di Renata Aurini (artemisia59)
Come al solito, l'organizzazione del viaggio è
toccata a me, e come al solito mi sono divertita a sguazzare tra
cartine, internet e guide varie. Mio marito mi lascerà fare per
pigrizia o per generosità? Il risultato comunque ci ha soddisfatti.
Il nostro itinerario: Igoumenitsa –
Ioannina – Meteore – Delfi – Capo Sounion – Atene –
Corinto – Epidauro – Micene – Neapoli – isola di Elafonisos
– Monemvasia – Githio – Penisola del Mani – Mystras - Koroni
– Methoni – Pylos – Patrasso. Km percorsi in Grecia in 9
giorni: 2082.
Mezzi di trasporto: traghetto Minoan Lines da
Ancona (ottima compagnia) e moto TDM 900 Yamaha.
Qualità delle strade: In generale buona, con
pochissimo traffico (tranne Atene). Niente vigili né posti di
blocco. Segnaletica assai “spartana”, con indicazioni
direttamente al momento di svoltare e quasi sempre senza distanze
chilometriche. Rifornimenti non molto frequenti. Ricordiamo che
la tolleranza alcolica alla guida in Grecia è 0.
8 giugno - Ioannina
Aria di Turchia. Sbarchiamo in orario a Igoumenitsa
e direttamente dall'uscita del porto imbocchiamo la superstrada A2
direzione Ioannina. Arriviamo a destinazione in poco più di
un'ora, e dopo il paese nuovo, verso il lago, eccoci alla deliziosa
cittadella fortificata, dominata tra il 1788 e il 1821 dalla
controversa figura del pascià Alì, il “leone di Giannina”:
tiranno sanguinario o capo illuminato? Certa è solo la sua fine:
fatto decapitare dagli stessi turchi per paura del suo crescente
potere e la testa esposta a Costantinopoli come monito.
Giriamo tra le stradine con la sensazione di
trovarci in Turchia e saliamo all'antica Moschea. Bella la vista sul
lago, i minareti e l'isolotto di Nissi. Dopo una sosta
doverosa in pasticceria, vista l'incredibile scelta di dolci di
pasta fillo, miele, noci e mandorle, pensiamo di andare a Nissi per
pranzo, per assaggiare la specialità del posto: le cosce di
rana. Vi sono traghetti che fanno la spola in continuazione e al
piccolo attracco i ristorantini servono pesci di lago e rane,
pressati in piccoli acquari e in attesa di essere cucinati.
Piuttosto inquietante. Si riparte con meta Kastraki, per un hotel
con vista sulle Meteore, ma un'attacco di emicrania non mi consente
di proseguire. Così, una trentina di km prima della meta, ci
fermiamo a Trigona, in un hotel sulla strada, il “Trigona”
appunto, piuttosto accogliente. La zavorra ha ceduto.
9 giugno – Meteore, rocce nell'aria.
Oggi compio 50 anni e
questo è il mio regalo. Arrivare a Kastraki è surreale. Le
incredibili formazioni rocciose formatesi sotto il mare 30 milioni
di anni fa, dal mare levigate e poi mostratesi quando il mare si è
ritirato, sono di fronte a noi. Abbiamo visto immagini e foto di
questo luogo, ma per una volta la realtà è superiore. Sulle
cime delle vertiginose rocce, come nidi d'uccello, sono scavati o
appollaiati i monasteri. Sarebbe difficile, sebbene con le
conoscenze odierne, progettare una migliore integrazione con il
paesaggio. Il sistema di funi con cui centinaia di anni fa i
materiali sono stati issati, è ancora in funzione, e tuttora i
monaci si spostano con assurdi quanto geniali gabbiotti sospesi tra
cavi d'acciaio. Si arriva ad ogni monastero attraverso scale
scavate nella roccia, e si pagano 2 euro per entrare. Ogni monastero
ha orari diversi, indicativamente tra le 9 e le 17, e la “Grande
Meteora” è chiusa il martedì. Per le donne, gonne al ginocchio,
che i monaci forniscono al bisogno (no pantaloni). Le piccole
cappelle sono tesori e il panorama è impagabile.
Ci mettiamo in marcia per Delfi. La strada è
lunga e rovente. Arriviamo verso sera e troviamo un anonimo ma
accogliente paesino formato da tre stradine parallele che
confluiscono verso il sito archeologico. Passando davanti all'hotel
Orfeas, veniamo letteralmente bloccati dal proprietario, che ci
offre una stanza con colazione a 25 euro. Scettici, l'andiamo a
vedere: è un nuovissimo bilocale con giardinetto, ma senza vista
sul golfo di Corinto. Pazienza! La vista sul golfo l'avremo la sera
al ristorante, quando spegnerò le mie candeline piazzate sulla
feta dell'insalata greca.
Auguri Renata! |
10 giugno – Da Delfi a Capo Sounion.
La mattina è naturalmente dedicata alle rovine di
ciò che per gli antichi greci era il centro del mondo. Essendo già
sul posto, possiamo evitare le ore più calde (l'apertura è alle 8,
la chiusura alle 20). Camminiamo lungo la Via
Sacra, e immaginiamo i pellegrini che la percorrevano
partendo da Atene, chiedendo un responso alla Pithia in trance,
ispirata da Apollo. Del tempio di Apollo non restano che sei
colonne, il luogo della Pietra della Sibilla non è poi così certo,
ma in questi luoghi sono le sensazioni di memoria collettiva a
farla da padrone. Il teatro invece è ben conservato, e così lo
stadio ancora un po' più in alto. Più giù, dall'altra parte della
strada, il tempio di Atena è veramente impraticabile per il sole
ormai cocente e l'assenza di ripari. Infatti non c'è anima viva, ma
anche da qui si vedono bene le tre colonne sulla rotonda e il
regolare ordinamento delle pietre intorno.
Tanta strada ci aspetta per il tramonto a Capo
Sounion, ma non dobbiamo per fortuna farla a piedi come i
pellegrini. Fa molto caldo. Ci spogliamo e ci ustioniamo, nonostante
le creme.
Cerchiamo di evitare il traffico di Atene, ma già
uscendo dalla superstrada al Pireo in direzione Glyfada, ne abbiamo
un bell'assaggio. Da Glyfada in poi il mare è bellissimo,
nonostante la zona sia alquanto turistica. Spiagge, calette di
sabbia e di sassi e acque limpide. Per noi però il giorno di mare
sarà altrove e comunque il tempo per fermarci non c'è.
Sembra di non arrivare mai, il paesaggio si fa più
brullo e le curve continuano, estenuanti. Alla fine, quando pensiamo
addirittura di aver sbagliato strada, ecco in lontananza le
colonne del tempio di Poseidone, alte sul promontorio.
Non abbiamo ancora l'hotel e sarà meglio cercarlo
subito. Questa è una zona particolare, resa addirittura squallida
da un'edilizia selvaggia e approssimativa: rare costruzioni, alcune
lasciate a metà, altre abbandonate. Gli alberghi scarseggiano, e ci
fermiamo all'hotel Saron, gestito da due antipaticissime tedesche
che non alzano nemmeno la testa mentre ci parlano. E' troppo tardi
per andare in giro e paghiamo 75 euro per una stanza che non ne vale
la metà. Perfino la colazione sarà scadente, con biscotti che
avevano certamente visto tempi migliori e succo d'arancia fatto con
le cartine. Però c'è la piscina...
un must greco: il tramonto a capo Sounion |
La cena a base di moussaka sarà la peggiore e la
più cara del viaggio.
11 giugno – L'Acropoli
Il Maestoso Partenone "ingessato" |
Scendiamo attraverso un sentiero tra gli alberi
verso l'antica Agorà (altro ingresso ma stesso biglietto),
che personalmente penso non abbia nulla da invidiare all'Acropoli.
Il tempio di Efesto (un Partenone in miniatura) è forse il
tempio greco meglio conservato al mondo. Molto interessante è anche
il piccolo museo, nella sede discutibilmente restaurata della Stoà
di Attalo.
Si riparte, anche perchè il caldo soffocante è
invivibile. Recuperiamo la moto e riprendiamo l'autostrada dove
l'avevamo interrotta, proseguendo per Corinto. Superata però Atene,
decidiamo di uscire per evitare i camion, il vento fortissimo (tanto
per cambiare!) e goderci un po' di panorama. La statale è deserta,
anche se con qualche curva in più.
Cerchiamo un albergo per la notte, e di questi c'è
abbondanza, ma sarà molto meno semplice trovare un ristorante. Ma
non mangiano in questo posto?
12 giugno – Epidauro e Micene: le imperdibili.
Anche Nauplia, Argo e Tirinto in quest'area
meriterebbero certo una visita, ma tempo non ce n'è e bisogna fare
una scelta.
Partiamo per Epidauro e il cambiamento di
panorama è sorprendente. La strada si snoda ora tra la macchia
mediterranea densa di profumi. Ogni tanto il verde si apre ed appare
un mare splendido. Si vedono parecchi allevamenti ittici: avrò
più fiducia quando acquisterò spigole della Grecia.
Teatro di Epidauro |
Camminiamo sotto il sole fino allo stadio e
al tempio di Asclepio, dove fervono lavori di
ristrutturazione.
Di nuovo in marcia, verso Micene. Qui iniziamo dalla tomba di Atreo, sepolcro ad alveare in cui si entra e ci si immerge in una fresca oscurità.
La forma favorisce, di nuovo, un'acustica sorprendente.
Con lo stesso biglietto si entra nel sito più in
alto, dove visitiamo prima il museo: una bella sede dove sono
custoditi preziosi reperti della straordinaria civiltà micenea.
Poi, sotto il sole (questo è un sito senza scampo) entriamo nel
palazzo-città, o meglio tra le sue rovine, attraverso la
famosissima Porta dei Leoni.
Granita e poi via: ci aspetta una lunga strada.
Siamo diretti a Neapoli, la “punta” del secondo dito.
Dopo un po' si rivede il mare, che ci accompagnerà per molti km. A
Leonidio vediamo un bivio per Monemvasia, e decidiamo di fare questa
vecchia strada, certamente più particolare, ma che strada!...
All'inizio buche e strettoie ci fanno venir voglia
di tornare indietro, ma siamo curiosi. La strada inizia a salire con
vari burroni e nessun parapetto. Indicazioni solo in greco. Il
panorama tra i monti è veramente unico, ma si tratta di una strada
da non fare assolutamente di notte, vista anche l'assenza di
illuminazione. Ad un bivio indecifrabile abbiamo la fortuna di
incontrare l'unica macchina di tutto il percorso, con a bordo due
vecchietti che se la ridono e ci indicano la via. Saliamo ancora, fa
addirittura freddo. Arriviamo finalmente ad un delizioso paesino,
poi finalmente si inizia a scendere. Insomma in sei ore, tra
soste varie, percorriamo circa 250 km e siamo a Neapoli.
Porticciolo di mare, è un posto senza pretese, ma noi ci
troviamo benissimo. La sosta è nel primo hotel che si incontra
entrando in paese: l'hotel Arsenis, ottimo rapporto qualità-prezzo:
38 euro con colazione, ampia e accogliente camera con terrazzino sul
mare, La cena, in una delle taverne sul lungomare, è ottima. Qui ci
fermeremo ben due notti, rischiando di affezionarci.
A 6 km da Neapoli c'è l'imbarco per l'isolotto
di Elafonisos. Il servizio c'è ogni ora, la traversata dura
dieci minuti e paghiamo 11,20 euro A/R con la moto. Volendo
soggiornare sull'isola, c'è una gran quantità di alberghi e
ristoranti.
La prima spiaggia verso cui puntiamo è Panagitsa
beach (indicazioni dal porto verso destra). Si arriva alla
spiaggia dopo aver superato una specie di discarica tra le dune di
sabbia. Parcheggiamo sotto un albero e arriviamo dopo pochi passi
alla spiaggia, da un lato incorniciata da comodi ripari tra le
piante. Il mare, seppure mosso, è meraviglioso. La presenza umana è
data da noi e un'altra coppia a cento metri. Non ci sono ombrelloni.
Ma purtroppo il tasto dolente: nonostante ci siano grandi bidoni
azzurri ogni dieci metri, ci dobbiamo improvvisare spazzini,
raccogliendo lattine, bottiglie e addirittura una scopa, un “mocio”
e un giubbino. Ripulito l'ambiente, dopo un bagno, una passeggiata e
uno spuntino sotto gli alberi, siamo pronti per dirigerci verso
quella che si dice essere la più bella spiaggia di Elafonisos:
Simos beach. Si ritorna verso il porto e le
indicazioni sono chiare: stavolta verso sinistra. La spiaggia di
Simos è praticamente caraibica, ma con il solito neo:
spazzatura mischiata a sabbia, che forma piccole dune. Intorno i
bidoni azzurri. Ma perchè?! Qui ci sono anche un paio di file di
ombrelloni, ma noi ci sistemiamo in una delle tante piccole alcove
formate dagli alberi, che riparano anche dal vento. Simos è una
spiaggia a semiluna, ma è oltre l'istmo verso destra, che si cela
la parte più bella, lunghissima e senza ombrelloni. Ci sono anche
dei nudisti. Volendo arrivare più rapidamente a questa zona,
certamente più isolata e con l'acqua più cristallina, basta
tornare all'ultimo bivio per Simos beach, dove c'è anche
l'indicazione per Lefkis Camping e prendere quella strada. Arrivati
al parcheggio del camping, scendere in spiaggia. In questo punto
però è necessario portarsi qualcosa per ripararsi, perchè mancano
gli alberi.
Di nuovo tra i monti per percorrere i 40 km che
separano Neapoli da Monemvasia. Gli amanti del trekking sappiano che
questa è una zona piena di ben segnalati sentieri.
Si arriva a Monemvasia, ma
resta invisibile. Sembra solo uno sperone di roccia nel mare scuro.
Saliamo fino alla porta nelle mura e scopriamo la città per noi più
sorprendente del Peloponneso. Serrata come un'ostrica, tra le mura e
l'alto castello, così costruita per essere invisibile agli invasori
e oggi preservata, custodita e restaurata con criterio. Un vero
gioiello.
Monemvasia |
Ripartiamo per Githio, cittadina sul mare piuttosto turistica, strategica per il giro del Mani. Scegliamo rapidamente un bell'alberghetto vista mare, lasciamo i bagagli e partiamo. Il Mani è davvero un mondo a parte: sembra un'isola vulcanica con paesaggi brulli, strapiombi, grotte e mare di un blu profondo. Facciamo il giro in senso antiorario e la prima tappa è alle grotte di Diros. Semplicemente stupefacenti, formatesi quando l'acqua ricopriva le montagne, si visitano su barchette che scivolano sull'acqua salmastra. Sono 1300 metri da percorrere in barca (ovviamente si viene portati) e 300 a piedi, per un totale di circa 25 minuti in un mondo di buio, riflessi, apparizioni di forme così stravaganti e fiabesche che solo la natura può aver realizzato. Assolutamente imperdibili (12 euro l'ingresso).
Continuiamo sulla strada principale
attraversando i paesi dalle “case con le torri”, caratteristiche
di questa zona. Arriviamo fino alla punta estrema, Porto
Kagio. I colori e il paesaggio sono di una bellezza
selvatica e inquietante. Non per nulla, Capo Tenaro,
che si vede dietro il paesino salendo un po' più in alto, era
creduto la porta dell'Ade.
Superata la punta, risaliamo
nell'altro senso per tornare a Githio, ma questa sponda del Mani non
ci sembra altrettanto particolare.
La nostra serata termina sul lungomare di Githio,
stavolta senza i soliti, seppur ottimi spiedini (souvlaki), ma con
un piatto da consigliare: baccalà fritto con una salsa all'aglio
simile al purè.
15 giugno – Mystras
città-fantasma e penisola di Messene.
Da Githio a Mystras la strada si snoda
veloce e arriviamo quando è ancora presto e i resti di questa città
bizantina ci ospitano in solitudine. Entriamo dall'ingresso
superiore e saliamo alle rovine del castello, poi a scendere verso
il monastero di Pantanassa, la cattedrale e il museo. Città assai
decantata, ma non ci entusiasma quanto Monemvasia.
Siamo diretti a Koroni,
e la strada fino a Kalamata sarà della serie “ interminabile”.
Curve, poi ancora curve che sembrano finire, poi ricominciano in un
interminabile saliscendi. La vista del mare di Kalamata sarà
liberatoria. Dopo uno spuntino con la solita pasta sfoglia ripiena
di verdure e formaggio (buona!) e birra greca (buona!) ci avviamo
verso Koroni e il suo castello. Una vera delusione. Speriamo che
l'altro “occhio” verso il mare, la fortezza di Methoni, sia più
interessante, ma nel frattempo ci facciamo il bagno in una
spiaggetta tra le due località. Non è l'acqua di Elafonisos, ma
può andare.
A Methoni entriamo nella città-fortezza sul mare.
L'ingresso è libero e i resti sono pochi e mal tenuti, ma si vede
bene il tessuto urbano, la piazza, le case dalla classica forma
ottomana. Saliamo nella torre circondata dal mare, e alla fine siamo
soddisfatti della passeggiata.
Meglio ancora, uscendo, vedo un'insegna di taverna
con ciò che tanto volevo assaggiare: kokoretsi (interiora di
agnello alla brace). Ciò impone di passare la notte qui.
Troviamo il solito alberghetto, e usciamo per la cena. Aspettiamo,
aspettiamo, ma il locale dei kokoretsi è l'unico a non aprire. Mi
sa che dovremo tornare in Grecia solo per questo.
16 giugno – Verso Patrasso con una bella sosta
di mare.
Facciamo benzina a Pylos e scopriamo un
grazioso paesino, anch'esso con le mura fortificate che danno sul
mare, di fronte a due specie di faraglioni. Non possiamo però
fermarci, se non per qualche frettolosa foto, perchè vorremmo fare
un ultimo bagno alla spiaggia di Vaidokilia. Troviamo le
indicazioni sulla strada principale una decina di km dopo Pylos, ma,
venendo da sud, è importante andare nella direzione opposta di
“Vaidokilia Sito Archeologico”, cioè proseguire verso nord. Si
troveranno varie strade che discendono a mare. La prima porta ad una
spiaggetta più intima, con ghiaia e scogli neri intorno, collegata
comunque attraverso una cunetta alla spiaggia principale di sabbia.
Il mare è proprio invitante e trasparente; nonostante l'orario
piuttosto mattutino l'acqua è stranamente calda, il vento
finalmente è assente, e soprattutto non c'è anima viva. Ci godiamo
così l'ultimo bagno in terra greca.
Con calma si riparte verso Patrasso e il traghetto
che ci riporterà in Italia. Ultimo, ottimo agnello alla brace lungo
la strada, e via. Dal ponte della nave ci sarà comunque una
piacevolissima continuazione del viaggio, visto il navigare sotto
costa, tra isole e isolette fino a notte. Notevole poi il
tramonto sullo Ionio.
Mentre ammiriamo il paesaggio, cartina alla
mano, mi viene l'idea per un prossimo viaggio. Mio marito mi guarda
perplesso...
Il VENTO questo compagno inseparabile dei nostri viaggi in Grecia, temuto nelle sue manifastazioni ribelli, gradito nel suo piacevole accarezzarci, invadente nel suo scompigliarci i capelli e gli abiti, il VENTO, l'alito di Mercurio, il soffio di Shiva, il respiro di Eolo...e se al vento dell'Egeo si aggiunge il vento della moto il senso di liberta' e' completo. RENATA queta panoramica di luoghi magnifici spero metta le ali a tanti altri amici che abbiano voglia di correre nel VENTO..
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