(memorabilia di Rodi e Simi – anni ’90)
… a
20 anni di distanza, ecco una nuova lettera ritrovata nei vecchi cassetti.
Altre pagine di una lunga corrispondenza epistolare che mio padre intrattenne
con Graziella, giovane insegnante conosciuta assieme alla sua collega Liliana
quando, giovanissimi, si trovavano nel Dodecaneso sul finire degli anni ’30,
nell’epoca in cui ci si riferiva a quell’arcipelago come alle “Isole italiane
dell’Egeo”.
Racconti
scritti con una calligrafia elegante ed ormai desueta che rimandano ad un
passato avvertito lontano dagli stessi che ne furono protagonisti e che
lasciano trasparire una nostalgia profonda non solo per la perdita di tutto ciò
che il nostro Paese era stato capace di realizzare dopo immani sacrifici, ma
anche per una svanita giovinezza che fa ricordare persino i momenti più bui
della vita con un senso di rimpianto.
Nonostante
quei luoghi lontani fossero indissolubilmente legati alle stragi dei tedeschi e
a quell’immane tragedia che fu il secondo conflitto mondiale, le isole sono
descritte in quelle pagine ingiallite quasi come un luogo di pace interiore e
mio padre, che vi aveva combattuto mettendo a repentaglio la propria vita, le
avrebbe portate nel cuore sino alla fine.
Pochi
e fugaci sono i riferimenti alle incombenze quotidiane, le riflessioni ricadono
inevitabilmente a quell’esperienza che aveva profondamente segnato le loro
vite, agli ideali traditi ma anche alle labili speranze di rinvenire le tracce
della presenza italiana sulle isole, nonostante il tempo trascorso e l’oblio
imposto dai vincitori.
Graziella
torna a Rodi e Simi dopo la guerra, ormai diventate parte della Grecia, e le
descrive senza alcun revanscismo. E’ lieta di trovarle fiorenti, ma soprattutto
quasi commossa nel riscontrare come ancora si parli la lingua che lei tanti
anni prima insegnava nelle scuole.
Non
sono solo gli edifici a ricordare l’Italia ma anche e soprattutto le persone.
Da
quella lettera sono trascorsi tanti altri anni, eppure a molti sarà capitato di
rinvenire quelle tracce del passato, soprattutto quando sono gli stessi greci a
riesumarle spontaneamente nei loro racconti… ricordo io stesso dell’incontro con
un maturo architetto a Lipsi che riferiva dello sviluppo del Dodecanneso che
sarebbe rimasto indietro di 50 anni se il nostro Paese non lo avesse strappato agli
Ottomani nella seconda metà dell’800.
Nonostante
la storiografia ufficiale e le guide turistiche odierne tendano a liquidare
quel periodo con poche e fugaci parole negative, emerge una realtà che troppi
italiani non conoscono o tendono a dimenticare quando ricercano solo mare e
lidi incontaminati … eppure fu proprio l’Italia a dare impulso al turismo e a
trasformare Rodi in una ambita destinazione con il Grande Albergo delle Rose,
conosciuto negli anni ’20 come il sogno
dell’est, e diventato un affascinante polo di attrazione per il jet set internazionale.
Quei
sentimenti di nostalgia della lettera sono in parte gli stessi che inspiegabilmente
assalgono, al termine delle brevi parentesi estive, tutti coloro che si
allontanano dalle isole egee e che, vedendole sparire dall’orizzonte mentre la
nave se ne allontana, spingono a tornare… ma quelle parole scritte in stile dolcemente
“obsoleto” rappresentano per me anche un’insperata occasione di ricordare ciò
che tante volte ascoltavo da ragazzo da mio padre con scarsa attenzione e che
oggi mi fanno pensare al fatto che non tutto muore, soprattutto in questo
periodo dell’anno. Non omnis moriar…
“Faenza, 9 Dicembre 1998
Carissimo,
mi è difficile col freddo di questi giorni
ritrovare l’entusiasmo e il piacere del viaggio a Rodi e Simi con Liliana.
Ma è stata proprio un’occasione da non
lasciarci sfuggire. Giornate splendide.
Rodi ci è venuta incontro come un
caleidoscopio di luci, di colori, di lingue diverse, con un turismo intenso nonostante
non fosse ancora alta stagione.
La zona dei grandi alberghi oltre Trianda
continua ad allargarsi. Trianda quasi non esiste più: non ci sono più gli
aranceti, pochissime le bianche casette in riva al mare.
Rodi centro naturalmente è rimasto com’era.
Alcuni edifici pubblici hanno solo cambiato destinazione. La Chiesa di S. Giovanni
è diventata ortodossa. L’Albergo delle Rose finalmente non è più transennato:
ci sono i muratori e pare che debba diventare una casa da gioco.
La maggiore commozione è stata arrivare a
Simi. Prima fermata: Panormiti. E sono incominciati i ricordi! Poi il centro:
niente di nuovo se non le bancarelle con le spugne e poco altro, schierate sul
lungomare. D’altra parte Simi non può cambiare: inoltre la guida ci ha detto
che esiste un vincolo per tutta l’isola per cui deve rimanere con le stesse
caratteristiche. Ma meraviglia! Ci sono le automobili: dal porto per l’interno
dell’isola.
A un certo punto Liliana ed io abbiamo
lasciato il gruppo e siamo andate in cerca dei nostri vent’anni !! Ma subito è
giunta l’ora della partenza e mentre la nave si allontanava ho pensato a quanti
di noi … non ci sono più.
Tristezza – nonostante la gioia di essere a
Simi – e rimpianto, perché quasi certamente non ci torneremo più.
E ci ha fatto piacere che sia a Rodi che a
Simi hanno un buon ricordo degli Italiani e quasi tutti sanno parlare la nostra
lingua, anche i giovani che con un certo orgoglio dicono di averla imparata dai
loro genitori.
Bene! E tu come stai? Spero che tutto vada
per il meglio per te e la tua famiglia.
A tutti auguro un felice Natale e buon 1999.
Saluti sempre affettuosi
Graziella”