21
luglio:
la
giornata è rovente, e neppure viaggiare in moto mitiga la
temperatura. Percorriamo i 160 km che ci separano da Ancona in una
nuvola di calore.
Ma
l'umore è alle stelle e, finalmente al porto, dopo il check-in,
stringo come un trofeo il cartoncino da esporre sul parabrezza:
Igoumenitsa.
Il
ponte del Cruise Olympia Minoan sarà la nostra camera da letto
condivisa: visto il ritardo nella prenotazione, unica sistemazione
rimasta disponibile.
Evidentemente la campagna mediatica anti-Grecia di quest'anno, non
è riuscita nel suo intento.
Io
sono contenta di questa sistemazione sotto le stelle accarezzati
dal vento: attraversare il mare nel buio della notte sapendosi
diretti in Grecia e intravedere le coste alla luce dell'alba, è
sicuramente più emozionante che non sbucare da una cabina
scoprendosi già arrivati.
Sarà
un viaggio che ripercorrerà strade già percorse, ma anche strade
nuove. Soprattutto toccherà luoghi che sono essi stessi simboli
del viaggiare, veri luoghi di culto, viaggi nel viaggio:
l'Acheronte e la discesa nell'Aldilà; la Rupe Bianca di Lefkada,
testimone del salto senza ritorno di Saffo; Itaca, l'isola
ritrovata di Ulisse, il grande peregrinatore; poi Zante, l'isola
mai più rivista dall'esiliato Foscolo.
L'EPIRO
Lo
sbarco ad Igoumenitsa ha sempre il sapore del ritorno e insieme
dell'avventura. La moto salta quasi dal ponte del traghetto, e,
impaziente imbocca la strada costiera verso sud, deserta, come
sempre. Siamo diretti ad Ammoudià,
50 km a sud di Igoumenitsa, il punto in cui il sacro Acheronte
sfocia nel mare. ”Rupe
ivi s'alza, dove due fiumi s'urtano tra loro rumoreggiando, e
uniti nell'Acheronte cadono: Cocito, ramo dello Stige, e
Piriflegetonte”...”Là dove vive il popolo dei Cimmeri,
avvolti dalla nebbia e dal buio eterno”
(Omero, Odissea)
Dalla
statale si imbocca sulla destra un piccolo bivio che dà su una
strada solo inizialmente brecciata: percorrendola verso il paese,
il panorama si apre sui prati solcati da zone paludose, porte di
mondi misteriosi...
Se
la suggestione non giocasse un ruolo determinante, Ammoudià non
sarebbe che un paesino come tanti: piatto, poche case, qualche
taverna, campeggiatori sotto gli alberi alle spalle della
spiaggia, camperisti a fianco della foce del fiume. Un clima da
avamposto del nulla. Mi piace. Il turismo che lo frequenta è
silenzioso e rispettoso; notiamo diversi austriaci.
Nonostante
il paese sia molto piccolo, riusciamo a perderci e girare in tondo
per un po' prima di trovare il nostro studios. Posati gli zaini,
non riesco a rinunciare ad un bagno dove immagino approdò la nave
di Ulisse, avvistando le stigie paludi: il mio primo bagno greco
del 2015.
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primo
bagno greco del 2015
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Siamo
a meno di una ventina di km da Parga,
per cui l'idea è di farci una passeggiata e magari restarvi per
cena.
È
deliziosa come la ricordavamo. Saliamo al Kastro Veneziano, che si
visita liberamente, offrendo bellissimi scorci sul mare e
l'isolotto della Panagia Maria, ottimi soggetti fotografici.
Ora
non ci resterebbe che scegliere un ristorante, ma sgomitando tra
le viuzze piene di turisti, io e mio marito ci scambiamo uno
sguardo: meglio la tranquilla Ammoudià. Torniamo alla base e ci
fermiamo alla Taverna O Pateras, l'ultima delle poche, sull'argine
del fiume. La cena è ottima, e ci godiamo pure un colorato
tramonto in prima fila.
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Ammoudià
e il suo lungomare tranquillo
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Passeggiamo
sul piccolo molo che costeggia da un lato il fiume e dall'altro il
mare; l'aria è calda, ferma e surreale. Ci sediamo un po'
timorosi sulle sdraio sotto i piccoli ombrelloni in riva al mare,
come se di notte ciò fosse vietato come in Italia. Invece non
succede nulla: se volessimo, potremmo anche dormirci su queste
sdraio.
Il
mattino dopo, dal centro del paese, prendiamo la strada per
Mesopotamos
verso l'Nekromanteion,
l'antico santuario dove l'oracolo si metteva in contatto col mondo
dei morti e pronunciava le sue profezie. Entrati nel sito, si deve
prima superare ciò che resta delle stanze, diciamo, di
anticamera: i dormitori dei pellegrini, la sala di purificazione e
quella delle offerte con i grossi vasi. Poi si scendono i gradini
che portano nella stanza sotterranea, dove ammetto si percepisca
una strana energia. Suggestione.
Usciti
dal Sito, per le sorgenti dell'Acheronte si prosegue a Nord,
indifferentemente verso destra o sinistra, seguendo le indicazioni
per Gliki
o per Acheronte
Springs
(poi le strade si congiungono). Noi prendiamo la seconda
direzione, godendoci il vento caldo su questa strada di campagna.
Arrivati alle sorgenti, troviamo un ombroso parco dove scorre,
limpidissimo, il fiume.
Non
mancano i campeggiatori, nei posti più impensati. Immergiamo i
piedi nell'acqua gelida e iniziamo a risalire la corrente. Con noi
c'è tanta gente, compresi bambini che fanno il bagno.
Ad
un certo punto però l'acqua si fa troppo alta, oltre che
freddissima, non abbiamo costume e non possiamo buttarci in acqua
con vestiti, zainetti, macchina fotografica, telefono, ecc. Così
guardiamo la gola senza poterci entrare. L'emozione è stata
ugualmente forte e la deviazione imperdibile.
Di
nuovo in sella, discendendo verso la costa su questa strada tutta
per noi, fino ad immetterci di nuovo nella E55, superando le
bianche spiagge di Preveza
e il tunnel sotto il mare.
LEFKADA
Siamo
già stati a Lefkada 4 anni fa, ma l'isola bianca resta tra le mie
più amate.
All'ingresso
dell'isola, appena superato il ponte che la congiunge alla
terraferma, diretti a Vassiliki,
percorriamo la più svelta strada ad est. La parte est è tutta
golfi, con rive basse e la vista che arriva e si perde nelle
numerose isole vicine. È un panorama molto dolce e
rilassante, ma che non ha il pathos della parte Ovest, né il
colore incredibile del suo mare.
Lo
studios prenotato è lo Steven a Vassiliki. Mi sento di
consigliarlo: vista strepitosa sulla baia da ovest e camere enormi
con balconcino.
Il
tempo di posare i bagagli, e inizio a tormentare il marito, perché
voglio andare subito in una spiaggia saltata la volta precedente:
Aghiofili.
Ad est della baia , dietro al Porto, si prende la stradina verso
l'Hotel Apollo, poi lo si supera per 2 o 3 km di sterrato. Da dire
che anche la piccola spiaggia che si trova proprio sotto l'Hotel
non è niente male. Noi invece ci facciamo lo sterrato, facendo
prendere alla moto un bel colore rosso-terra. Si parcheggia poi il
mezzo e si prende un sentiero tra gli alberi. Nella direzione
opposta, ben indicata da un cartello scritto a mano su un fondo di
scatola di merendine appeso ad un albero, c'è la spiaggia di
Ammouso a 2 km.
Arrivati
alla scalinata che sovrasta la baia di Aghiofili, la vista
dall'alto ci dà un po' di amarezza: la piccola spiaggia è un
incanto di bianco e di azzurri, ma gli ombrelloni ed il brulicare
sono esagerati.
Scendiamo
i gradini e ci buttiamo in acqua, mentre un barcone per fortuna si
porta via un bel po' di gente, creando delle “belle” ondate.
Restiamo a mollo per poco: la bellezza è tanta, ma lo spazio
scarseggia. Così,
da bravi turisti che odiano i turisti, come dice mio marito,
ce la filiamo verso un altro luogo di forti suggestioni: Capo
Dukato.
La
strada sale da Vassiliki e poi si snoda tra profumati pini. Sembra
di non arrivare mai, con il Faro là in fondo, mostrato e nascosto
dalle tante curve. Finalmente parcheggiamo. Possiamo arrampicarci
verso il faro e le rocce circostanti, protese sull'abisso.
Da
qui i sospettati di crimini venivano fatti saltare con ali
posticce: se si salvavano erano innocenti. In questo stesso luogo
sorgeva un tempio dedicato ad Apollo, e, durante le feste del dio,
si inscenava una specie di teatro dell'immortalità, facendo
gettare dalla rupe qualcuno che poi veniva salvato con le barche.
Luogo di culto, di morte, di rinascita. Da qui la sfortunata Saffo
si tolse la vita per l'amore non ricambiato verso il traghettatore
di Lesbo, Faone, trasformato in un bellissimo giovane da Afrodite.
Quanto fascino ha esercitato nei secoli la sfortunata Saffo, la
“decima musa”, e quanti versi vennero dedicati a lei
dall'eminenza della poesia... Quale sarà la rupe giusta tra
queste lame di roccia tagliente? Quale l'abisso più spaventoso?
Mi affaccio ovunque posso, con la cautela di non avere mio marito
alle spalle...Protendersi nel vento dà davvero i brividi.
Il
sole inizia a scendere e Luigi inizia a scalpitare: vuole
rientrare prima di notte, ma riuscirò perfino a convincerlo a
farlo scendere alla spiaggia di Porto
Katsiki,
sulla via del ritorno. Spettacolo! Questa spiaggia, sempre
immortalata di giorno, ha una luce meravigliosa sotto gli ultimi
raggi del sole. Dalla scala che parte dal parcheggio e sale verso
il mare aperto, si ha l'impressione di potersi librare in volo.
Ancora vertigini, ancora brividi di bellezza.
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Porto
Katsiki al tramonto
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Porto
Katsiki al tramonto
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Ma
brividi anche in moto, poco vestiti, con la notte ormai calata.
Questa è anche una zona molto più fresca del litorale in basso.
Arriviamo a Vassiliki verso le 23, infreddoliti e affamati, ma
anche molto soddisfatti.
Tutta
la costa Ovest di Lefkada è un susseguirsi di spiagge
bianchissime e mare turchese, ma, con porto Katsiki, altra regina
è Egremni.
Si scendono (e poi risalgono) 350 gradini per arrivarci, ma è una
spiaggia che ne meriterebbe anche 1000.
Ghiaietto
candido che si trasforma in ghiaione o sabbia secondo le zone.
Acqua tra le più turchesi mai viste; trasparente, brillante,
invitante. La spiaggia è lunga, riparata da un costone bianco;
chi vuole la zona servita potrà trovarla al centro, come potrà
trovare angolini isolati.
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Luce
e trasparenza a Egremni
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Perfino
i barconi che scaricano gli escursionisti hanno il loro spazio al
margine sud, non dando fastidio a nessuno.
Questa
è la classica spiaggia dalla quale non riesco a staccarmi, come
non riesco a smettere di bagnarmi: ancora uno, ancora l'ultimo
bagno...
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...ancora
un bagno...giuro che è l'ultimo! - Egremni
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Più
a nord di Egremni, la grande Platis
Gialos
ha acqua altrettanto trasparente, ma essendo completamente esposta
al sole, è un inferno nelle ore centrali della giornata.
Dedicheremo
una giornata anche all'est dell'isola, quasi completamente
trascurato nel precedente viaggio. Panorami attraenti e
promettenti, ma se cercate un mare da urlo, dopo l'Ovest secondo
me non c'è partita. Scendiamo ad Afteli,
che dall'alto è molto gradevole seppur piccola, ma troppo
pietrosa per i miei gusti, con troppe barchette ormeggiate a riva
ed anche abbastanza sporca. Bello però è sostare sotto la
frescura degli alberi.
Facciamo
poi una passeggiata nel poco distante paese di Sivota,
che in realtà non è che un porticciolo costeggiato da
ristoranti.
Ci
spingiamo infine per qualche km nel verdissimo interno dell'isola,
fermandoci a cenare nel paese di Fterno,
alla taverna “Filippas”, incastrati da una vecchia
“buttadentro” . Il panorama dal nostro tavolo è affascinante,
ma un nugolo di api non ci darà tregua. Del resto il miele delle
Ionie è un prodotto sopraffino: da qualche parte dovrà pur
venire... L'unico felice sarà un gatto che mi aiuterà a finire
un piatto di carne dalle dimensioni inaffrontabili, ormai pure
pieno di api... Non ho mai visto un gatto mangiare tanto.
Il
breve “ripasso” di Lefkada sta per finire: domani ci
sposteremo in un albergo a Nidri per essere più comodi per il
porto da cui partono i traghetti per Meganissi e Itaca. Intanto,
stanotte, con le finestre aperte, ci cullerà nella notte il canto
del mare.
MEGANISSI
L'antica
isola di Tafo, abitata dal popolo di navigatori discendenti da
Tafio, figlio di Poseidone. Nell'Odissea, la dea Minerva prende le
sembianze di Mente, principe dei Tafii, per recarsi alla reggia di
Itaca ed esortare Telemaco ad andare alla ricerca del padre.
La
verdissima isola è piccola, ma sviluppa un litorale fatto di
anfratti e calette, molte delle quali raggiungibili solo in barca.
I litorali sono praticamente tutti di sassi.
Vi
sono due porti: Vathi
e Spilia,
e spesso si attracca in un porto e si riparte dall'altro. Partiamo
dal porto di Nidri a mezzogiorno e rientreremo la sera: il
tragitto per Spilia è di una ventina di minuti su un traghetto
che trasporta anche le auto (altri 20 minuti per Vathi).
Non
abbiamo un vero e proprio itinerario, ma ci muoveremo un po' a
caso, volendo visitare i villaggi, e magari fare anche un bagno.
Appena
sbarcati a Spilia, si percepisce già il carattere dell'isola,
completamente indifferente ai turisti. Non riuscirò a procurarmi
una mappa, e mi adatterò con quella da me disegnata a mano...
Da
Spilia ci spostiamo a Vathi, che sarebbe stata la seconda fermata
del traghetto. Seguiamo la strada costiera verso destra, ma non
troviamo alcuna caletta che ci attragga, così decidiamo di salire
al villaggio di Katomeri,
piccolo e tranquillissimo come gli altri. A qualche km si trova la
Limonari
beach,
dove ci dirigiamo per un bagno. Piccola, di sassi, ma con acqua
limpidissima e un baretto alle spalle.
Dopo
il bagno, torniamo a Katomeri: abbondanza di viti, di fiori, di
vecchie case sopravvissute al terremoto del 1953. Grandi grappoli
d'uva pendono dalle capanne di vite, insieme alle bottiglie di
plastica che fanno da trappola per le vespe. Anche qui totale
indifferenza ai turisti, tant'è che non è neppure possibile
dissetarci al bar della piazza principale, che, vista l'ora, è
chiuso. Men che meno sarebbe possibile trovare un negozio per
comprare un po' di frutta. Ciò mi fa molto piacere: vuol dire che
la vita qui scorre con il solo ritmo degli isolani.
Il
sole picchia ancora forte, ma noi abbiamo poche ore per avere
un'infarinatura del luogo, per cui ci muoviamo alla volta di
Spartochori.
Per me il più caratteristico dei paesini visitati, con le case
bianche o color pastello, i tanti gatti e la bellissima chiesa.
In
certi scorci ha qualcosa di cicladico. Anche qui tanto silenzio, i
negozi chiusi e gli abitanti ancora al fresco delle case con le
persiane accostate. Ci sediamo all'ombra di un albero, sulla
terrazza che domina la baia di Spilia. Da qui si può anche
scendere a piedi fino al porto, con una piacevole e ombrosa
passeggiata.
Il
traghetto per Nidri è alle 19.30, per cui c'è ancora tempo per
un altro giro di perlustrazione. Strade senza traffico, recinti
con asini, mucche, capre. Un'isoletta molto bucolica, che offre
vacanze di mare soprattutto a chi possiede un'imbarcazione,
offrendo attracco ma non la classica ospitalità turistica sulla
terraferma. Credo sia un luogo adatto a chi ha davvero voglia di
riposare.
Le
spiagge sassose non sono forse comparabili con quelle della vicina
Lefkada, ma anche queste possono essere adatte per allontanarsi da
tutto. Mentre ero a mollo nell'acqua della spiaggia di Limonari
(che non credo proprio sia la migliore, nonostante non ne abbia
viste altre), mi sentivo proprio fuori dal mondo. La
conformazione stessa di Meganissi, con tutte quelle insenature,
dita, corna d'alce o punte di tridente che siano, sembra la più
adatta per nascondersi.
Insomma
la piccola isola mi ha intrigato, e volentieri ci avrei passato
qualche ora in più. Siccome
non siamo rimasti per la serata, momento in cui i turisti e gli
abitanti dovrebbero uscire dalle tane, avrò sempre il dubbio se
questa isola sia abitata o meno...
Tornati
a Nidri, che tanto avevo snobbato nel precedente viaggio, ho un
pochino rivalutato questa località. L'ho trovata meno invasa,
meno fastidiosamente commerciale. Chissà, magari dopo
l'esperienza su Meganissi, ci è sembrato piacevole il passeggio
sul lungoporto pieno di gente e ristoranti. La nostra ottima (e
abbondante) cena alla taverna Symposium, proprio di fronte allo
sbarco, sarà anche allietata da musica e balli.
Domattina
alle 8.30 avremo il traghetto per Itaca.
ITACA
Solo
il nome evoca i banchi di scuola, e, per la nostra generazione,
l'appuntamento con l'Odissea televisiva degli anni 70. Basterebbe
questo a farne un luogo mitico.
Ora
alcuni studiosi vogliono portare altrove l'isola natale di Ulisse,
addirittura in un'isola del Nord Europa. Ma noi Itaca la vogliamo
qui, ne riconosciamo la morfologia e il carattere. E' qui la casa
di Ulisse.
Il
traghetto approda al porto di Frikes dopo meno di 2 ore, e
mettiamo piede sulla “pietrosa Itaca”.
Ho
letto che il paesino di Frikes
ha fama di essere abitato da gente rissosa, famosa per le faide.
Al momento sembra solo un pugnetto di case disabitate. Con le
spalle al mare, prendiamo la strada costiera a sinistra: in un
paesaggio verdeggiante strizzano l'occhio piccole calette sassose.
Ci
fermeremo al ritorno: per ora proseguiamo verso Kioni. È
un gioiello colorato, affacciato su una baia raccolta, popolata di
barchette di pescatori e qualche yatch. Le case in pietra,
abbellite da fiori e tralci di vite, alcune adibite a studios da
affittare, sono ancora silenziose, sebbene dalle finestre inizino
a frasi strada olezzi di soffritti, pomodoro ed erbe aromatiche.
Kioni
è un po' il “salotto buono” di Itaca, ma un salottino davvero
intimo e di classe, senza sfarzi ne' eccessi. Continuiamo lungo la
stradina, poco più che un sentiero asfaltato, che supera il paese
costeggiando il mare in direzione dei mulini. Dopo un paio di km
scendiamo ad una spiaggetta, sempre di ciottoli, che ha la
particolarità di avere il cimitero alle spalle. Non ne restiamo
colpiti, e torniamo indietro verso Frikes, con l'idea di fermarci
in una di quelle calette già viste. Una piccola scala dalla
strada, e siamo a mollo in un'acqua splendida.
Ma
anche ad Itaca resteremo solo una giornata, e la nostra priorità
non sono le spiagge, ma semmai i paesaggi, che, per un'isola così
piccola, ci stupiranno per bellezza e varietà.
Da
Frikes deviamo verso l'interno a Stavros,
paese all'incrocio di strade (come dice il nome). Da qui,
imboccando la strada per Exoghì, c'è la deviazione per i resti
di quello che si suppone fosse il Palazzo di Ulisse. Lo sterrato è
abbastanza impegnativo e, visto che non si accenna ad arrivare e
mio marito mi ricorda che la nostra non è una moto da enduro,
torniamo indietro. Saliamo comunque fino al paese di Exogi, dal
quale si gode un panorama superbo sul mare e in particolare spicca
la baia di Afalés, la più grande di Itaca.
Sia
Exoghi che Stavros sono paesi ben differenti dalla vezzosa Kioni:
essenziali e solitari, stuzzicanti e misteriosi.
Riscendiamo
a Stavros, e sulla piazza del paese c'è la ricostruzione plastica
e fotografica del Palazzo che non abbiamo raggiunto, oltre al
busto del mitico eroe Odisseo.
|
Il
busto di Odisseo a Stavros
|
Dopo
pranzo (in piazza ci sono due ristoranti), ci dirigiamo ad Anoghi.
Per arrivarci si può fare la strada costiera, oppure passare
dall'interno. Scegliamo questa opzione, e non ce ne pentiremo. La
strada è solo nostra e delle caprette sui massi.
Ulivi,
tantissimi, di cui alcuni enormi e modellati dal tempo e dalla
natura in forme bizzarre: pensiamo al tronco nel quale Ulisse fece
scolpire il proprio talamo nuziale. E poi, lungo la strada
iniziano a comparire massi megalitici. In corrispondenza del
villaggio di Anogi,
sono la caratteristica principale. Ai lati della strada, enormi
menhir e evidenti resti di antichi insediamenti. Immaginiamo
l'antica civiltà, padrona di questo spettacolo naturale: mare,
cielo, ulivi, golfi. Siamo sulla cima del monte Miritos che in
effetti è solo 510 metri, quindi poco più di una collina, eppure
dominiamo il panorama con un senso di vertigine, accresciuto
dall'essere sulla moto.
|
Panorama
dal monte Miritos
|
Prima
della discesa, si arriva ad un faro da cui ancora si può spaziare
con lo sguardo. Adiacente al faro vi è il monastero della
Panaghia Katharòn. I
monaci scelgono sempre i posti più belli, con la scusa di
sentirsi più vicini a dio...
La
strada scende tortuosa verso l'istmo che rende Itaca quasi divisa
in due: siamo diretti a Vathi,
ma non possiamo fare a meno di notare lampi di azzurro e bianco
sul litorale dell'istmo che guarda l'isola di Cefalonia. Sono
promesse di belle spiagge, ma non abbiamo tempo per esplorare la
zona. Poco prima di Vathi, siamo attratti dalla spiaggia di Dexia,
quella dove,
si dice, attraccò la nave di Ulisse.
La serbiamo per il ritorno, visto che, per arrivare al porto di
Pisaetos da cui dovremo imbarcarci, dovremo ripassare da qui.
Vathi
è un paese un po' snob, affacciato sulla baia, reso pieno di
colore dalle belle case di stampo veneziano. Al margine est del
golfo, ci fermiamo nella spiaggia cittadina, ma il vento che
inizia a farsi insistente, ci fa desistere. Risaliamo in moto e
proseguiamo sempre verso est, e dopo pochi minuti scendiamo in una
spiaggetta riparata, senza vento e qualche albero. I colori sono
splendidi e l'acqua trasparente, ma noi non amiamo sassi e pietre,
e probabilmente qui ad Itaca è proprio una sfida non trovarne.
A
questo punto siamo anche un po' stanchi (è dal mattino che
trottiamo), ma è ancora presto per la cena. Così, dopo un
giretto a Vathi, ritorniamo alla spiaggia di Dexia, sistemandoci
all'ombra degli alberi e ordinando il classico spuntino: insalata
greca e birra. Si sta benissimo, con la compagnia di 5 simpatici
gattini.
Buon
modo per rilassarsi, finché il vento non inizia a rinforzare, con
il mare che, agitandosi, pian piano si mangia la spiaggia. Questo
ci convince a spostarci di nuovo: in quest'isola così ricca di
insenature, basta fare poche centinaia di metri per trovare mare
calmo o mosso, vento o calma piatta.
Il
traghetto per Cefalonia è alle 21.30. Sulla strada verso il porto
di Piso Aetos, vi sono i resti di un antico insediamento dell'VIII
sec. a.c. I ruderi dell'antica città guardano l'isola di
Cefalonia, quasi a sfidarla.
Poco
prima del porticciolo, si vede una spiaggetta che sembra
interessante, raggiungibile dal porto stesso a piedi, zigzagando
tra le pietre.
In
generale direi che le spiagge di Itaca sono molto attraenti viste
da lontano, ma poi si rivelano abbastanza scomode per i fondali
sassosi e, anche, pietrosi e sconnessi. Molte si raggiungono solo
dal mare. Definirei Itaca un'isola di forte impatto emotivo, con
panorami superbi e molto variegati, ma poco adatta alla vita di
mare tradizionale. Del resto non cercavamo quella, venendo da
Lefkada ed essendo diretti a Zante.
Il
traghetto arriva con quasi un'ora di ritardo. Se si pensa di poter
mangiare qualcosa al porto, non è possibile. In questa zona non
c'è nulla: solo l'attracco.
Tra
Itaca e Cefalonia c'è solo un corto braccio di mare: le luci sul
ponte del traghetto vengono spente, così vedremo solo la luce
della luna che si riflette su un'acqua quasi ferma. Il buio, il
caldo della notte e il silenzio dei passeggeri, rendono la scena
irreale.
CEFALONIA
Dopo
una buona mezz'ora, ecco la sagoma rassicurante del porto di Sami,
con le sue luci e il suo passeggio. Abbiamo prenotato una notte
all'Hotel Kyma, proprio di fronte all'attracco del traghetto.
Cefalonia, che comunque abbiamo già visitata, sarà solo il
nostro ponte per l'isola di Zante.
Passiamo
davanti all'hotel almeno un paio di volte senza vederlo (non
perdiamo mai occasione per allungare la strada) ma finalmente
riusciamo ad andare a dormire. L'indomani avremo il traghetto da
Pessada alle 18 (ce n'è uno anche alle 8, ma non intendiamo
massacrarci con la levataccia), per cui l'idea è di passare la
mattina alla spiaggia di Antisamos, che è vicinissima.
La
spiaggia di Antisamos
non è esattamente come la ricordavamo 4 anni fa. C'eravamo stati
di pomeriggio e in agosto, per cui era molto affollata e non
poteva dare il meglio di sè. Ora invece non sono nemmeno le 10 di
mattina e non c'è quasi nessuno, nemmeno le api che tanto ci
tormentarono quella volta. Ecco dall'alto la grande baia a
mezzaluna, con l'inconfondibile colore azzurro che si scioglie nel
blu, virando leggermente al verde, per via della vegetazione che
vi si specchia.
La
ghiaia è molto sottile nella zona nord, di fronte all'ingresso
principale della spiaggia, mentre diventa distesa di veri e propri
sassi verso il lato sud.
Dopo
vari bagni, sulla strada del ritorno, vogliamo prendere la
deviazione segnalata per l'Antica Sami. Saliamo di poco tra i pini
e gli ulivi, ed è il passato a venirci incontro. L'acropoli è
solo un ammasso di ruderi e pietre, così come i resti delle mura
di fortificazione, eppure il luogo ha una sua solennità, che si
contrappone al vociare delle spiagge. Immaginiamo ancora il tempo
lontano, ma che eppure è esistito, in cui questa prospera città
si affacciava sul golfo, di fronte alla dirimpettaia Aetos.
Si
sogna, si sogna, ma, dopo essere rientrati in albergo per doccia e
bagagli (la camera resterà gentilmente a disposiziopne fino alle
13) è ora di rimettersi in sella, con molta calma, verso Pessada.
Attraversiamo l'isola da est ad ovest verso Argostoli,
che, dopo una mezz'ora, si abbraccia dall'alto con lo sguardo. La
paciosa, un po' sonnolenta cittadina, è pronta ad offrirci un
luogo di siesta e ombra nei giardini lungo la laguna di Koutavos,
dove pranzeremo con panini e birre.
Ci
rimettiamo in moto verso le 15, con l'idea di salire, prima di
Pessada, al castello di Aghios Georgios, che anni fa non potemmo
visitare perché chiuso di lunedì. Naturalmente anche oggi è
lunedì, ma non rinunciamo a percorrere questi pochi km per
goderci la vista superba. Da qui l'occhio spazia su una Cefalonia
meravigliosamente tranquilla, su colline e azzurre spiagge
sabbiose. Mi sento di rivalutare parecchio anche questa parte sud
dell'isola, che mi appare come un'oasi di calma e di avvolgente
serenità.
|
il
sud di Cefalonia, visto dal castello di St. George
|
Arriviamo
al porto di Pessada in netto anticipo, restando davvero stupiti
dalla bellezza dell'acqua del porto, dove diverse persone
approfittano per un bagno.
Appena
prima del parcheggio, c'è una Taverna con un fresco ed arieggiato
giardino, dove è possibile anche mangiare qualche souvlaki. Dal
giardino-terrazza sul mare, si scorge una spiaggia bianchissima
appena di fronte.
Il
biglietto per Zante si fa direttamente all'imbarco, dove un po'
prima della partenza si posiziona un signore con una sedia...
ZANTE
Si
parte da Pessada alle 18 e si arriva all'incirca alle 19.30.
L'arrivo è al porto nord dell'isola: quello di Agios Nikolaos.
Prima di attraccare si costeggiano Capo
Skinari
col suo faro e le grotte marine: un assaggio assai suggestivo
dell'isola.
Il
nostro studios è il Villa Pantis, a Kypseli,
circa a metà della costa est. Arrivarci non sarà affatto
semplice, soprattutto perché non ricordavo di essermi scritta il
percorso dettagliato (che troverò all'arrivo) e facciamo
affidamento su indicazioni molto approssimative. Non abbiamo una
cartina, e molti pare non conoscano affatto questo paese. Tra
giri, inversioni, allungamenti di strada e pure una mia comica e
rovinosa caduta dalla moto mentre chiedo indicazioni ad una
signora, riusciamo ad arrivare poco prima di notte. In effetti, le
strade e le scorciatoie per arrivare a questa località sono
talmente tante, che è molto difficile dare l'indicazione giusta e
molto facile perdersi. Siamo praticamente tra Alikes
e Tsilivi,
in campagna a pochi passi dal mare. Un posto bellissimo, di una
tranquillità unica. Se volete dormire nel silenzio, lo consiglio
assolutamente. Noi abbiamo un comodo e spazioso studios al piano
terra. La villa è circondata da un curato giardino vista mare, a
disposizione di tutti.
Intorno
ci sono campi di ulivi e di cipolle, e un grande orto dove
scorrazzano le galline.
Le
nostre giornate si sono svolte tutte alla stessa maniera: un tour
de force ininterrotto dal mattino alla sera, per cui, una volta
rientrati in albergo non avevamo più la forza di allontanarci per
la cena. Perciò, parcheggiata la moto, abbiamo preferito cenare
tutte e sei le sere nella stessa taverna: Crossroad sulla strada
principale. Abbiamo sperimentato gran parte del menu e possiamo
dire che si mangia davvero bene. La taverna è l'ideale per chi
ama la carne alla brace, sempre piena di greci e con dolce offerto
dalla casa. Il vino che viene servito è ottimo. L'uva di Zante
del resto produce vini eccellenti, che, come il miele, il torrone
e le gigantesche cipolle, sono ottimi souvenir da portare a casa.
Zante,
come Lefkada e come Cefalonia, ha una conformazione caratterizzata
da una costa Ovest scoscesa e con panorami drammatici, una costa
est con spiagge sia di ciottoli che di sabbia più accessibili, ed
una costa sud sabbiosa e piatta.
Resteremo
su quest'isola sei notti e cinque giorni pieni ed intensi. Ciò
che segue, sono le spiagge che riusciremo a vedere.
ZANTE
IN SENSO ORARIO; DA NORD A NORD
VERSANTE
EST
Capo
Skinari
è la punta nord dell'isola, con il faro che guarda l'isola di
Cefalonia. Leggermente a sud-est del faro, si trova un mulino
ristrutturato.
Da
qui parte una larga scalinata con vista spettacolare a picco sul
mare, che termina su una piccola piattaforma dalla quale è
possibile tuffarsi.
Da
questo punto si possono anche raggiungere a nuoto le famose grotte
blu, che sono a pochissima distanza. È lo stesso punto in
cui dalle barche delle escursioni vengono fatti scendere i turisti
per il bagno in mare.
Riprendendo
il mezzo di trasporto, la strada si biforca verso ovest o verso
est, dove ci stiamo dirigendo. 5 km a sud si incontra il
porticciolo di Agios
Nikolaos,
dove arrivano e partono i traghetti per Cefalonia, ed anche
qualche escursione in barca per il Navajo
e per le Grotte. Noi in effetti, sebbene fossimo diretti a Porto
Vromi
per prendere la barca più vicina al Navajo (soffro il mare), ci
siamo lasciati convincere da un simpatico ragazzo a partire da
qui. Da questo punto ci vuole un' ora per arrivare al Navajo
(compresa una prima sosta di una decina di minuti per entrare alle
grotte), poi si viene lasciati per un'ora alla spiaggia del
Navajo, infine si rientra facendo una nuova sosta di un quarto
d'ora alla zona delle Grotte, stavolta per un bagno (abbiamo
pagato 25 euro in due).
Dal
Porto di Agios Nikolaos, dove eravamo rimasti, continuando ancora
a sud, si arriva, costeggiando uno dei panorami più belli di
Zante, alla spiaggia di Makris
Gialos.
Mezzaluna ghiaiosa, incorniciata da grotte, alla quale si accede
attraverso una brevissima scalinata dalla strada principale. È
servita da qualche ombrellone e ombreggiata dalla stessa roccia.
Tornando
sulla strada e proseguendo ancora a sud, dopo pochissimi km, un
odore inconfondibile di zolfo farà preludere alla spiaggia di
Xigia. Piccola e affollata, ma imperdibile per il suo carattere
termale e per il colore turchino del suo mare.
Anche qui si lascia il mezzo sulla strada e si scende, stavolta,
prima da scale, poi da una discesa abbastanza ripida.
Dopo
questa spiaggia, sempre continuando a sud, l'orizzonte si allarga
sul grande golfo di Alykès, dove si troveranno paesi turistici e
un susseguirsi ininterrotto di spiagge di sabbia fine e bassi
fondali. Da Katastari c'è un bivio sulla sinistra, che fa
abbandonare l'alta strada panoramica per arrivare alla zona
turistica da dove hanno inizio le spiagge. Se si perde il primo
bivio, ce ne saranno altri. La spiaggia più grande e più
frequentata di questa zona è quella di Alykès, ma è anche la
meno bella, nel senso che, purezza dell'acqua a parte, potrebbe
tranquillamente essere scambiata per una spiaggia popolare del
nostro Adriatico.
Cercando
di costeggiare il mare, zigzagando tra i villaggi, si
incontreranno Alikanàs, Ammos, Ammoudi, Drosia, Psarou. Sono
tutte spiaggette poco o per niente attrezzate, ma sempre dotate di
taverna. Essendo vicine al nostro alloggio, le abbiamo scelte al
mattino presto o alla sera, quando il mare era una tavola. Sono
molto adatte ai bambini, perchè l'acqua resta bassa per metri e
metri. Al primo impatto visivo, per via della sabbia non
chiarissima, il colore del mare non è certo il turchese
abbacinante di altre spiagge, ma una volta a mollo si apprezza
l'assoluta trasparenza dell'acqua.
Ancora
a sud, pochissimi km prima della capitale Zacinto,
si incontra la turistica Tsilivi,
dotata di una spiaggia sabbiosa lunga ben 6 km, ma che, per
mancanza di tempo, non abbiamo sperimentato. Si svolta a sinistra
dopo Tsilivi e la strada sale per poi ridiscendere a Zacinto.
Lungo questo tratto, alle spalle della città, in località
Bochali, c'è sulla destra il bivio per il Castello Veneziano. Noi
l'abbiamo trovato chiuso per ben due volte, ma anche solo arrivare
alla piazzetta dove la vista può spaziare sulla città e molto
oltre, vale assolutamente la pena.
|
la
vista su Zacinto dal Castello Venneziano
|
Zacinto
è una colorata cittadina di stampo veneziano, la cui chiesa di
San Dioniso, vicino al porto, ne è un po' il simbolo. La chiesa è
una mescolanza di stile bizantino e occidentale, con un accecante
interno completamente decorato in oro.
Del
nostro Foscolo, che tanto rimpianse le “sacre
sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque”,
non riusciamo a trovare, a parte il busto in piazza Salomos, il
luogo dove sorgeva la casa.
È
piacevole lasciare il lungomare e incamminarsi per le vie più
defilate, tra negozi di frutta e verdura, piccole e antiche
pasticcerie e panifici.
Sulla
collina di Strani che domina la baia, altro luogo da cui ammirare
un panorama eccezionale, trovava rifugio e ispirazione il poeta
Salomos, che qui compose il famoso Inno alla Libertà, le cui
prime due strofe divennero il testo dell'Inno nazionale greco.
Scendiamo
ancora a sud costeggiando il mare, e incontriamo il villaggio di
Argassi, altra località turistica molto frequentata. Da qui in
poi entreremo nella zona privilegiata dalla tartaruga
caretta-caretta per la deposizione delle uova. Procedendo ancora
verso sud, si incontra la spiaggia di Porto Zoro (o Porto
Azzurro), con una breve deviazione dalla strada principale. Stessa
prassi per la spiaggia di Banana, grande, bella, attrezzata e
commerciale. Ancora più a sud c'è la spiaggia di Agios Nikolaos,
definita dal ragazzo che ci serve al ristorante, la più bella di
Zante. Probabilmente il ragazzo cerca di interpretare i gusti
della maggior parte dei turisti stranieri. In realtà la spiaggia
è molto bella, sotto una piccola collina sulla quale svetta la
bandiera greca a fianco della chiesetta dedicata appunto ad Agios
Nikolaos. Ma il frastuono di questa spiaggia è indescrivibile:
non è musica, é bombardamento. Per non parlare dei motoscafi che
continuano a partire ed arrivare. Mio marito vorrebbe scappare
immediatamente, ma lo convinco a percorrere qualche centinaio di
metri fino all'estremità sud, non servita. Ci sono alberi per
ripararsi, e la conformazione della costa forma una specie di
piscina naturale, con acqua calma e limpidissima.
IL
SUD
Proseguendo
in senso orario, si entra, con la spiaggia di Gerakas,
nel sud dell'isola. La strada per arrivarci è molto agevole, ed è
servita, come le altre, dai bus.
Secondo
il mio gusto, questa è la spiaggia sabbiosa più scenografica di
Zante, con le quinte dei costoni di roccia grigie e ocra che la
contornano. Prima di iniziare a scendere la scalinata in legno che
porta alla battigia, si è avvisati di trovarsi in un luogo
protetto, nel quale è vietato trattenersi dopo il tramonto, per
non disturbare la nidificazione.
La
spiaggia è quasi completamente recintata a protezione dei nidi
ben segnalati, per cui non esistono ripari naturali, ma solo
qualche ombrellone che viene subito occupato.
|
nidi di tartarughe - Gerakas |
Noi
arriviamo nel pomeriggio, e il caldo è torrido e insopportabile.
I pochi alberi restano all'interno della recinzione, dove
bivaccano gli addetti al controllo dell'area protetta. Entriamo in
acqua, ma non esiste refrigerio: l'acqua è calda come quella
della vasca da bagno. Mai sentito una tenperatura simile a mollo
nel mare.
Ancora
in senso orario, la spiaggia di Dafni
è adiacente ad Ovest a quella di Gerakas, ma per accedervi
bisogna riprendere la strada già percorsa, che torna indietro da
Gerakas verso Argassi. Vi sono due bivi: uno all'altezza di Porto
Zoro verso sinistra (se si viene da sud), e un altro dopo (sempre
venendo da sud). Sono due strade piuttosto brutte, ma quella più
vicina a Porto Zoro è davvero pessima. I cartelli non si vedono
se si proviene da sud: meglio se si sta arrivando da Argassi e si
gira quindi a destra. Dafni l'abbiamo trovata molto affollata e
meno attraente di Gerakas. Ci siamo anche chiesti come mai qui, a
differenza di Gerakas, si potessero calpestare i nidi senza
recinzione.C'è una taverna proprio sulla spiaggia, ma,
proseguendo a sinistra guardando il mare, i nostri vicini di
studios ci hanno detto che c'è una zona isolata e tranquilla,
controllata da un signore greco che seleziona i suoi clienti,
offrendo lettini solo a chi, secondo il suo giudizio, li merita.
Quasi attaccata a quella di Dafni vi è la spiaggia di Sekania,
interdetta pero' ai bagnanti.
Per
arrivare a Laganas
bisogna arrivare di nuovo ad Argassi e poi svoltare verso
l'interno o, ancora meglio, tornare a Zacinto e prendere l'ottima
strada per l'aeroporto e superarlo.
Laganas
è quanto di più commerciale e trucido si riesca ad immaginare:
locali notturni e alcool a buon mercato, una lunga spiaggia
gremita, probabilmente con musica a palla (non ci siamo fermati).
Sicuramente avrà i propri estimatori, visto che è la cittadina a
maggiore densità turistica e frequentata soprattutto dai giovani:
forse siamo noi ad avere preconcetti...
A
margine sud della spiaggia di Laganas c'è l'isoletta di Agios
Sostis, collegata al porticciolo da un ponte in legno, e alla
quale si accede a pagamento: c'è un bar sulla sommità e si
pagano 4 euro comprensivi di consumazione.
La
spiaggia prosegue strettissima verso sud: l'acqua è caldissima,
pulita, ma non è certo una spiaggia che giustifichi un viaggio
fino a Zante. Di fronte si vede l'isola di Marathonissi,
dove è possibile andare con le escursioni organizzate: si parte
dal porticciolo di fronte l'isolotto di Agios Sostis e si possono
andare a disturbare le povere tartarughe che sono riuscite a
sopravvivere alla schiusa e alla discesa in mare.
La
spiaggia si interrompe a sud, ed è indispensabile riprendere la
strada principale in direzione Keri, oppure cercare di districarsi
nel dedalo di stradine malsegnalate tra gli ulivi.
Keri
è un'altra spiaggia da cui è possibile fare la gita a
Marathonissi per avvistare le tartarughe. È una spiaggia
lunga e sottile, di sabbia mista a sassi.
Poco
oltre si sale verso il paese di Keri e il Faro. Anche qui si può
scendere a varie calette principalmente di sassi, dove cercano
tranquillità anche alcuni naturisti. Il faro di Keri è famoso
per una tramonto speciale, ma noi, trovandoci lì ad ora di
pranzo, non possiamo certo aspettare.
L'OVEST
Per
me, che amo paesaggi più scenografici, questa è la zona di più
forte impatto.
Il
ragazzo del ristorante Crossover, dove ormai siamo clienti
affezionati, ci ha sconsigliato la parte sud di questa zona, che
ha definito difficile e con brutte strade. La stessa cosa ci ha
detto il ragazzo che, dal porto di Agios Nikolaos ci ha
“agganciati” per la gita al Navajo. Invece, il signore
ottantaduenne titolare dello studios, ci ha consigliato
assolutamente Porto Roxa e Porto Limionas, definendoli i posti più
belli di Zante. Si scende a Porto
Roxa
dalla strada principale, attraverso una stretta ma buona strada,
costeggiata da muretti a secco. Il panorama arido e la vista di un
mare dal blu profondo, ne fanno un panorama quasi africano.
A
Porto Roxa non c'è spiaggia: nel mare profondo circondato da
rocce, caverne e faraglioni si accede scendendo a piedi dalle
scale (come ho fatto io), oppure tuffandosi da un vertiginosamente
alto trampolino. I ragazzi si divertono un mondo, anche se a noi
fanno venire i brividi.
La
strada tra Porto Roxa e Porto Limionas è un pezzettino di alta
strada costiera. La strada che invece da Porto Limionas risale
verso la provinciale, è decisamente più lunga, curvosa e ripida
di quella che scende dalla provinciale a Porto Roxa. Quindi è
meglio scendere verso Porto Roxa, andare a Porto Limionas e
ritornare poi a Porto Roxa per risalire.
Porto
Limionas
è un vero fiordo; un posto da blocco al cuore: acqua con tutte le
sfumature di azzurro, una scalinata che, dopo una accoglientissima
taverna piena di fiori, scende in varie direzioni verso il mare.
Ci si può sistemare sui terrazzamenti in pietra, sulle gradinate,
sotto gli ombrelloni in paglia, sotto le rocce, o scendere fino
alla microscopica caletta di sabbia bianca, dalla quale si arriva,
nuotando, nella gola formata dalle rocce e poi in mare aperto.
C'è
anche un trampolino, molto meno alto di quello di Porto Roxa, da
cui tuffarsi. In ogni caso qualsiasi punto del fiordo è buono per
un tuffo.
Stiamo
sempre andando in senso orario, quindi risalendo l'Ovest da Sud
verso Nord, per cui ora si arriva a Porto Vromi, la località più
adatta per arrivare alla spiaggia del Navajo con le barche in poco
tempo. A porto Vromi, località sempre con l'aspetto di fiordo,
c'è anche una piccola caletta vicino al porto, non male per un
bagno veloce e, anche qui, per un salto in mare dal trampolino.
Il
Navajo, la spiaggia più famosa di Zante, la foto dall'alto
presente su ogni rivista, il vero tormentone... Che dire? Potrei
dire che è una bianca caletta da sogno, baciata dall'acqua
turchese, formata dall'insabbiamento di questa nave di
contrabbandieri, ancora presente in tutta la sua ruggine sulla
battigia. Purtroppo
c'è anche da dire dell'altro.
Per
la spiaggia del Navajo (o Relitto), partono ogni giorno barconi
enormi (piccole navi) da Zacinto, uniti a tutti quelli di media e
piccola portata delle altre zone. Noi siamo partiti dal porto di
Agios Nikolaos con una barchetta da 15 persone, ma, arrivati alla
spiaggia, abbiamo trovato almeno un migliaio di bagnanti ammassati
sulla battigia. I pochi in acqua erano continuamente scalzati
dalle onde delle navi in arrivo o in partenza, e dalle stesse che
dovevano ormeggiare. Abbiamo fatto un bagnetto di pochi secondi,
guardandoci continuamente alle spalle...
|
...ciò
che non vi fanno vedere sulle riviste...
|
Al
ritorno, prima di essere sopraffatta dal mal di mare, ho fatto in
tempo a chiedere al nostro capitano se quelle calette appena a
nord del Navajo fossero raggiungibili. Una delle due, che il
capitano ha chiamato Salinas,
ho capito fosse collegata da una strada carrozzabile dal paese di
Volimes. Prima
di crollare definitivamente, chiedo a mio marito di ricordare il
nome della spiaggia.
Sempre
per via del mal di mare, che non ricordavo quanto potesse essere
invalidante, non posso nemmeno scendere per il bagno di 15 minuti
alle Grotte Blu. Per fortuna ci tornerò poi scendendo a piedi
dalla scalinata del Mulino di Capo Skinari.
La
famosissima vista dall'alto della spiaggia del Navajo si ammira
poco più a nord della spiaggia stessa. Risaliti da Porto Vromi,
c'è un bivio prima del paese di Volimes. E qui, chi soffre di
vertigini può proprio tremare. C'è una specie di balconcino per
la foto di rito, ma poi ci si può allontanare attraverso i
cespugli per ammirare il baratro da varie angolazioni.
Mi
sono trovata ad affrontare questa esperienza non ancora
completamente ripresa dal mal di mare, ed è stata un po' dura. Ho
però potuto verificare che, essendo ormai pomeriggio, le
imbarcazioni erano molte meno sulla spiaggia. Per cui, anziché
consigliare di andare al mattino sul presto (come avevano
consigliato a noi), direi di prendere l'ultima imbarcazione del
pomeriggio.
A
Volimes devo trovare la spiaggia indicatami dal barcaiolo. Il nome
non è indicato sulla mappa dell'isola. Al suo posto è indicata
Spartos Beach. Chiedo a due anziani, che non la conoscono come
Spartos, ma appena nomino Salinas si illuminano: si, è la prima
strada a sinistra che scende verso il mare. Non c'è alcuna
indicazione, anche se è molto semplice, ma uno dei vecchietti ci
scorta col suo motorino. Gentilissimo e simpaticissimo. La strada
è asfaltata, lunga circa 3 km, in pendenza non eccessiva. Si
arriva in una specie di parcheggio pietroso, dove già ci sono un
paio di macchine. Fantastica caletta di scogli dove è abbastanza
facile scendere per un bagno. Ma la parte migliore, la fotocopia
del Navajo senza anima viva, si trova sulla destra, dopo una
piccola parete di roccia, che va superata nuotando.
Mio
marito mi fa notare che potrebbe essere pericoloso per due
nuotatori non provetti come noi, perciò con estremo rammarico
rinuncio. Per dovere di cronaca, la spiaggetta bianca resta in
ombra completamente fino a mezzogiorno.
Da
Volimes a Capo Skinari ci sono 11 km, terminando il giro da nord a
nord in senso orario di quest'isola.
Ripartiamo
da Zante imbarcandoci stavolta da Zacinto per Killini, sulla
costa. La lunga, assolata, trafficata strada ci riporta a
Patrasso, dove il porto d'imbarco per l'Italia è stato spostato
di 5 km: non è più nel centro della città.
La
navigazione del ritorno ha un colore diverso. Ci passano davanti
agli occhi, a ritroso, le isole di questo viaggio. L'alta costa di
Lefkada abbagliata dal crepuscolo è sempre uno spettacolo
superbo.
Ellàda,
to epòmeno ètos! (Al prossimo anno!)