembramento di
persone sulla banchina intente ad aspettare il traghetto.
Lasciammo
il nostro fidato amico di viaggi a quattro ruote davanti la porta del
concessionario le chiavi nascoste negli elmetti e il documento di noleggio ben
in vista.
Quando
fummo saliti sul grande traghetto che ci avrebbe condotti a Donoussa ci
affacciamo con i nostri caffè in mano sul ponte.
Carmelo
guardava i monti davanti a noi e con il volto accennava momenti di meraviglia e
sorrisi..
<<Ma ci
pensi?Guarda quei monti…abbiamo camminato su quelle cime per tre giorni
interi.>>
Non risposi
perché rapito da quella striscia di schiuma bianca lasciata dal grande motore
della nave che solcava le onde dell’Egeo.
Donoussa
era piccola e anche quando ci avvicinammo notammo che non era poi cresciuta così
tanto.
Dopo il
frastuono dello sbarco l’isola piombò in un silenzio notturno…ed erano già le
otto del mattino.
Iniziammo
la camminata alla ricerca di un posto dove dormire visto che non avevamo
prenotato nulla.
Di questa
isola notammo sicuramente il silenzio e poi il rumore del vento mattutino che si
inerpicava su per le bassissime colline e sfiatava tra i muri delle case.
Girovagammo
per circa un’ora sudati e stanchi e anche un po’ assonnati visto la faticaccia
che avevamo fatto su per quelle colline e ogni appartamento o casa a cui
bussavamo era pieno o non rispondeva.
Seduti su
un muro,stanchi,sudati e già nervosi ci guardavamo senza dire una parola fino a
quando da una finestra si affacciò una signora guardandoci incuriosita.
<<Siete
Italiani?>>
Accennai di
si con il viso.
Emilia o
Emy come piace farsi chiamare era una signora con uno spiccato accento del nord
italia,bassa statura e capelli corti di un bianco acceso e gli occhi buoni di
chi ama aiutare.
<<Chiamiamo
subito Maria…Lei saprà come aiutarti!>>
<<E chi è
Maria?>>Risposi incredulo.
<<Lei è la
proprietaria di questi appartamenti e in più ne ha altri sull’isola…>>
Provò a
chiamare e la signora dall’altra parte del telefono rispose.
Emy mi
passò subito il ricevitore e in un inglese abbastanza comprensibile Maria mi
spiegò che era tutto pieno e che mi consigliava di uscire dal piccolo centro e
cercare in due case vacaze più a sud.
Così
facemmo,salutata Emy e il marito che era stato svegliato dal nostro parlare,io e
Carmelo ci avviammo alla ricerca di queste case vacanze.
Trovammo
dopo aver attraversato colline e rovi un bellissimo albergo davanti al
mare,villette a schiera posizionate l’una sopra l’altra.
<<Quanto
costa costa…lo prendiamo!>>Disse Carmelo.
<<Trattiamo
sempre!>>Risposi con rinnovata energia.
Il
proprietario dell’albergo aveva un aspetto germanico più che greco.
Alto,capigliatura bionda e stempiata,chiaro di carnagione si fece una grassa
risata vedendoci arrivare in quelle condizioni.
<<Siete
stati fortunati,non ci molti alloggi disponibili a Donoussa,ho appunto solo due
notti disponibili…sembra che questa stanza vi stava aspettando…facciamo che vi
tolgo pure venti euro a notte…è una benedizione per voi e anche per me.>>
Il
ragazzone alto sembrava pure un germanico ma aveva il cuore buono e generoso
come la tradizione mediterranea vuole…Donoussa iniziava proprio a piacerci.
Dopo aver
preso possesso del nostro nuovo alloggio,ammirato il mare dal balcone e fatto
due docce veloci ci avviammo alla scoperta dell’isola.
Donoussa
sembrava la piccolina della famiglia cicladica,poche case,un centro di paese che
è già troppo chiamarlo “paese” aveva colori vividi,accesi e “desertici”.
Volevamo
affittare un gommone per poter vedere calette e spiagge per conto nostro ma con
nostro rammarico nessuno affittava niente.
Notammo un
peschereccio di piccole dimensioni ormeggiato con delle bandiere a colori così
ci avvicinammo per chiedere qualcosa.
Il
pescatore,capello brizzolato al vento,faccia bruciata dal sole ellenico e pochi
denti in bocca ma un bellissimo sorriso ci accolse dicendoci che lui faceva una
gita al giorno al costo di pochi euro,la gita comprendeva un giro delle piccole
calette di Donoussa,grotte e poi l’ultima fermata nella famosa spiaggia di
Kalotorissa.
Era ora di
mettere da parte almeno per quel giorno l’armatura di avventurieri e fare un po’
i vacanzieri,cosi decidemmo di accodarci in gita con il peschereccio locale.
Un'altra
decina di turisti salì insieme a noi e ci posizionammo con il petto nudo a prua
godendoci il sole caldo e il vento frizzante che ci veniva diretto in faccia.
Era
un'emozione navigare come trasportati in una realtà diversa,la gente non
parlava,noi non aprivamo bocca e sentivamo note di chitarra uscire dalla cabina
arrugginita del comandante senza denti,il rumore del motore che tossiva e sapeva
di riparazioni continue,gabbiani ci seguivano e volteggiavano danzando sulle
nostre teste e con questa atmosfera eravamo dentro Donoussa.
La barca
andava lenta e serena per poterci permettere di ammirare le numerose calette
deserte.
Carmelo era
poggiato sul bordo,assorto nei suoi mille pensieri e con una sigaretta in mano
guardava rapito.
L’uomo di
mare,siracusano e di vecchia pasta,usciva in tutta la sua naturalezza davanti a
quella bellezza antica e mediterranea…
Fosse stato
per me…avrei voluto continuare il mio viaggio ancora per molte altre settimane
ma si doveva tornare…
Pensavo
semmai come ci si dovesse sentire avendo la possibilità di perdersi nell’isola
dell’oblio…e perdere il senso del tempo.
Ci
risvegliò la voce del comandante.
<<State attenti che stiamo
virando per entrare dentro le grotte di Fokosplia!>>
Non sapevo
nemmeno che ci fossero delle grotte a Donoussa e ovviamente questa fu una grande
sorpresa.
Le grotte
di Fokospilia sono famose a Donoussa perché molto tempo fa ci vivevano le foche
monache e ogni riflesso dell’acqua cambia costantemente il colore del blu…prima
tenue e poi acceso poi diventa azzurro e poi quasi nero negli angoli più remoti.
L’acqua era
gelida appena mi ci buttai dentro e nuotai dentro mentre Carmelo scattava
qualche foto attorno..
<<Tuffati
anche tu!>>
<<Troppa
fredda...>>Rispose…E la sua voce fece eco come anche i rumori dei tuffi degli
altri.
Risalimmo e
ripartimmo da Fokospilia per raggiungere Kalotorissa e notavamo con sorrisi
sorpresi che questa isola era praticamente tutta frequentata da nudisti…insomma
eravamo approdati in un Eden greco e nemmeno lo sapevamo.
Kalotorissa
si apriva in tutta la sua bellezza davanti a noi…sulla nostra destra vedevamo
piccole colline che si alzavano come a protezione di quell’angolo di isola
mentre a sinistra non più di una decina di case sparpagliate davanti a noi.
<<Io l’ho
trovato…il baretto fronte mare…vado a farmi una Mithos ghiacciata>>Carmelo parti
quasi correndo dopo aver lasciato il peschereccio.
<<Vengo con
te>>…
Lo seguivo
a distanza…e dovetti mettere gli occhiali da sole per ripararmi da quella luce
accecante che si rifletteva nella sabbia bianca e nelle rocce.
Eravamo a
solo un’ora di navigazione da Amorgos ma il mondo era cambiato totalmente e
sembravamo perduti in un’isola che era come dimenticata e messa da parte.
E noi
piaceva così.
Ci gustammo
la nostra birra all’ombra con il nostro tavolo posizionato davanti la baia e non
c’era molto di cui parlare semmai volevamo goderci quella pace quasi astratta
che quel luogo del mondo emanava.
La musica
era composta dai frangenti delle piccolissime e delicate onde che sbattevano con
calma sulla battigia,il continuo suonare delle cicale e i rumori delle forchette
di chi mangiava vicino a noi.
Io andai
per conto mio verso la spiaggia mentre Carmelo voleva dormire e credo si andò a
nascondere all’ombra di qualche carrubo
Rimasi
quasi impietrito dalla bellezza di questa baia che sapeva di Antica Grecia e
mondo perduto.
Posizionai
il mio telo tra due rocce come per ripararmi dal sole e presi il mio libro.
“Mani.Viaggi nel Peloponneso”…Lessi due pagine ma continuavo a farmi distrarre
dal colore dell’acqua finchè decisi di rimetterlo nello zaino e tuffarmi
così nuotai a lungo e
visto che ero solo mi tolsi completamente il costume di dosso e continuai a
nuotare fino a sentirmi le braccia stanche…mi sentivo come trasportato in
un'altra dimensione,come il protagonista di uno spot di villaggi turistici degli
anni novanta.
Ma quello
non era un villaggio turistico…quella era la Grecia in tutto il suo vero
splendore.
Non ero mai
stato nudo in una spiaggia e appena uscito dall’acqua lo realizzai…presi il telo
e mi coprì sedendomi sulla roccia.
Guardavo il
mare e il suo profondo blu e pensavo che non volevo più tornare né in Sicilia né
in Australia…ma rimanere li,seduto su quella parte di mondo abbandonato a
guardare il mare per sempre.
Mi rivestii
e credo che mi addormentai per una buona ora fino a quando sentì il borbottare
di un motore famigliare…Cominciai ad avvicinarmi camminando e vidi Carmelo già
in barca.
<<Ma dove
sei stato?>>Chiese.
<<A
dormire…>>Sorvolai la parte della nudità.
Una cena
La sera era
estiva…giugno si inoltrava alla fine e l’estate entrava superba in questa parte
di mondo.
Il cielo
era azzurro senza nessun tocco di nuvola,l’aria profumava di
fiori,cucinato,bucato appena steso e terra umida.
Ci avviammo
a piedi alla ricerca di un luogo non solo dove mangiare ma anche dove guardare
il tramonto e lo trovammo ai piedi di una collina subito dopo il piccolo paesino
di Donoussa dove Carmelo aveva individuato un piccolo ristorantino con terrazzo
che dava sul porto peraltro aperto da poco.
Era uno di
quei momenti di nostalgia che sanno di pensieri perduti nel vasto mondo di
ognuno di noi…avevamo ordinato delle bruschette con pomodoro e alici cosparse di
origano fresco e cipollina tritata,la solita birra riempiva i nostri bicchieri e
facemmo una di quelle cene che non si dimenticano facilmente.
<<A volte
penso che potrei starmene in una di queste isole per sempre e scomparire dal
mondo per potermi rifare una vita quaggiù lontano dalla grande città e lontano
da gente che ti sta accanto ogni giorno ma che in realtà non ti conosce…>>
<<Ci porta
due Ouzo per favore?>>
<<Ne..>>>.
<<Io in
grecia ci vengo da quando ero un ragazzo,ricordo ancora un famoso viaggio in
motocicletta da Siracusa a Instabul in Turchia e passammo tutta la Grecia in
moto con un gruppo di amici miei…Sono stato a Cefalonia,nel Peloponneso, a Rodi
e in moltissime altre isole ma quella che più mi è rimasta impressa nel cuore è
senza dubbio Lefkada…perché vedi,non è tanto l’isola in se che piace o non
piace,un’isola è sempre bella perché è appunto isolata,ma un’isola è anche
l’emozione che ti dà la persona con cui la visiti e gli incontri che fai.>>
<<Altri due
Ouzo per favore….>>.
La passione
nei suoi occhi nel raccontare il viaggio,i lunghi silenzi,l’amore nei gesti e
nella quotidianità,il viaggio in moto nel Peloponneso e la moto che si ferma nel
bel mezzo del Peloponneso in un’era in cui non esisteva nessun telefonino
<<Signorina
per favore…altri due>>.
L’ouzo che
doveva avere almeno una gradazione alcolica oltre i 40 gradi cominciò a farsi
sentire…
Si rideva
senza alcun senso e si piangeva anche…
La mia
sofferenza di chi vive lontano da casa e dai suoi affetti,la voglia di vedere il
mondo e il sentimento di ricerca che non si è mai fermato neanche dopo il mio
matrimonio che credevo doveva calmarmi lo spirito.
Già…la
ricerca.
Ma cercare
cosa poi?
Perché
siamo spinti da un indomabile senso di curiosità e ricerca anche quando pensiamo
di avere tutto in realtà siamo sempre alla ricerca di qualcosa…Un’emozione,un
battito di cuore diverso,un sapore nuovo sulla bocca e i nostri occhi che
bramano sempre novità da vedere per conservare nel nostro animo….Come se ci
fosse una tempesta dentro di noi…Un fuoco…Un fiume…Una forza maggiore…Un
irrefrenabile desiderio di spingere se stessi ancora più lontano…Catapultare la
nostra anima in posti freddi o caldi dove i nostri sogni o incubi più oscuri
vivono…
E sentirsi
appunto “vivi”….
E quel
tavolo rappresentava uno di quei “posti”…in quell’isola sperduta del
mediterraneo con circa una decina di Ouzo a testa.
I movimenti
adesso si facevano più lenti e Carmelo mi allungò una sigaretta…
E io che
detesto il fumo la presi e la fumai tutta…sembrava davvero un peccato rovinare
una serata del genere e non partecipare a questo gioco di fumo e alcool che la
vita ci stava presentando…li in quel momento due uomini erano al cospetto di se
stessi,confessandosi peccati,rimorsi e desideri su un tavolo di dubbia origine e
un terrazzo che si affaccia davanti ad un cielo stellato.
Donoussa
isola del silenzio…Donoussa isola dell’oblio…Donoussa isola del sentimento.
Era entrata
dentro di noi in poche ore e sicuramente non sarebbe andata via tanto facilmente
dalla nostra mente.
La mattina
ci svegliammo di buon ora con l’obiettivo di voler rifare la stessa costa che
avevamo fatto in barca il giorno prima ma seguendo il sentiero che dal paese
centrale ci portava a Kalotorissa.
Preparato
lo Zaino con un cambio e molta acqua da bere io e Carmelo ci avviammo in cammino
nel silenzio della mattina dormiente e priva di rumori….il posto sembrava tutta
un’armonia di colori e profumi.
Quello che
mi colpì di più era il profumo del pane caldo appena sfornato…Un’orgia di odori
che ti entravano dal naso e andavano diritti al cuore e poi allo
stomaco…burro,salvia,formaggio e miele erano come un tutt’uno nelle mie narici e
così decisi di comprare il pranzo nel forno del piccolo centro di Stavros.
Esiste in
questo posto dimenticato dal mondo una mulattiera o percorso trekking che fa il
giro dell’isola in cerchio o quasi e buona parte di questo tracciato è ben
segnato nelle mappe e negli incroci stradali e così senza nessuna remora io e
Carmelo ci avviammo in marcia spedita alla ricerca dei tesori nascosti della
costa.
Il vento
soffiava forte e lasciava il cielo sgombro di nuvole e l’aria era così pulita
che i colori blu del mare con il blu del cielo si confondevano a vicenda…
Subito
arrivammo a Kedros beach e notammo che la spiaggia era troppo piena di gente
anche se la parola “piena” a Donoussa sembra più un eufemismo che altro e si
decise per il lungo cammino che ci avrebbe portato alla spiaggia di Livadi.
I monti
salivano senza pietà e Carmelo preso dalla furia del faticoso cammino allungò il
passo e mi distaccò notevolmente mentre io volevo assaporarmi ogni singolo
momento e avevo decisamente una andatura più lenta della sua e in pochi minuti
il mio compagno divenne un puntino blu lontano.
Quando si
cammina in solitaria si apprezzano i rumori del luogo e l’alienazione del
momento…il vento ti sbatte in faccia la sua verità fatta di rumore e bocca
secca…il sole ti brucia la testa senza cappello…le cicale diventano tue amiche e
il battito continuo dei piedi sul sentiero è come un metronomo che ritma e dà il
tempo all'intero tuo corpo.
Donoussa
sulla cima dei suoi monti mostrava la sua bellezza sfavillante come una perla
ancora nascosta ai più…L’intensità dell’Egeo e le lontane spiagge bianche erano
come il dipinto fresco di un artista di strada..
Il sentiero
si divideva a metà ma Carmelo con la mano da lontano mi indicò la via da seguire
e accennai un si con un pollice in alto.
Adesso i
monti si percorrevano in discesa e Carmelo mi aspettava seduto su una roccia…
Appena
passata la piccola collina che ci separava da Livadi, il villaggio si aprì sotto
di noi come un’oasi paradisiaca…un Eden di antiche origini…un posto di altri
tempi a noi sconosciuti.
Chiunque in
spiaggia era nudo senza distinzioni di sesso o età…Bambini giocavano
rincorrendosi sulla battigia…uomini e donne completamente svestiti si godevano
il sole mediterraneo…suoni di flauti e chitarre provenivano dall’interno delle
tende piantate sotto i pochi alberi disponibili..
Eravamo
come degli stranieri arrivati da un altro pianeta tutti vestiti con le nostre
scarpe da trekking e i nostri zaini.
Fummo
completamente ignorati e ci sedemmo su uno sprazzo di ombra per bere la nostra
acqua in fretta prima di intraprendere la salita verso Mersini.
Lasciammo
quella visione della Genesi antica e ci avviammo in salita verso il piccolo
villaggio di Mersini dove avevamo deciso ci saremmo fermati per il nostro
pranzo.
Si saliva
su per un canalone dove in piena pioggia doveva passare l’acqua ma che in estate
era secco come un deserto e pieno di crepe.
La collina
saliva senza pietà e le ginocchia ci arrivavano al petto talmente ci piegavamo
per dare la possibilità alle gambe di muoversi…sudore e tanta sete furono i
nostri amici per una ventina di minuti pieni fino a quando riaffiorammo su un
terreno privato dove alcune capre nascoste tra i cespugli ci diedero il
benvenuto a Mersini.
Mersini è
un piccolo villaggio appoggiato sulle alte colline di Donoussa che credo durante
l’inverno abbia più o meno venti abitanti se non di meno mentre d’estate può
raggiungere anche il doppio…lo so…sembra comico ma Donoussa è così,prendere o
lasciare…non è un’isola per tutti.
I due
ristoranti famosi di Mersini sono la taverna Tze Tze e la taverna Donoussa.
Andammo
dritto alla taverna Tze Tze attratto dalle conchiglie appese e da un terrazzo
che ricordava il nostro appartamento ad Amorgos.
Il locale
si affacciava in tutta la sua bellezza mediterranea sull’egeo avendo proprio di
fronte l’isola di Amorgos.
Lia,la
proprietaria,era una giovane donna di Atene di una bellezza che ricordava le
antiche statue e con un sorriso che illuminava anche gli angoli più bui della
tua anima.
Parlava in
continuazione di Tsipras,il primo ministro greco,della Germania e di quanto non
gli piacessero i Turchi.
Ordinammo
Calamari ripieni e due solite birre che riuscirono a malapena a rilassare i
nostri muscoli scossi dal lungo cammino…Mentre Lia parlava ancora di Tsipras
notai qualcosa che rimase impresso nel mio cuore per come avvenne.
Una dolce
musica con una fisarmonica di sottofondo ci accompagnava come per magia e
Carmelo come trasportato dal suono di quella melodia allegra fece un giro su se
stesso e alzò il braccio ruotando la mano accennando un minimo passo di
danza…Mise poi il piede sul muretto e guardò intensamente il mare davanti a
lui…avevo visto un’emozione nei suoi occhi….Non credo se ne sia mai accorto.
Scattò poi
delle foto a dei pastori locali e osservandoli ripiegammo sui nostri passi e il
cammino riprese percorrendo la strada principale che da Mersini arriva a
Kalotorissa.
Subito dopo
Mersini il sentiero si perde ed è come se non esiste più e percorremmo circa due
kilometri sull’asfalto fino a quando un mucchio di pietre con dei segni rossi ci
segnalarono un ingresso verso il sentiero tra le colline questa volta scendendo
verso il mare.
Attraversammo paesaggi lunari di un bianco accecante che si sposavano in un
tripudio di colori con il mare Egeo e molti camper erano nascosti tra gli alberi
con cartelli dove c’era scritto:”QUI YOGA”.
Il sentiero
continuava adesso basso e pianeggiante quasi a livello del mare e Kalotorissa
adesso era lì presente davanti a noi.
Facemmo un
bagno veloce prima che lo stesso peschereccio del giorno prima ci riportasse a
Stavros per l’ultima notte a Donoussa.
<<Andiamo a
Kastellorizo…dai su…allunghiamo di una settimana e viaggiamo ancora>>.Chiesi con
gli occhi di chi sperava nella pazzia.
<<Devo
tornare a casa purtroppo…ho molto da fare>>.
Sapevo già
la risposta ma tentare non nuoce mai e avevo provato il mio colpo di coda…
Donoussa
era stata una piacevole scoperta…i suoi silenzi,le sue macchine assenti e
l’assoluta assenza di persone davano a questo luogo un ardore antico e un’anima.
L’Express
Skopellitis ci aspettava in quel pacifico porto e la destinazione era di nuovo
Naxos e poi Atene.
Avevo
ancora molte settimane di tempo libero da trascorrere in Italia ma un senso di
malinconia e di strappo si stava già diffondendo in me…Non credevo giusto che
tanta bellezza e famigliarità fosse concentrata in un solo posto così lontano da
me.
A Naxos ci
gustammo un pranzo in una taverna sul porto e vedevamo un’isola diversa rispetto
all’arrivo…dal balcone dove eravamo seduti potevamo vedere un pullulare di
persone sotto di noi,grida e rumori di macchine…tristemente eravamo tornati alla
realtà.
IL Ritorno
Sono seduto
nel mio soggiorno e in casa non c’è nessuno e qui è quasi ora di
pranzo..l’orologio clicca facendo sentire il rumore in tutta la casa e dalla mia
finestra vedo una strada con macchine che passano in continuazione e i soliti
rumori di una grande città...
Mi basta
chiudere gli occhi però...sapete?
Si…Chiudere
gli occhi mi fa sentire sulla pelle il calore di un sole lontano e
diverso…sentire il suono di un flauto e il ritmo di una musica lontana...
Già…alla
fine basta chiudere gli occhi e continuare a sognare…fino a quando non saremo
li…ancora una volta a sentire il vento sulla faccia e a vedere il tramonto della
verità.