di PUCCY - Ornella Baciocchi
Davvero difficile, immaginare… quanto sia bella Lesbo! Nessun
obiettivo potrà mai ritrarre fedelmente i suoi grandi e aperti
paesaggi fatti di contrasti e armonia, nessuna guida turistica potrà
mai descrivere le atmosfere sospese ed eterne dei suoi villaggi,
nessuna musica potrà mai replicare la canzone di mille fronde di
ulivi e pini mossi dal vento o la malìa del mare che accarezza lento
infinite spiagge, nessun racconto potrà mai narrare gli infiniti
silenzi delle sue valli e i magici sussurri delle sue fonti. Solo la
poesia riesce a dar corpo a Lesbo, solo il linguaggio delle emozioni
consente a Lesbo di diventare reale, solo la voce di un cuore pieno
di questa terra riuscirà a farvi immaginare Lesbo. Molte volte io ed
Aldo abbiamo osservato il profilo azzurro di Lesbo lontano
sull’orizzonte e ne abbiamo sentito il richiamo, molte volte
abbiamo sognato la patria di Saffo e Alceo, molte volte abbiamo
progettato di raggiungere Lesbo e poi non lo abbiamo fatto, forse
proprio perché, in fondo, non riuscivamo ad immaginarla. Avremmo
forse rinviato ancora questo viaggio, se la sorte non avesse messo
sulla nostra strada Giorgio con le sue parole “...rinviare
Lesbo è come suicidarsi!”: un breve inciso, carico di
passione e trasporto, amore e dolore assieme, la voce di chi è stato
generato da Lesbo e ne vive lontano, la voce di un cuore a cui non
era possibile non dare ascolto. Lesbo ha improvvisamente preso vita,
linfa, colore e respiro dal cuore del nostro Giorgio, la sua passione
ci ha accompagnato e seguito in ogni momento del nostro emozionante
viaggio attraverso la sua amata isola, senza di lui non sarebbe stata
la stessa cosa: il destino ci ha condotto a Lesbo così. Questo
racconto è dedicato a Giorgio di Molyvos, sospinto a Creta da un
amore ancor più grande di quello per la sua terra, questo racconto è
dedicato alla meravigliosa terra di Lesbo e a tutti i suoi figli.
Il piccolo aereo bielica
si alza con piglio gagliardo dalla pista di Salonicco alle 17.50 e
punta dritto ad est, sorvola la bianca capitale della Macedonia e il
suo ampio golfo, poi sparisce fra le nuvole. Il cielo si apre quando
siamo sopra la Calcidica, qui l’aereo vira di 90 gradi verso sud e
si infila fra il dito di Sithonia e la penisola del Monte Athos
regalandomi lo spettacolo dei grandi monasteri, le sante fortezze
inaccessibili, veri nidi d’aquila aggrappati alle pendici boscose
dell’Agios Oros, il Santo Monte. Arriviamo persino a sfiorare la
cima stessa del Monte Athos che chiude la penisola con la sua mole
luminosa, aguzza e impervia: penso proprio che in nessun altro modo
riuscirò mai ad arrivarci più vicino.... Quindi la distesa blu
dell’Egeo e dopo un’ora scarsa di volo appare LESBO con il
suo ondulato profilo. Una sottile linea di spuma marina contorna le
coste settentrionali dell’isola che si alzano brusche e impervie
dal mare per poi frangersi in morbide e dolci valli di velluto verde,
al centro dell’isola appare un immenso golfo e il mare sembra
distendersi e voler prendere possesso di questa terra, o forse è la
terra che sembra cingere fra le sue braccia il mare e volerlo
stringere al seno, quindi una alta fila di monti boscosi, un’ampia
virata sopra un secondo grande golfo, azzurro e chiuso come un lago,
ed eccoci a terra.
Non potete credere alla
mia emozione nel trovarmi qui, nella terra che più di ogni altra ha
ispirato e generato grandi poeti e scrittori, nella patria di Alceo
e Saffo, del musicista Terpandro e dell’aedo Arione,
nella terra che ha accolto con pietà la lira e la spoglie del più
grande fra tutti i poeti, Orfeo… e, non avrei mai
immaginato, che a Lesbo avrei rivissuto le loro emozioni, avrei visto
con i loro occhi e udito con le loro orecchie, non avrei mai
immaginato che proprio loro, i poeti, sarebbero stati le mie
inaspettate guide di viaggio! Ecco dunque che, appena arrivati, ci
viene subito incontro un poeta: Odysseas Elytis, un grande
surrealista insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1979,
autore di intense liriche intrise di passione, di libertà e di zolle
di terra di Lesbo. L’aeroporto di Mitilene è a lui dedicato, è
proprio il suo nome, scritto a grandi lettere, a darci il benvenuto
nel REGNO della POESIA...
Fuori dall’aeroporto ci
sono gli uffici di noleggio auto, ritiriamo la macchina prenotata
dall’Italia e ci mettiamo subito in viaggio diretti a Molyvos che
dista circa 60 km e dove arriveremo dopo un’ora e mezza di
viaggio. Per prima cosa dobbiamo necessariamente attraversare parte
della capitale dell’isola, Mitilene, che a primo impatto
appare disordinata e rumorosa. La segnaletica in città è piuttosto
scarsa, per non dire assente, ci sfugge la deviazione per Kalloni e
finiamo dritti sul bellissimo porto dominato dalla immensa fortezza
con le case che sciamano ad anfiteatro sotto il castello fino al
mare. Ci fermiamo un attimo. Le vie animate dal sabato cittadino, gli
eleganti palazzi aristocratici, le tende parasole tese sui tavolini
dei caffè e delle ouzerie, le decorazioni a stucco e i nobili fregi
dalle tinte sbiadite, la grande cupola di bianco argento della
chiesa di Agios Therapon, le lucide banchine del porto, i riflessi
multicolori della città sullo specchio di mare immobile e la luce
dorata del tardo pomeriggio ci regalano una meravigliosa istantanea
di questa leggendaria città, Mitilene. Grazie alle indicazioni di
gentili passanti usciamo dal centro e imbocchiamo la strada giusta
per Kalloni che, appena fuori città, diventa ampia e veloce,
praticamente una superstrada, con indicazioni stradali chiare e
precise. Il percorso fino a Kalloni è veloce e rapido, poi la strada
inizia ad arrampicarsi sui rilievi con dolci curve per sbucare
nuovamente al mare nella baia di Petra. Attraversata Petra
continuiamo per pochi kilometri lungo la strada costiera che va verso
nord e, superata un’ultima curva, MOLYVOS ci appare come una
cartolina, meravigliosa con le prime luci della sera che dalla
collina piovono verso il mare. Ci fermiamo in uno spiazzo a
contemplare questa cittadina di scure case di pietra abbracciate
strette strette intorno ad una collina coronata da un grande castello
illuminato. Essendoci ancora un filo di luce ed avendo avuto
indicazioni precise dai nostri ospiti non fatichiamo neppure ad
individuare gli Studios Diamanti dove abbiamo prenotato
le prime 3 notti. Dopo cena ci sediamo sul nostro piccolo balcone:
davanti a noi il castello di Molyvos illuminato che domina la collina
su cui brillano tremule le luci del borgo immerso nel sonno, sopra di
noi mille stelle e una limpida luna senza alone, intorno a noi la
notte egea, fatta di grilli, cani lontani, fronde scure mosse dalla
brezza notturna, lo scampanio di un gregge che torna lento al suo
ovile… la magia di Lesbo arriva come un sogno.
Le spiagge di Eftalou: il ritorno di Arione
Dopo un sonno profondo e
beato, come solo quello di inizio vacanza può essere, spalanco le
ante di legno dipinte di rosso rubino e il sole inonda la stanza, un
profumo di erbe vicine e salsedine lontana ci riempie i polmoni…
non era una apparizione notturna quella di ieri sera, il Castello di
Molyvos è ancora lì, davanti a noi, con le sue mura possenti e i
suoi torrioni, nobile e maestosa fortezza costruita dai Bizantini e
abbellita dai Gattelusi, una sontuosa corona per un bellissimo borgo
di pietre antiche.
La colazione sul terrazzino, in compagnia dei gatti, Maria che ci saluta con la mano, lo scampanio del gregge, la freschezza del mattino, il cinguettio delle rondini: la magia della sera si tramuta in un festoso mattino…
Molyvos …
aprendo la finestra...
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La colazione sul terrazzino, in compagnia dei gatti, Maria che ci saluta con la mano, lo scampanio del gregge, la freschezza del mattino, il cinguettio delle rondini: la magia della sera si tramuta in un festoso mattino…
Partiamo per la nostra
prima esplorazione, abbiamo voglia di mare, prendiamo quindi la
strada asfaltata che porta a EFTALOU che dista solo 4 km da
Molyvos. Percorriamo una piccola valle coltivata dove antiche case
rurali sono diventate accoglienti e ospitali ‘domatia’,
proprio come quella che ci ospita, scolliniamo e raggiungiamo il
mare. La prima spiaggia che incontriamo in località Eftalou è uno
stretto litorale di ghiaietto a ridosso della strada, dolcemente
ombreggiato da alberi, frequentato soprattutto dalle famiglie e dagli
ospiti dell’Anatoli Restaurant e del Mithimna Beach Hotel
che sono aldilà della strada. Oltre, vicino al Restaurant Eftalou
si apre un’altra spiaggia, più bella della precedente, con grandi
alberi, docce e cabine per cambiarsi a disposizione di tutti. Infine
arriviamo al piccolo spiazzo dove termina l’asfalto e inizia, sulla
sinistra, il passaggio pedonale che porta alle TERME di EFTALOU,
chiaramente preannunciate dal cartello turistico Hot Springs.
Lasciamo la macchina, prendiamo con noi il nostro piccolo
ombrellone e ciò che occorre per una mattina di puro relax marino.
Seguendo il sentiero lastricato che corre lungo il mare arriviamo
alla costruzione di pietra con gli infissi dipinti di azzurro che
ospita la nuova struttura termale dove per 4 euro è possibile fare
un bel bagno caldo di 45 minuti. C’è già qualche cliente seduto
all’ombra della pergola in attesa di fare i bagni: qui l’acqua
sgorga a una temperatura di circa 45°C ed è particolarmente
raccomandata per reumatismi, artriti, sciatalgie e molte altre
patologie. Accanto alla nuova costruzione, incastrata fra gli scogli,
c’è la piccola costruzione tondeggiante degli Antichi Bagni,
un panettone di pietra dipinto a calce bianca.
Un sottile velo di vapore
fa sospettare i punti di incontro fra l’acqua marina e la sorgente
termale che fuoriesce vicino ai muri dell’antico bagno, basta
toccare l’acqua per esserne certi…
Eftalou –
Stabilimento termale e Antichi Bagni
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Non resistiamo alla
tentazione di imitare altri bagnanti e di costruirci con i sassi che
troviamo una piccola piscinetta naturale tutta per noi, di godere di
questo primo dono dell’isola di Lesbo, un bagno termale in plein
air, accarezzati da un mix di correnti calde, dono della terra, e
onde fresche, dono del mare. Continuiamo a piedi lungo la scogliera e
dopo un breve, piatto e facilissimo passaggio di 50 mt, superate due
grandi rocce che sembrano sbarrare il passo, si apre davanti a noi la
bella spiaggia chiamata GOLDEN BEACH. Quello che era un tempo
il piccolo monastero di Ag.Anargiron è ora una
taverna, Golden Beach Restaurant, che offre ristoro, ombra e
qualche camera in affitto, sulla spiaggia sono state sistemate anche
una doccia e una cabina per cambiarsi: se avete bisogno di acqua o
altro, tenete presente che questa sarà l’ultima costruzione che
incontrerete, da qui in avanti, baia dopo baia, un susseguirsi di
spiagge di ciottoli, assolate e selvagge.
Golden
Beach… 6 spiagge selvagge
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Proseguiamo lungo il
mare, incontriamo una seconda baia molto simile alla precedente,
altrettanto grande, ma senza il ristorante ha un aspetto decisamente
più selvaggio, soprattutto dovuto alle scoscese rive su cui stanno
aggrappati alcuni alberi. Seguono due piccole baie, in realtà due
specie di anfratti nella scogliera, frequentati da naturisti in cerca
di ombra; poi una bella baia di discrete dimensioni e ben riparata
su tre lati, quindi una sesta spiaggia chiusa da una alta scogliera
di color ocra che sembra scendere dritta nel mare. Non abbiamo idea
di quanta strada abbiamo percorso, ma quest’ultima baia è la più
grande di tutte, completamente deserta, silenziosa, sembra di essere
arrivati in capo al mondo.... siamo rapiti dai suoi meravigliosi
scogli colorati, ci affascina e ci fermiamo.
…alla fine del
mondo…
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Un tuffo in mare è il
giusto premio dopo tanto camminare sotto il sole, l’acqua è
cristallina, fresca e tonificante, subito profonda, ci lasciamo
andare alle onde e ci lasciamo trasportare dalla corrente… quindi
ci distendiamo al sole con piacere, godendo del caldo dei ciottoli
lisci. Con gli occhi socchiusi osservo l’orizzonte davanti a me:
Molyvos col suo castello, sfumata dalla calura in lontananza, la
costa turca proprio dinnanzi, vicinissima, come una diga di pietra
gettata sul mare, la scogliera verticale in fondo alla spiaggia,
gialla di ocra o di zolfo.… le piccole onde lente, sollecitate dal
plettro del vento, sussurrano una canzone ritmata, sembra un lento
arpeggio, come quello di una cetra antica… nella luce pura si
muove una figura…. ARIONE era un abile musico nativo di
Molyvos, si diceva fosse figlio di Poseidone e della ninfa Onea: con
la sua bellissima voce cantava seduto sulla riva del mare, riusciva a
incantare uomini e animali, i delfini in particolare accorrevano
sempre ad ascoltarlo. Con la sua arte aveva fatto fortuna, sfoggiava
ricche vesti e ornamenti raffinati, il re di Corinto lo aveva
chiamato e trattenuto alla sua corte con mille onorificenze. Ad
Arione è attribuita l’invenzione del ditirambo, il canto corale e
scenico in onore di Dioniso da cui deriveranno le rappresentazioni
teatrali, una composizione in cui si fondono in eguali proporzioni
poesia, musica e danza: potremmo quasi definire Arione l’inventore
del musical. Erodoto narra che un giorno, trovandosi in viaggio su
una nave dall’Italia a Corinto, venne assalito e minacciato di
morte da marinai che lo volevano derubare. Arione mise mano alla sua
cetra e al suo canto arrivarono i delfini: si buttò in mare, uno di
essi lo caricò sul dorso trasportandolo fino a Corinto e morendo di
fatica, ma salvando la vita al poeta. Il dio Apollo trasportò
l’eroico Delfino fra le stelle della via Lattea e ne fece una
costellazione… La figura scompare svelta dietro la scogliera,
cerco di raggiungerla, non la trovo: ai piedi della scogliera un
passaggio fra le rocce porta oltre, le spiagge continuano ancora
verso est, selvagge, in totale solitudine e abbandono, l’acqua del
mare si increspa e appaiono due dorsi di argentei delfini a danzare
sul ritmo del ditirambo di Arione… Ritorniamo sui nostri passi e,
baia dopo baia, forse per il caldo, la camminata sembra lunghissima.
La taverna Golden Beach ci appare infine come un miraggio,
sembra quasi un fortino della legione straniera, bianca, con la sua
fila di finestrelle e un bel ciuffo di verde.
il miraggio…Golden
Beach Taverna
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Ci rinfreschiamo con un
tuffo in mare, poi ci sediamo sotto la pergola della taverna per uno
spuntino osservando incantati lo stretto canale di mare che separa
Lesbo dalla Turchia… “davanti a queste spiagge passano spesso
gruppi di delfini, e arrivano anche molto vicini alla riva..”
mi dice la signora della taverna: io annuisco sorridendo distratta,
completamente avvolta dal Mito di Arione che mai avrei pensato di
rivivere. Riprendiamo l’auto e torniamo verso Molyvos per
riprendere la nostra esplorazione.
Girando intorno al Monte Lepetimnos: il magico mondo di Stratis Myrivilis
Ascoltiamo Giorgio,
lasciamo perdere di avventurarci sugli sterrati che, stando alle
carte geografiche, corrono lungo la costa e prendiamo la strada
asfaltata che da Molyvos sale verso Vafiòs, Argenos e
Sikaminià. Il nostro itinerario gira tutto intorno al MONTE
LEPETIMNOS che si alza dritto verso il cielo, aguzzo e svettante,
il monte più alto dell’isola con i suoi 968 mt. Lungo le pendici
rivolte a nord la strada è buona e corre alta attraversando un
bellissimo paesaggio che alterna valli di velluto verde e boschi di
antichi alberi di castagne, ampi spazi aperti sul mare e vedute sulla
vicinissima costa turca. Ci fermiamo su una piazzola panoramica a
contemplare la magnifica veduta che si apre sotto di noi sul paese di
Lepetimnos con la sua bella chiesa di pietra col campanile e,
più in fondo, sulla manciata di case di Skala Sikaminiàs con
la sua bianca chiesetta.
Lepetimnos
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Lesbo inizia a rivelarsi a noi con tutta la bellezza del suoi paesaggi. A SIKAMINIÀ, un villaggio di montagna con case di pietra e viuzze di ciottoli, scendiamo verso il mare e quando la strada si biforca prendiamo per prima la deviazione a destra verso la spiaggia di KAGIA. E’ domenica e sulla spiaggia, all’ombra delle grandi tamerici le famiglie hanno organizzato i loro pic-nic: tavole ancora imbandite, sedie a sdraio, brandine e canotti colorano il litorale. Tutti, grandi e piccini, godono della dolcezza di questo angolo fresco, sonnecchiano tranquilli e cullati dal borbottio di piccole allegre onde.
Lesbo inizia a rivelarsi a noi con tutta la bellezza del suoi paesaggi. A SIKAMINIÀ, un villaggio di montagna con case di pietra e viuzze di ciottoli, scendiamo verso il mare e quando la strada si biforca prendiamo per prima la deviazione a destra verso la spiaggia di KAGIA. E’ domenica e sulla spiaggia, all’ombra delle grandi tamerici le famiglie hanno organizzato i loro pic-nic: tavole ancora imbandite, sedie a sdraio, brandine e canotti colorano il litorale. Tutti, grandi e piccini, godono della dolcezza di questo angolo fresco, sonnecchiano tranquilli e cullati dal borbottio di piccole allegre onde.
…domenica…
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Tornati al bivio,
scendiamo dalla parte di SKALA SIKAMINIÀS. Il piccolo borgo è
bellissimo e, non so perché, mi sembra una deliziosa miniatura di
Parga, senza la confusione di Parga. Lo scrittore STRATIS
MYRIVILIS è nato nel 1892 proprio a Sykaminià, il villaggio
sulla collina che abbiamo appena attraversato. La sua produzione
letteraria, scaturita in gran parte dalla sua partecipazione alle
guerre balcaniche e dalle sue esperienze sul fronte, è abbastanza
nota anche in Italia e alcuni libri si trovano tradotti. La sua
scrittura è molto affascinante e nei suoi libri, la sua amata Lesbo,
emerge sempre, in bilico fra realismo e poesia.
Skala Sikaminiàs
e la Madonna Sirena
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…un marinaio
viveva dentro la chiesetta..
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Un giorno il paese di
Sykaminia assiste all’arrivo di barche piene di rifugiati greci che
provengono dalla Turchia dopo l’espulsione dalle città costiere
conseguente alla fine del conflitto greco-turco. Molti di loro sono
pescatori, nessuna parola sulla loro tragedia, chiedono solo di
poter vivere vicino al mare: nasce così il borgo di Skala Sykaminia.
I turisti, che ora arrivano sin qui, possono ancora vedere questo
borgo e il grande gelso che ombreggiava il kafenion di
Smaragthi e che ora ombreggia i tavolini di una bella
taverna.
…arrivo di
barche piene di rifugiati greci, sono pescatori
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Il pescatore
Varouhos, un giorno, tornato un po' brillo dalla città, trova una
bellissima bimba dagli occhi verdi nella sua barca; nessuno sa da
dove questa piccola creatura provenga, di certo non viene dal paese,
di certo proviene dal mare, forse portata da un misterioso veliero,
forse deposta sulla spiaggia dalle onde.. solo dopo numerose indagini
si scopre esser figlia della sirena che lo aveva sedotto… A
Skala Sykaminia troverete ancora molte di queste ammaliatrici
creature marine: i suoi bellissimi negozietti di souvenir sono pieni
di oggetti carinissimi e stravaganti, molti raffigurano bellissime
sirene.
... forse
portata da un misterioso veliero
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…forse
deposta sulla spiaggia dalle onde
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il magico mondo di
Myrivilis
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Tutto il mondo di
Myrivilis si rivela ai nostri occhi. La chiesetta bianca di Skala
Sykaminia sta ancora lì, arrampicata sullo scoglio nero, bellissima,
che guarda, sorveglia e protegge le colorate barchette dei pescatori:
il suo nome lo trovo bellissimo, Panagia Gorgona,
Madonna Sirena. In realtà questa piccola chiesa ha anche un secondo
nome, Panagia ton Psaradon, Madonna dei Pescatori, e
così, come sempre accade, mito e fede si mescolano: la Sirena,
affascinante creatura ammaliatrice che porta alla morte, si unisce
alla Madonna, benigna madre che protegge. Skala Sykaminia è
sicuramente uno dei luoghi più affascinanti dell’isola: piccolo e
raccolto, le taverne con i loro allegri tavolini e i polipi stesi al
sole, i negozietti con i graziosissimi souvenir che sembrano usciti
dalle stive delle navi, le porte delle case decorate con corone di
statice, un grande albero con un enorme ed esotico pappagallo dal
piumaggio colorato. L’acqua lambisce dolcemente le banchine del
porto, il tintinnio ritmico degli alberi delle barche racconta ancora
la storia della sirena dagli occhi verdi: il magico mondo di
Myrivilis sembra ancora intatto.
Risaliamo nuovamente le
pendici del Monte Lepetimnos e dopo 7 km circa raggiungiamo il
piccolo villaggio di KLIÒ e da lì scendiamo per 6 km, in
gran parte asfaltati, fino alla spiaggia di TSÒNIA. Questa
spiaggia è molto lunga e bordata di alberi, la sua caratteristica è
l’arenile di grossa sabbia color rubino che, bagnata ed illuminata
dalla luce del pomeriggio, brilla corrusca in contrasto con un verde
mare cristallino.
Tsònia
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Mandamàdos -
Monastero Taxiarchis
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Data la
grande folla, giriamo per la chiesa indisturbati e proprio in fondo
alla chiesa, dietro il baldacchino del coreuta, troviamo la Santa
Icona dell’Arcangelo Michele che richiama fedeli da ogni
dove. Secondo la tradizione i pirati Saraceni attaccarono il
monastero e uccisero tutti i 40 monaci, tranne un giovane novizio che
riuscì a scappare e nascondersi. Il sopravvissuto, tornato nel
monastero devastato e depredato raccolse pietosamente la terra
intrisa del sangue dei suoi fratelli e mescolandola all’argilla ne
plasmò il volto dell’Arcangelo Michele in rilievo e con le stesse
dimensioni di un volto umano. Mai visto nulla di simile, non so se
questo volto sia veramente fatto di fango e sangue, resta il fatto
che è l’unica icona ortodossa al mondo in rilievo e non lascia
certo indifferenti, ha qualcosa di arcano e sovrannaturale, lo
sguardo dell’angelo si percepisce appena e sembra venire da molto
lontano, l’oro delle ali e della corona fanno emergere
drammaticamente l’incarnato bruno e corrusco del volto, le linee
perfette dei sopraccigli e il tratto quasi sensuale delle labbra.
Quest’angelo è certo nato dall’odio e dall’amore.
Superato il portone di
ingresso del Monastero, ci accoglie, nell’androne prospicente il
cortile, una enorme icona dell’Arcangelo Michele, vestito
d’argento, con scudo e spada, ali e calzari sfolgoranti, onorato da
mille candele: il cortile è molto grazioso e pieno di gente vestita
a festa. Del passato di questo monastero non si sa molto, pare abbia
origini bizantine, che sia stato distrutto dai Turchi e ricostruito
nel XVI secolo; certo ora è uno dei principali luoghi di
pellegrinaggio del mondo ortodosso. La chiesa è sontuosamente
decorata e illuminata a giorno, come poche ne abbiamo viste; le
colonne, le volte e le pareti sono tutte dipinte con colori
meravigliosi fra cui domina il verde e il rosso. È piena zeppa di
gente, ci sono battesimi ed assistiamo alla emozionante parte della
liturgia in cui i bambini, completamente nudi, vengono immersi nel
bacile con l’acqua.
...volto arcano
di fango e sangue...
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Ci dirigiamo quindi verso
MANDAMADOS, un paese grande, con caratteristiche case di
pietra, belle strade lastricate e kafenion affollati: famoso per la
produzione di terrecotte, sculture di legno e latticini. Anche se è
domenica ci sono alcuni negozi aperti e per le vie c’è un discreto
movimento: incontriamo diversi uomini a cavallo, ma notiamo anche
diversi cavalli ‘parcheggiati’ fuori casa, in particolare ne
notiamo uno: nero come la notte, lucido e bellissimo, con gli zoccoli
dipinti di rosso fuoco. La presenza dei cavalli a Lesbo sarà una
costante, una testimonianza delle antiche relazioni con la Tessaglia,
terra di cavalli e cavalieri. Torniamo un poco indietro e prendiamo
la deviazione a sinistra per KAPI, PELÒPI, IPSILOMETOPO, STIPSI.
Questo percorso di circa 15 km lungo le pendici meridionali del Monte
Lepetimnos si rivela davvero molto bello, non solo per il paesaggio,
ma soprattutto per il fatto che attraversa, uno dopo l’altro,
questi semplici paesi dove la vita scorre, oggi come un tempo, lungo
la strada principale, stretta e lastricata. Con l’auto quasi
sfioriamo le sedie dei piccoli kafenion tutte allineate contro i
muri, passiamo vicinissimi alle belle chiese e alle tradizionali case
di pietra che vedono lontani spicchi di mare, salutiamo le donne che
ci passano accanto e i ragazzini che riescono a giocare a pallone in
piccolissimi spiazzi. Le pendici del Monte Lepetimnos, su questo
versante, sono ricoperte di ulivi, querce e pioppi, prugni e susini,
molti fiumiciattoli scendono ripidi dalle gole e si gettano nel fiume
Tsiknias che continua la corsa verso la lontana baia di
Kalloni, Un paio di kilometri dopo Stipsi riappare il mare aperto e
la bella ampia baia di Petra, letteralmente illuminata dal sole e
giriamo verso PETRÌ.
Petrì
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…magie di Lesvos…
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Quattro case in croce, abbarbicate intorno ad uno
sperone roccioso, benedette da un panorama fantastico. Lasciamo la
macchina sul piazzale che si trova all’inizio del paese e ci
infiliamo fra le case. Scendiamo fino alla chiesetta, una sorta di
piccolo monastero muschioso, nascosto da un muro di cinta, molto
suggestivo nella sua assoluta solitudine. Le ombre sono ora
lunghissime e il sole è quasi vicino all’orizzonte. Risaliamo fra
le case e lungo la vietta che porta alla chiesa, troviamo la piccola
taverna O Venizelos che ha una terrazza bellissima da
cui si gode un tramonto spettacolare sulla baia di Petra.
O Venizelos
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Spazi aperti e solitarie spiagge: Terpandro raccoglie la lira di Orfeo
Partiamo di buon ora e la
bella spiaggia di PETRA, gli stabilimenti balneari e i beach
bar sono deserti. Il lungomare di Petra è pure tranquillo, i gestori
dei ristoranti lavano con la canna la strada, i negozianti espongono
con calma merci e souvenir, i bar sistemano i loro tavolini: persino
le onde si infrangono pigre e lente contro la strada, solo qualche
spruzzo arriva a bagnarla. Superiamo ANAXOS, confusamente
compressa contro la sua spiaggia piena di ombrelloni: questa è una
località prettamente turistica, fatta di studios, piccoli hotel e
pensioni, bar con piscina e negozi di paccottiglia marinara.
Superiamo anche la deviazione per la vicina spiaggia di Ampelia
e poi la strada inizia a salire con un bel panorama sul mare, Molyvos
e la costa turca sul fondo. Superato il paese di SKOUTAROS,
vicino alla deviazione per Filia, prendiamo la deviazione a destra,
sterrata nell’ultimo tratto, per la spiaggia di TSICHARANDA.
Tsicharanda
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Scendiamo in una bella e
ampia valle scavata da un fiume, fresca e brillante di ulivi e snelli
pioppi, arriviamo quindi al mare dove una pigra spiaggia scura si
stende, contornata da alberi, tranquilla e solitaria, con un paio di
taverne e qualche stanza in affitto. Riprendiamo il viaggio salendo
ancora fino ad una sorta di piccolo altopiano letteralmente
colonizzato da terribili impianti fotovoltaici e appena appare il
grande paese di SKALOHORI deviamo a destra seguendo le
indicazioni per Kalo Limani e Archea Antissa. Questo percorso è
interamente sterrato ma la strada è ampia, di buon fondo e
percorribilissima. Il paesaggio è magnifico, si scende fra alture
pietrose e gialle di stoppie, punteggiate da brune querce con grandi
chiome, sullo sfondo il dolce contorno delle costa mosso da languide
curve, rientranze e piccole penisole, lo sguardo corre senza ostacoli
dalla baia di Kalo Limani ad Archea Antissa, dalla verde Kambos alle
case di Gavathas. Il mare domina tutto quanto, immobile, di un
azzurro intenso e puro.
..alture pietrose
e gialle stoppie..
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Dopo circa 12 km lo
sterrato si biforca: a sinistra si raggiunge in 9 km Archea Antissa,
a destra si arriva in 3 km a Kalo Limani. Non poteva avere un nome
più adatto: KALO LIMANI è un borgo di 5 case che si affaccia
su due opposte e riparate insenature con due scenari completamente
diversi. Si incontra per prima la piccola insenatura con la bella
spiaggetta di sabbia, mare cristallino e luminoso, piatto, col
fondale basso e vellutato. L’ombra è assicurata da un paio di
grandi tamerici e da un paio di grandi ombrelloni messi a
disposizione dalla taverna retrostante.
Continuando lungo la
stradina che si infila fra le case si sbuca sulla seconda insenatura,
il porticciolo vero e proprio, immerso in un immoto paesaggio quasi
lacustre. Qui il fondo marino è molto scuro, l’acqua su cui si
riflettono le gialle pendici dei monti circostanti sembra densa, si
intravedono delle gabbie per l’acquacoltura e, in lontananza,
ancora Molyvos. Il piccolo molo, le barchette, le attrezzature da
pesca e una bilancia per la vendita del pesce rendono evidente
l’attività di questo minuscolo borgo. Ci fermiamo sulla spiaggia
della prima baia, un richiamo irresistibile per una bella nuotata e
un po’ di tranquillo ammollo; anche la taverna alle nostre spalle è
molto attraente, anche solo per un caffè sotto la sua frondosa
pergola. Bellissimi sono i modellini di barche esposti e messi in
vendita dalla taverna: il simpatico gestore mi spiega che sono sue
creazioni, fatte con i pezzi di legno e materiali che il mare ritorna
alla spiaggia. Li trovo davvero molto affascinanti.
Kalo Limani
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ARCHEA ANTISSA ha
una stretta spiaggia di ciottoli, ma l’attrattiva principale sono
le vestigia del suo passato. Proprio sul Capo Ovriocastro
dormono i bruni resti, vestiti d’erba e sale, delle mura della
fortezza bizantina, fortificata dai Gattelusi. Probabilmente era il
grande Castello di San Teodoro descritto con ammirazione da tanti
viaggiatori del passato. Qui si trovava anche l’antica città greca
di Antissa e qui nacque TERPANDRO nel 712 a.C., un musico
poeta a cui si riconoscono grandi meriti nella innovazione della
lirica corale. Orfeo appartiene forse al mito, Arione
appartiene alla leggenda, Terpandro appartiene alla
storia, ma a dispetto di ogni collocazione, il setoso filo della
poesia che li lega è quello stesso filo che lega Lesbo alla poesia.
Nell’antichità, musica e poesia erano strettamente legate, per gli
antichi era quasi impossibile immaginarle separate. Ma si dice sia
stato l’ingegnoso Mercurio a costruire la prima lira tendendo 7
corde all’interno del carapace di una tartaruga che aveva ucciso:
lo strumento venne poi regalato ad Apollo e questi lo donò a sua
volta a Orfeo che ne imparò l’uso dalle Muse. Il mito vuole
così che sia Orfeo l’indiscusso padre di
questo genere artistico che noi chiameremmo canzone: con la sua
poesia, la sua musica e la sua voce commuoveva uomini e animali, dei
e natura, vinceva ogni pericolo ed ostacolo, persino la morte... la
storia di Orfeo e Euridice resta una delle più belle dediche
che mai siano state fatte alla poesia. Arione, suona la
cetra, in bilico fra storia e leggenda: certo nacque a Lesbo, forse
non proprio dal dio Poseidone, certo fu un uomo ricco e famoso, forse
non cavalcò un delfino. Comunque sia il ritmo e la melodia della
cetra di Arione è vivo e presente, lo ascoltiamo ogni volta
che passeggiamo lungo la riva del mare, nei sussurri e nei fragori
delle onde. Terpandro non ha nulla di divino e
leggendario, è semplicemente un uomo, ma è ben degno erede di Orfeo
e Arione. Riforma questo genere di arte introducendo al posto
della cetra a 4 corde quella a 7 corde che consente una armonia più
complessa; inventa il nuovo genere musicale degli skolion,
canti da eseguire durante i banchetti, come pure lo strumento a corde
per accompagnarli, il bàrbiton, una rivisitazione della lira
che divenne lo strumento simposiale per eccellenza; fondò scuole
musicali, di cui la più famosa a Sparta; compose inni e vinse molte
gare musicali; riorganizzò persino il festival musicale delle
Karneia che si teneva a Sparta e a cui potevano partecipare
sia uomini che donne. Che altro dire?
i sussurri
delle onde … la melodia della cetra
|
Risaliamo a SKALOHORI,
non prendiamo la ‘circonvallazione’ che passa alle spalle del
paese ma lo attraversiamo tutto sulla sua strada principale
lastricata, stretta fra le case ma bellissima, augurandoci di non
incontrare nessuno che arrivi dal senso opposto. Prendiamo quindi la
deviazione asfaltata per Gavathas, attraversando un mare di
olivi e molti fiumiciattoli. In questo tratto sono numerose le
indicazioni che scendono verso KAMBOS, una selvaggia spiaggia
di circa 2 km, parte di ciottoli e ghiaia, parte di sabbia con dune
naturali: totale solitudine e vento del nord la fanno apparire
praticamente inesplorata. GAVATHAS è invece una baia
praticamente circolare e molto riparata dai venti. Il piccolo paese
si stende sulla penisola che chiude il golfo offrendo riparo alle
barchette da pesca ancorate nel suo piccolo porto, all’estremità,
su uno sperone roccioso, spicca la piccola chiesa di Agios
Panteleimon. La strada costeggia tutta la baia, lunga, sabbiosa e
poco affollata, con qualche piccolo alberello di tamerice e un breve
tratto attrezzato con lettini e ombrelloni messi a disposizione dalla
taverna della spiaggia. I fondali sono di finissima sabbia scura,
vellutata e soffice, l’acqua è bassissima e calda, limpidissima,
un vero piacere: avevo letto della presenza di alghe, noi non ne
abbiamo trovate.
Ci godiamo un lungo, piacevolissimo bagno, anzi, un vero e proprio immoto ammollo, ci sdraiamo nell’acqua e con le mani affondate nella morbida sabbia come radici, ci abbandoniamo come alghe al lentissimo riflusso della corrente, assorbiamo come plancton la salsedine del mare e il calore del sole, la contemplazione dell’orizzonte immobile e la suggestione della leggenda di ORFEO. Secondo la tradizione, Orfeo, figlio del re tracio Eagro e della musa Calliope, disperato e privo di ogni desiderio di vita dopo la definitiva perdita della sua sposa Euridice, trascurò di onorare il dio Dioniso arrivato in Tracia con il suo ebbro seguito di Menadi. Dioniso, offeso, ordinò alle Menadi di vendicarlo e queste, mentre Orfeo cantava sconsolato il suo protettore Apollo, lo uccisero, lo fecero a pezzi e gettarono nel fiume Ebro la sua lira e sua testa che galleggiarono, sempre cantando, fino al mare e vennero trasportate dalle onde fino all’isola di Lesbo, pare proprio sulla spiaggia di Gavathas. La testa di Orfeo venne pietosamente raccolta e collocata in una grotta che divenne un santuario e un oracolo del musico semidio. La tradizione vuole che la testa di Orfeo continuasse a parlare e cantare accompagnata dalla sua lira e che migliaia di pellegrini visitassero il tempio per ascoltare le sue poesie e i suoi vaticini. La sua fama divenne così grande da oscurare quella dell’oracolo di Delfi e Apollo si adirò molto di questo fatto ordinando per sempre il silenzio al poeta: da allora la testa di Orfeo divenne silente, ma gli usignoli della zona iniziarono a cantare ancora più dolcemente che in ogni altro posto.
Gavathas
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Ci godiamo un lungo, piacevolissimo bagno, anzi, un vero e proprio immoto ammollo, ci sdraiamo nell’acqua e con le mani affondate nella morbida sabbia come radici, ci abbandoniamo come alghe al lentissimo riflusso della corrente, assorbiamo come plancton la salsedine del mare e il calore del sole, la contemplazione dell’orizzonte immobile e la suggestione della leggenda di ORFEO. Secondo la tradizione, Orfeo, figlio del re tracio Eagro e della musa Calliope, disperato e privo di ogni desiderio di vita dopo la definitiva perdita della sua sposa Euridice, trascurò di onorare il dio Dioniso arrivato in Tracia con il suo ebbro seguito di Menadi. Dioniso, offeso, ordinò alle Menadi di vendicarlo e queste, mentre Orfeo cantava sconsolato il suo protettore Apollo, lo uccisero, lo fecero a pezzi e gettarono nel fiume Ebro la sua lira e sua testa che galleggiarono, sempre cantando, fino al mare e vennero trasportate dalle onde fino all’isola di Lesbo, pare proprio sulla spiaggia di Gavathas. La testa di Orfeo venne pietosamente raccolta e collocata in una grotta che divenne un santuario e un oracolo del musico semidio. La tradizione vuole che la testa di Orfeo continuasse a parlare e cantare accompagnata dalla sua lira e che migliaia di pellegrini visitassero il tempio per ascoltare le sue poesie e i suoi vaticini. La sua fama divenne così grande da oscurare quella dell’oracolo di Delfi e Apollo si adirò molto di questo fatto ordinando per sempre il silenzio al poeta: da allora la testa di Orfeo divenne silente, ma gli usignoli della zona iniziarono a cantare ancora più dolcemente che in ogni altro posto.
Facciamo uno spuntino
alla taverna della spiaggia, che è forse l’unica attrazione di
Gavathas, e poi ritorniamo sui nostri passi in direzione Molyvos,
abbiamo ancora tante cose in programma. La prima tappa è al
MONASTERO PERIVOLIS, costruito nella fertile e boscosa valle
del fiume Voulgaris.
Moni Perivolis, il
monastero giardino
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Il Monastero, ben celato
da alberi secolari, lo si scopre solo alla fine della strada che
termina su un ampio spiazzo erboso. Il luogo nel suo insieme esprime
pace e serenità, profuma di fresco e di erbe, risuona del cinguettio
degli uccelli e del ronzio delle api: non a caso il nome perivolis
significa giardino. All’interno della alta cinta
muraria che lo racchiude e custodisce, si apre il cortile su cui si
affacciano l’ala conventuale e la preziosa chiesa costruita
seguendo lo stile dell’architettura popolare a basilica con il
tetto di legno. Siamo gli unici visitatori, il giovane custode sta
facendo un riposino sotto il porticato ma appena ci vede ci regala
un simpatico sorriso e ci dà il benvenuto. Apre subito la chiesa,
relativamente piccola, e mostra il bellissimo ciclo di affreschi
sulla vita di Cristo che pare risalgano al 1300 e si mantengono in
discreto stato di conservazione. Questo giovane custode è una
persona amabile e carina, perfettamente in sintonia con la dolcezza
di questo luogo di pace, sembra esser affezionato a queste mura e non
aver desiderio alcuno di fuggire altrove. Mentre risaliamo la valle,
si alza una folata di vento che muove le fronde dei grandi alberi,
uno ad uno, tutti gli ulivi della valle rispondono, mille fronde si
muovono insieme, mille e mille foglie cantano, la musica di Orfeo e
di Terpandro rivive… Arrivati a Vatousa, prendiamo la strada per
HIDIRA con l’intenzione di visitare il Museo del pittore
Jacobides, grande pittore greco, fondatore, e primo curatore,
della Galleria Nazionale di Atene. La deviazione è piuttosto lunga e
tortuosa, qui non ci sono boschi ma verdeggianti distese di magnifici
vigneti carichi di grappoli d’uva e la prima costruzione che
incontriamo arrivando al paese di Hidira è proprio la piccola
Azienda Vinicola Methymneos. Il suo carinissimo
edificio, bianco candido col tetto rosso, l’ingresso coronato da un
timpano e due rosse colonne, lo fanno assomigliare più ad tempio che
ad una azienda vinicola, mi piace questa idea di un moderno tributo
al dio Dioniso da parte di chi ha ridato lustro alla eccellente
produzione locale di vino bianco e rosso. Parcheggiata l’auto non
lontano dall’azienda vinicola, procediamo verso il centro del paese
a piedi. Purtroppo troviamo chiuso il Museo del pittore
Georgios Jacobides, qui nato nel 1853: ci accontentiamo di
ammirare i suoi meravigliosi ritratti su un libro e di godere un
attimo di fresco sulla piazzetta del paese dove, come di consueto, un
grande platano ombreggia due rustici kafenion e l’immancabile
chieda dedicata alla Panagia. Tornando indietro ci fermiamo ad
ammirare le brune e nobili case di VATUSA adagiate sul fianco
della collina. Il villaggio ricorda un poco Molyvos per via delle
nobili e solide case costruite in pietra locale e delle belle strade
lastricate che si arrampicano fra edifici di pregio. Da ammirare sono
la chiesa della Dormizione della Vergine Maria, la bella
fontana di marmo e l’elegante Archontikò Gogos:
un palazzetto neoclassico dalle sfumature rosate, decorato con lesene
di pietra lavica scura e cinto da un piccolo cortile con due belle
palme. Ora andiamo dritti a Petra.
Petra: la poesia del Dolce Bacio
PETRA è una
località turistica molto animata a soli 4 km da Molyvos. La
cittadina ha una grande e bella spiaggia, molto apprezzata per la sua
godibilità, i suoi servizi e, non ultimo, il suo bel mare
cristallino e piatto. Petra ha un suo charme e un proprio stile,
allegra e vivace, decisamente vacanziera e spensierata; intorno alla
spiaggia, c’è tutto il movimento balneare, nel bene e nel male. Al
termine della spiaggia inizia il borgo storico, le case si stringono
una all’altra a ridosso della strada che corre abbracciata al mare
e sulla quale si affacciano ristoranti e caffè affollati di turisti:
qui le onde schiaffeggiano senza ostacoli la banchina e i loro
spruzzi bagnano i bei lampioni di ferro battuto. Seduti ai tavolini
di questi graziosi locali sul mare si gode un suggestivo tramonto con
il sole che si tuffa senza ostacoli nel mare accanto all’Isola dei
Conigli, un’oasi naturalistica raggiungibile con escursioni
organizzate da Petra. La zona retrostante il mare è chiusa al
traffico e, a dispetto di tutto, conserva il sapore di un paese
tradizionale. Lasciamo la macchina sul lungomare e ci addentriamo fra
le strette viuzze selciate, piene di negozietti di artigianato
tradizionale e chioschi di souvenir in gradevole mix.
Monastero della
Panagia Glikofilousa
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L’attrattiva principale
di Petra è indubbiamente il possente monolito coronato dal Monastero
della Panagia Glikofilousa, la Madonna del Dolce Bacio.
Questa enorme roccia cilindrica di origine vulcanica e il suo piccolo
monastero risultano del tutto simili ad un monastero delle ‘Meteore’
che spunta proprio nel centro di Petra e della sua bella baia. Per
scalare questi 30-40 metri di roccia, occorre salire per una
scalinata di 114 gradini scavati nella nuda roccia, ma questa ascesa
non costa fatica, tanto si è attratti dalla bellezza degli scorci
sul villaggio sottostante e dal panorama sul brillante Egeo. La
costruzione monastica sembra, di primo acchito, una piccola fortezza:
si entra per un portoncino e ci si trova in piccolo cortile cinto da
spesse mura di pietra, con finestre simili a feritoie. L’originale
chiesa è al centro del cortile, ben protetta e custodita.
Naturalmente, intorno a questo mistico nido d’aquila, aleggia una
poetica leggenda… In tempi molto lontani, una tempesta portò un
marinaio devoto a questi lidi. La mattina, il marinaio constatò di
aver perduto l’icona della Madonna che portava sempre con sé,
guardò ovunque sulla barca, ma non la trovò. La notte vide un
bagliore che sembrava brillare sospeso fra la terra e il cielo,
incuriosito, salì sulla roccia trovando, con sorpresa, la sua icona
illuminata da una lampada. La prese e tornò alla sua barca ma la
mattina seguente l’icona era nuovamente scomparsa e la ritrovò
ancora in cima alla rupe la sera stessa. Decise così di costruire
una piccola cappella dove, ovviamente, la Madonna aveva deciso di
stare: l’icona della Madonna del Dolce Bacio, tutta
vestita d’argento, è ancora lì, sul trono di pietra che si è
scelta, circondata da candele, lampade votive e innumerevoli ex-voto
che rappresentano le più disparate parti del corpo, segno e speranza
di guarigioni.
Molyvos e le sue mitiche donne: Methymna, Stella, Angelica e Dora.
Arriviamo a MOLYVOS
a tardo pomeriggio, l’ora migliore, le sue case di pietra si
riscaldano e emanano tutto il profumo del tempo.
Molyvos, la città
della principessa Methymna
|
Il suo nome antico è
legato a quello di una principessa, Methymna, la più
bella delle cinque figlie del mitico re Macareo figlio di
Eolo, signore dei venti e progenitore della stirpe Eolica,
andata in sposa a Lesbo, figlio di Lapithus,
mitico re tessalo, signore dei cavalli. Così questa terra, alle sue
origini, si identifica con l’unione di due stirpi, l’eolica e la
tessala, con l’unione di vento e cavalli. Durante il medioevo,
però, la città assunse il nome di Molyvos, o Molivos, forse a
identificare prontamente la città nella sua collocazione su di un
monte completamente circondato da bellissimi oliveti (M. Olivos?
...why not?). Comunque vogliamo chiamarla, Methymna o Molyvos è
bellissima, anzi, straordinaria, una delle più belle viste
nell’Egeo. La sua struttura e la tradizionale architettura, ancora
intatte, riflettono lo stile di vita sociale del passato e a noi
regalano una magnifica atmosfera di charme e di scoperta: sicuro
plauso va alle autorità locali che qui sono da tempo impegnate a
difendere e preservare il loro patrimonio. Nonostante sia una
cittadina grande e popolosa, connotata da sviluppo turistico
consolidato, attiva in diversi settori economici, Molyvos stupisce
per la sua arcana eleganza, per il fatto che non si vede una
costruzione che non sia di pietra naturale o qualcosa che turbi
l’equilibrio e l’armonia di questa cittadina. Dato che il centro
non è ancora chiuso al traffico proviamo a scendere fino al porto
con l’auto ma è impossibile parcheggiare, ci arrampichiamo quindi
per ripide stradette fino al Castello e, aggiratolo, ritorniamo
all’inizio del paese per parcheggiare ancora una volta vicino alla
Taverna Alonia. Dalla Taverna Alonia sale una comoda
strada per raggiungere il Castello in macchina, ma se volete andare
in centro città vi consigliamo di lasciar perdere di avventurarvi
con l’auto fra le stradette di Molyvos. Lasciate l’auto vicino
alla Taverna Alonia o nel parcheggio all’inizio del paese e
muovetevi a piedi. Ci addentriamo fra caratteristiche vie lastricate
di pietre, levigate e lucide, fiancheggiate da belle case, pure di
pietra, rallegrate da fiori e infissi rosso rubino; camminiamo senza
meta e assaporiamo scampoli di vita quotidiana fra chiese, belle
librerie, negozi raffinati e semplici empori di frutta e verdura.
Sembra di camminare in un romanzo d’altri tempi…
Molyvos, la città
di Stella, la ragazza dagli occhi d’oro
|
Stella,
l’amante di Stratis Myrivilis, lo scrittore che
abbiamo già incontrato a Skala Sykaminia, viveva in una di
queste case di pietra, nella parte alta della città vicino al
mercato. Ora la sua casa è un b&b che si presenta col nome “The
schoolmistress with the golden eyes”, dal titolo del
romanzo che Myrivilis ha scritto con il cuore traboccante di
passione. Nel racconto la loro storia d’amore rivive tramite i
personaggi Leonis Drivas e Sappho Vranas. Leonis
è un soldato che torna dalla guerra con l’incarico di un amico
ufficiale morto di consegnare le sue cose alla sua amata vedova,
Sappho, la bella insegnante dagli occhi d’oro, ben diversa da tutte
le altre donne…. Ma tra le vie di Molyvos si aggira un’altra
insegnante, protagonista di un altro racconto, di tutt’altro genere
e di un altro scrittore. E’ Angelica, eroina
dell’omonima novella scritta da Argyris Eftaliotis,
che cammina nei suoi abiti leggeri ed eleganti fra le case di
pietra, bellissima, bianca come se non fosse mai stata sfiorata dal
sole e con un sorriso meraviglioso. Questa è una storia divertente,
i protagonisti sono Angelica e Myzethras: lei,
spavalda insegnante giunta dalla città a portar lo scompiglio in
paese con i suoi abiti e i suoi modi raffinati, con il suo linguaggio
ricercato e le idee anticonformiste, lui, rustico, primitivo e
passionale, una sera la bacerà e le sussurrerà che “non
sa parlare come un libro, ma sa cantare come un uccello nel bosco,
non sa fare inchini come un francese, ma sa amare come un Greco”,
il finale? a lieto fine! La scuola di Angelica non l’abbiamo
trovata, ma abbiamo trovato la casa dove nel 1849 nacque Argyris
Eftaliotis, autore di novelle, scritte in linguaggio popolare e
ispirate dalla sua terra, dalle sue tradizioni e dallo scorrer lento
della sua vita. La casa dello scrittore è a circa 50 metri da Platia
Kyriakou chiamata anche Platanakia per i due
bellissimi alberi di platano che ombreggiano i tavolini dei
ristoranti e gli splendidi edifici tradizionali che la contornano.
Molyvos, la città
della bella Angelica
|
Fra le tante case,
antiche e nobili, con meravigliosi balconi di legno identifichiamo
anche l’Archonticò Jiannakou. Non conoscevano né la
via né la zona, ma l’istinto ci ha guidato verso la bella e grande
casa costruita di solida pietra, con bowindow e piani rialzati
in legno, dipinti di un rosso scuro e antico, molto simile alle case
dei vecchi quartieri di Istanbul. Suoniamo alla porta e la signora
Dora Parisi ci viene ad aprire. Giorgio l’aveva
preavvisata della nostra visita e ci aspettava. Lei non è un’eroina
di novelle e romanzi, ma un’eroina della vita. Piccola di statura,
ferita in età giovanile da una grave malattia, affronta la vita come
un’instancabile combattente, tenace e volitiva: aikiniti, ha
detto Giorgio, sempre in movimento, proprio come la sua vita. Nata a
Molyvos, dopo il diploma di sartoria conseguito a Mitilene parte per
Parigi dove, lavorando e studiando, consegue anche il diploma di
stilista e fa pratica in un laboratorio di prèt-a-porter. Torna in
Grecia, si sposa e ha due figli, solo nel 1977 ritorna a Molyvos
nella sua casa di famiglia, l’Archonticò Jiannakou,
che decide di restaurare. Così mette anche in pratica l’idea di
creare delle sculture di terracotta abbigliate con veri abiti di
stoffa che riproducono i costumi tradizionali greci. Nel 1983
organizza la sua prima mostra personale a Mitilene, a cui sono
seguite personali in numerose località europee, nonché a Cleveland
in Ohio e a Sidney in Australia. Un piccolo assortimento delle sue
meravigliose creature di terracotta, alte 20/30 cm, è esposto su un
tavolino: sono fantastiche, tutta la Grecia vi è rappresentata,
anche i costumi più complicati sono riprodotti nei minimi
particolari come pure gli oggetti che tengono fra le mani. Dora non
ci mostra solo le sue opere ma anche la sua magnifica casa. Costruita
nel 1790 da un nobile turco e acquistata dalla sua famiglia nel 1935,
custodisce meraviglie, tesori e ricordi. Saliamo al piano superiore e
Dora spalanca le imposte per far entrare la luce…. che meraviglia!
Restiamo senza parole, entrare nel salone di questa dimora è come
entrare in un'altra epoca, mobili bellissimi, tappeti preziosi, un
graziosissimo divanetto, vetrinette con oggetti d’altri tempi e
suppellettili assortite, bicchieri, tazzine e mille altre cose. Ho la
sensazione di violare un santuario e non oso fotografare nulla.. ma
il soffitto… di legno dipinto…!
Molyvos, la città
di Dora, l’artista
|
Una grande corolla si
apre sopra di noi con petali di colore antico, lungo tutto il
perimetro della stanza corre un meraviglioso fregio che riproduce
paesaggi idilliaci e meravigliosi velieri con il vento in poppa…
dalle finestre entra il mare e le navi dipinte sembrano voler uscire
dalla stanza, prendere ancora il largo verso i luoghi da cui sono
partite: Smirne, Cesme, Istanbul forse, città lontane e al tempo
stesso vicine, immortalate dai dipinti che vediamo sulle pareti di
questa meravigliosa casa… il nobile turco viveva certo di
nostalgia. Ma anche Dora, passando accanto agli oggetti che
raccontano la vita della sua famiglia, sembra presa da nostalgia.. è
giunta l’ora di salutarla, la ringraziamo del grande regalo che ci
ha fatto mostrandoci la sua casa e dandoci accesso a un pezzo del
cuore segreto di Lesbo. Scendiamo pian piano al bellissimo
porticciolo: forse solo quello di Idra può gareggiare in atmosfera!
Il porto è circondato da bar e caffè, ristoranti specializzati in
piatti di pesce, negozietti dove si trova di tutto, dai cd di musica
locale ai libri, tanti libri. Lo scenario che si gode dal porto è
unico, il paese abbracciato alla collina dominata dal Castello, i
lampioni che illuminano le strade in discesa verso il mare, le case
di pietra dagli infissi rossi bordati di bianco, le cassette per il
pesce accatastate, le barche da pesca di ogni dimensione e foggia,
larghe e panciute, snelle e piccine, i tavolini dei ristoranti sul
bordo dei moli, le luci riflesse sul mare come stelle filanti.... La
notte a Molyvos non è mai buia, le luci della città e del suo
Castello rischiarano cielo e mare, ma quando sorge la luna, entra in
scena la principessa Methymna… una poesia di luce e
vento.
Molyvos,
la città di Giorgio -
Eleniko
|
Viaggiando fra vulcani, lava e foreste pietrificate: Teofrasto il poeta della natura
Partiamo prestissimo con
i nostri bagagli. Ripercorriamo senza soste la strada fino a
Skalohori, ma appena finita la zona con gli impianti
fotovoltaici, non attraversiamo il paese e, tenendo la sinistra,
prendiamo la ‘circonvallazione’ seguendo l’indicazione Sigri –
Eresso. Bellissimo è un tratto di strada, già notato ieri, che
corre in un punto stretto della valle caratterizzato da una foresta
di guglie di lava, fra le quali si nasconde un’area di interesse
archeologico non meglio identificata da un pannello scolorito dal
sole. Quando arriviamo ad ANTISSA è d’obbligo una sosta per
una colazione, con caffè e dolcetti locali, sulla bellissima e ampia
piazza ombreggiata da enormi e antichi platani. Il cuore del paese è
tutto qui, sulla sua piazza: l’ufficio postale, il piccolo museo
del folklore, ristoranti e kafenion caratteristici. Antissa è uno
fra i più bei villaggi tradizionali di montagna e gode di un clima
piacevolmente fresco e ventilato data la sua posizione a 360 mt di
altitudine, in bilico fra mare e monti. Dopo Antissa inizia un
paesaggio assolato e desertico di straordinaria bellezza, immenso ed
assoluto, solenne. Raggiunto il bivio Sigri – Eresso, svoltiamo a
destra verso Sigri e poco dopo appare il Monastero Ypsilou in cima ad
un cono aguzzo di pietra nuda
Monte
Ordymnos e Monastero
Ypsilou
|
..antica fortezza
|
…mistico
rifugio
|
…pensiero puro
|
Oltrepassato il grande
portone di ingresso si accede ad un quadrato cortile circondato da un
doppio porticato a basse volte con gli archi decorati da intarsi di
cotto: al centro la chiesa principale, dedicata a San Giovanni
Teologo, ricostruita nel 1967, dopo un incendio, nella sua antica
forma a basilica a navata unica con tetto di legno e cupola absidale.
Nel monastero ora vivono tanti gatti rossi e due soli monaci che
custodiscono un piccolo e grazioso museo ecclesiastico con oggetti,
abiti e paramenti sacri, reliquari e icone: il vero vanto
dell’esposizione sono 59 meravigliosi libri e rotoli manoscritti.
Saliamo i gradini che portano alla terrazza più alta del Monastero
da cui si contempla un magnifico panorama a 360°, un paesaggio
incredibilmente lunare, arso, pietroso, totale assenza di abitati ed
alberi, solo terra aspra e spazzata dal vento: la zona vulcanica
dell’isola qui si manifesta in modo inequivocabilmente drammatico.
In questo nido d’aquila, sfiorato dalle nubi, il pensiero corre
senza ostacoli, puro e limpido: nessuna macchina fotografica potrà
mai neppure lontanamente cogliere quello che i tuoi occhi e il tuo
spirito vedranno da quassù.
Riprendiamo il viaggio e
poco dopo il Monastero Ipsilou una deviazione di 5 km porta al
Parco della Foresta Pietrificata: la strada corre ad alta
quota fra pale eoliche e nuvole veloci, il contesto paesaggistico
resta di forte impatto. Il Parco della FORESTA PIETRIFICATA si
stende in una valle pietrosa e caldissima, dall’ingresso partono i
percorsi di visita da cui si possono ammirare da vicino e fotografare
questi fantastici reperti fossili nel loro sito di ritrovamento.
Questa foresta pietrificata, molto più grande di quella più famosa
in Arizona, è una vera meraviglia del mondo. L’età della foresta
è stimata in 20 milioni di anni, pare che gli alberi si siano
preservati quando vennero coperti dalla cenere vulcanica eruttata dal
vicino Monte Ordymnos, quello sulla cui cima c’è ora il
Monastero Ypsilou. Sicuramente il momento migliore per
visitare l’area è la mattina presto quando il sole è meno
implacabile, però vale comunque la pena venire fin qui per rendersi
conto del contesto naturalistico e paesaggistico.
Parco della
Foresta Pietrificata
|
In questo luogo si resta
sbalorditi dalla gran quantità di alberi fossilizzati in perfetto
stato di conservazione che costituiscono un vero sistema boschivo del
passato: in nessuna altra parte al mondo sono presenti così tanti
tronchi fossili nella loro posizione originale. L’area è molto
vasta e se soffrite il caldo potete valutare di osservare la valle
dalla ombrosa e fresca terrazza panoramica vicino all’ingresso, da
cui potete anche scattare qualche foto agli alberi più vicini,
dirigendovi poi al Museo di Sigri e al suo geoparco dove, senza
soffrire troppo, potrete meglio godere di queste straordinarie
meraviglie della natura. Torniamo indietro e riprendiamo la strada
per SIGRI: la vediamo da lontano. Qui il panorama è ha come
confini solo l’orizzonte, la cittadina appare piccola e bianca,
persa nella straordinaria immensità del paesaggio come un miraggio,
una terra del tempo perduto… non si può non rimanere affascinati
dall’ampia curva della linea costiera, dalla composizione armonica
della piccola penisola su cui sorge la cittadina, delle insenature
blu e delle isole Nissiopi, Sidousa e Fane che si stendono a riparo
della baia.
persi per sempre
… Sigri
|
Con qualche ampio
tornante arriviamo alle porte del paese ma prima svoltiamo a destra
verso il centro di windsurf Sigri Surf sulla strada per
la spiaggia di Faneromeni. I windsurf corrono veloci per l’ampia
baia riparata dall’isola Nissiopi che si stenda
davanti al porto di Sigri con le sue rive popolate da alberi fossili
semisommersi: il mare è una tavola piattissima nonostante il nostro
anemometro indichi un vento di 20 nodi con raffiche fino a 36 nodi.
Il centro è piccino ma ben fornito di attrezzatura, c’è un bar e
lettini prendisole. Aldo si ferma a fare quattro chiacchiere con il
simpatico giovanotto austriaco dei windsurf: quest’anno niente
kite, ma il prossimo anno la scuola riapre di sicuro... Oltre il
Sigri Surf, la strada arriva fino alla selvaggia e
meravigliosa spiaggia di FANEROMENI: semplicemente
spettacolare, una immensa distesa di sabbia, praticamente deserta,
con alle spalle un pigro fiume e la sua ampia valle di verdi
cannicci. Isolata al centro della spiaggia, quasi a dividerla a metà,
c’è una grande roccia bianca, una sorta di grande meringa gessosa:
se vi arrampicate sopra dominerete uno scenario di primitiva
bellezza, da un lato la spiaggia che corre fino a frangersi su nere
rocce affioranti dal mare con l’isola di Nissiopi sull’orizzonte,
dall’altro una distesa sabbiosa enorme con la sola presenza di una
solitaria taverna, alle vostre spalle i sinuosi meandri del fiume.
Alla estremità settentrionale della spiaggia di Faneromeni, alla
radice della roccia, noterete un faro bianco, è la cappella dedicata
alla Panagia Zoodochos Pigi con la grotta dove si dice
sia vissuto l’eremita San Theophanis prima di fondare
il Monastero Ypsilou.
Torniamo verso SIGRI.
Un porticciolo sorvegliato da un castello, un insieme confuso di casette, appartamenti per le vacanze, rooms to let e piccoli hotel, una lunga e riparata spiaggia di sabbia con alberi frequentata da famiglie. All’epoca del sultano ottomano Solimano la cittadina di Sigri aveva una notevole importanza come porto verso le rotte commerciali occidentali e venne arricchita da edifici pubblici ancora visibili: forte moresco, scuola, moschea, bagni pubblici, acquedotto e fontane. Fino agli inizi del 20° secolo la popolazione di Sigri era ancora interamente musulmana, quando, nel 1923, venne del tutto sostituita dai rifugiati greci provenienti dall’Asia Minore. Il monumento di pregio maggiore resta il Forte Moresco, uno scuro e suggestivo castello costruito nel 1757 da Mehmet Pasha proprio sotto il regno di Solimano: piccolo, quadrato, robusto e ben protetto, con un bel portale di pietre rosse e bianche che contrasta con le mura di pietra lavica che conservano i colori del fuoco. La sua posizione è molto bella e la vista dai suoi bastioni è unica. Non lontano dal castello c’è la scuola, a sinistra la fontana turca, a destra alcune taverne con balconate panoramiche. La moschea venne invece trasformata nella caratteristica chiesa di Agia Triada che, con la sua mole cubica di belle pietre, pare maggiormente un palazzo signorile che una chiesa. Nell’insieme Sigri, non è un paese che può esser definito bello, soprattutto se paragonato a molti altri paesi sparsi sull’isola, ma trovo abbia un suo fascino, che consiste soprattutto nel suo totale abbandono alla luce intensa e alla natura selvaggia che lo circonda: se si amano i luoghi persi nel nulla e si hanno affinità con mare e spiagge, Sigri piacerà sicuramente. In ogni caso a Sigri bisogna andarci, e bisogna assolutamente visitare il Museo di Storia Naturale della Foresta Pietrificata di Lesbo, Natural History Museum of the Lesvos Petrified Forest, con l’adiacente Sigri Park. Il Museo è veramente bello, nato nel 1994 e ben organizzato, sistemato in un edificio di pietra lavica locale. Nella prima zona museale è esposta una ricca collezione di materiale fossile derivante dagli scavi nella area della Foresta Pietrificata: enormi tronchi, rami, grandiose foglie fossili, più di 40 specie di vegetali e molti reperti di animali vissuti più di 20 milioni di anni fa. La cosa che più stupisce nel processo di pietrificazione è la straordinaria combinazione di colori con la quale la natura ha suggellato la pietrificazione degli alberi che mantengono persino le più piccole strutture morfologiche al loro interno.
Sigri
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Un porticciolo sorvegliato da un castello, un insieme confuso di casette, appartamenti per le vacanze, rooms to let e piccoli hotel, una lunga e riparata spiaggia di sabbia con alberi frequentata da famiglie. All’epoca del sultano ottomano Solimano la cittadina di Sigri aveva una notevole importanza come porto verso le rotte commerciali occidentali e venne arricchita da edifici pubblici ancora visibili: forte moresco, scuola, moschea, bagni pubblici, acquedotto e fontane. Fino agli inizi del 20° secolo la popolazione di Sigri era ancora interamente musulmana, quando, nel 1923, venne del tutto sostituita dai rifugiati greci provenienti dall’Asia Minore. Il monumento di pregio maggiore resta il Forte Moresco, uno scuro e suggestivo castello costruito nel 1757 da Mehmet Pasha proprio sotto il regno di Solimano: piccolo, quadrato, robusto e ben protetto, con un bel portale di pietre rosse e bianche che contrasta con le mura di pietra lavica che conservano i colori del fuoco. La sua posizione è molto bella e la vista dai suoi bastioni è unica. Non lontano dal castello c’è la scuola, a sinistra la fontana turca, a destra alcune taverne con balconate panoramiche. La moschea venne invece trasformata nella caratteristica chiesa di Agia Triada che, con la sua mole cubica di belle pietre, pare maggiormente un palazzo signorile che una chiesa. Nell’insieme Sigri, non è un paese che può esser definito bello, soprattutto se paragonato a molti altri paesi sparsi sull’isola, ma trovo abbia un suo fascino, che consiste soprattutto nel suo totale abbandono alla luce intensa e alla natura selvaggia che lo circonda: se si amano i luoghi persi nel nulla e si hanno affinità con mare e spiagge, Sigri piacerà sicuramente. In ogni caso a Sigri bisogna andarci, e bisogna assolutamente visitare il Museo di Storia Naturale della Foresta Pietrificata di Lesbo, Natural History Museum of the Lesvos Petrified Forest, con l’adiacente Sigri Park. Il Museo è veramente bello, nato nel 1994 e ben organizzato, sistemato in un edificio di pietra lavica locale. Nella prima zona museale è esposta una ricca collezione di materiale fossile derivante dagli scavi nella area della Foresta Pietrificata: enormi tronchi, rami, grandiose foglie fossili, più di 40 specie di vegetali e molti reperti di animali vissuti più di 20 milioni di anni fa. La cosa che più stupisce nel processo di pietrificazione è la straordinaria combinazione di colori con la quale la natura ha suggellato la pietrificazione degli alberi che mantengono persino le più piccole strutture morfologiche al loro interno.
Natural
History Museum of the Lesvos Petrified Forest
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Nella seconda zona sono
invece allestiti interessanti pannelli illustrativi relativi alla
evoluzione geostorica dell’Egeo e ai vari fenomeni geologici
associati alla nascita della Foresta Pietrificata. La visita si
completa con un giro open-air per l’attiguo geoparco Sigri
Park dove gli esemplari sono visibili con il loro sistema di
radici integro a dimostrazione del fatto che furono pietrificate
nella collocazione originaria. A 800 metri a sud di Sigri c’è
infine il Plaka Park dove si possono ammirare gli
esemplari più grandi e, fra questi, il tronco in piedi più grande
del mondo con la sua circonferenza di 13,7 metri.
Sigri
Park
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In una terra di
meraviglie geologiche e naturalistiche non poteva che nascere un
grande scienziato: TEOFRASTO. Tirtamo, questo
era il suo vero nome, nacque nel 370 a.C. a Eresso, non
lontano dagli alberi pietrificati: fu scolaro di Platone e poi di
Aristotele, e fu proprio Aristotele a chiamarlo Teofrasto, che
significa divino-parlatore, proprio per la raffinatezza
della sua dialettica e l’acutezza del suo ingegno. L’affetto e la
stima fra i due studiosi fu tanto grande che Aristotele, quando morì,
gli affidò i suoi figli, la sua biblioteca, le sue opere originali e
lo designò come suo successore alla guida del Accademia.
Teofrasto guidò per 35 anni la scuola aristotelica che sotto la sua
guida ebbe enorme sviluppo ed arrivò a contare 2.000 studenti. La
sua attività di studioso si è estesa a tutti i campi della
conoscenza, scrisse 240 opere di morale, politica, fisica e
metafisica, logica, retorica e poetica, botanica e zoologia: caso
vuole che, tra le sue opere, siano arrivate a noi proprio due
trattati botanici, Historia Plantarum e De
Plantarum causis, a testimonianza del fatto che
Teofrasto fosse considerato il più grande botanico dell’antichità.
Il primo trattato è praticamente una enciclopedia di botanica
sistematica e fitoterapia in cui le piante vengono classificate e
illustrate per le loro proprietà medico farmacologiche; il secondo
trattato approfondisce invece la vita delle piante, il mistero della
loro germinazione e vegetazione, le cause esterne che ne favoriscono
lo sviluppo, si parla persino della coltura delle piante utili come
un vero e proprio testo di agronomia. Non so se il particolare
interesse per la botanica e il mondo vegetale in genere sia stato
stimolato in Teofrasto dai meravigliosi alberi fossili della sua
terra, ma amo credere sia così…
..foglie di
pietra...
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Al Museo di Sigri ci
sconsigliano di percorrere la strada sterrata che, lungo costa, porta
a Eresso in quanto molto dissestata; quindi torniamo al bivio vicino
al Monastero Ispsilou e da li prendiamo la deviazione per ERESSO
percorrendo una bella strada asfaltata che corre nuovamente verso il
mare attraversando un paesaggio ancora lunare con nude montagne e
strane formazioni rocciose. L’antica città di Eresso si trovava
vicino al mare, sulla collina sovrastante l’attuale località di
Skala Eresso, ma nel 17° secolo, per difendersi dagli attacchi dei
pirati, gli abitanti si trasferirono all’interno, a 4 km dal mare,
in un nuovo paese costruito in uno spiazzo ricco di vegetazione e
nascosto fra le colline laviche. Superate le tradizionali case di
pietra di Eresso con i loro infissi colorati, imbocchiamo una stretta
strada alberata e ci dirigiamo a SKALA ERESSO. Percorsi 2 km
circa si incontra un bivio. Andando dritto si finisce proprio ai
piedi della collinetta di Vigla e nel centro del paese di Skala,
sistemato ad una estremità della lunga spiaggia e preannunciato da
un polveroso parcheggio. Se avete in mente di fare un giro in paese,
meglio lasciare l’auto qui e continuare a piedi: superate le case
troverete la spiaggia attrezzata, sovrastata da bar e ristoranti a
palafitta, negozi e movida. Nel centro del paese si trovano
sistemazioni di ogni tipo e a prezzi interessanti, ma, sinceramente,
mi sento di sconsigliarle se non si ha un particolare amore per gli
spazi angusti e la confusione. Se al bivio di cui abbiamo detto
prima, invece, girate a destra, seguendo le indicazioni per il Aeolis
Village, attraversando un piccolo fiume e continuando fra i
canneti, si può arrivare all’estremità della spiaggia opposta al
paese, dove si trovano alcuni baretti freak, la zona del campeggio
libero, l’Aeolis Village con la scuola di vela e windsurf.
Ma se 50 metri prima di arrivare ai baretti freak sulla spiaggia,
girate a sinistra attraversando un ponticello seguendo l’indicazione
Parking e poi subito a destra, vi troverete
ancora sul mare, alla fine del ‘lungomare’ di Skala Eressou e
nella parte centrale della spiaggia, la zona più tranquilla e
strategica. Qui ci sono molti studios tranquilli e carini, a due
passi dal mare e a due passi dal centro del paese: noi abbiamo optato
per questa zona. Non avendo prenotato nulla, ci siamo guardati un po’
in giro, abbiamo telefonando ai numeri esposti sulle case, abbiamo
visionato un paio di alternative e la scelta è caduta su Susanna
Studio, una bianca palazzina ben tenuta dal simpatico
Antonio che subito ci regala un gran piatto di fichi. SKALA ERESSO
è certamente una località cool e la sua fama deriva in
egual misura dal fatto di essere il luogo natale della poetessa SAFFO
e di avere una delle più belle spiagge del Mediterraneo.
Skala
Eresso...immensa distesa di sabbia
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Il litorale di Skala
Eressos è immenso, sabbioso, lungo oltre 2 km, dolcemente disteso
come un morbido tappeto alla fine di una fertile valle che scende fra
due sponde montuose; un placido fiume arriva fino al mare e in
estate si arresta contro la duna sabbiosa centrale formando un
piccolo stagno in cui trovano casa centinaia di amabili tartarughe,
rane, piccoli pesci. La zona vicino al paese è quella più animata,
attrezzata e frequentata dai bagnanti, di tutte le categorie e di
tutte le età, che amano la classica vita da spiaggia con musica,
divertimenti acquatici, caffè e ristoranti a portata di mano; qui,
verso sera, i ragazzini si sfidano in interminabili partite di
pallone fino all’imbrunire e i fidanzatini contemplano abbracciati
il tramonto. Alla estremità opposta della spiaggia, davanti al
Aeolis Village, c’è ancora una zona attrezzata con
ombrelloni di paglia e lettini, frequentata da chi preferisce
un’atmosfera vagamente esotica o intende frequentare la scuola di
vela e di windsurf, oltre questa zona solo sabbia fino al promontorio
che chiude la baia. Fra queste due estremità attrezzate si stende la
vasta zona centrale della spiaggia, completamente libera e molto
tranquilla: i baretti freak sono molto arretrati, i frequentatori
sono persone che amano prendere il sole e leggersi un libro. L’acqua
del mare è meravigliosa, limpida e cristallina, immobile. Quella di
Skala Eresso non è dunque una spiaggia deserta e selvaggia, ma una
grande e godibilissima spiaggia per tutti. Fra bagni e lettura,
arriva il tramonto, il cielo e il mare si colorano d’oro e di malva
fino a diventare un unico drappo liquido; la distesa di questa
magnifica spiaggia diventa sempre più scura e fredda, arriva l’ora
della cena e il momento sempre divertente della scelta di una
taverna…
…nostimies…
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Gli arenili fra Skala Eresso e Tavari: la dolcissima terra di Saffo
Dal nostro piccolo
balcone non vediamo il mare ma la verde valle retrostante che al
mattino brilla di luce e di freschezza, i fiori del giardino e l’orto
di Antonio profumano, gli uccelli cinguettano fra le alte erbe e i
gatti sonnecchiano pigri sotto i cespugli. Oggi si va alla scoperta
della terra di Saffo. Giunti a Eresso svoltiamo a destra seguendo i
cartelli stradali per Kalloni - Mitilene, la prima nostra meta è la
zona di Tavari. La strada corre inizialmente in un bel fondo valle
contornato da alture con guglie laviche simili a castelli diroccati,
poi inizia a salire e il panorama si riapre sul mare e, lontano,
appare il profilo azzurro di Chios. Arriviamo alle prime case
di MESÒTOPO, un gran paesone che si allarga al sole, ai piedi
del Monte Pezlas e accanto al Monte Exymnos dove, secondo la
tradizione, le Muse avevano una dimora... Mesòtopo è famoso per i
suoi prodotti locali e per il suo folklore: il Carvevale
è festeggiato con la sfilata dei “Koudounati”
uomini e ragazzi travestiti con campanacci e il viso dipinto di nero,
curiosamente, una tradizione molto simile a quella dei nostri
Mamutones sardi. Vicino a Mesòtopo si trovano tre
bellissime spiagge: Tavari, a sud, Chrousos a ovest e Podaras a est.
Quindi a Mesòtopo svoltiamo alla prima indicazione per Tavari.
Superato il paese, si incontra per prima la deviazione a sinistra per
PODARAS. La strada è sterrata, lunga 2 kilometri e scende
verso la fertile valle formata dal Fiume Podaras
circondato da un suggestivo paesaggio di rocce vulcaniche. Questa è
una delle località più anticamente abitate dell’isola, i
ritrovamenti sono datati fra il 3000 e il 1600 a.C. e testimoniano la
presenza di insediamenti a carattere agricolo e pastorizio per un
lungo periodo: oggi tale tradizione continua e nella valle si trovano
ancora piccole fattorie e campi coltivati accanto alle recenti case
di vacanza. La spiaggia è un’ampia e bellissima distesa di sabbia,
una fila di alberi che offrono ombra, la presenza del fiume, il mare
cristallino ne fanno un piccolo paradiso e una spiaggia molto amata
dai locali.
l’eden di
Podaras
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Ritornati alla strada
principale, riprendiamo verso Tavari e, poco dopo, troviamo la
deviazione a destra per CHROUSOS o Krusso. Questa deviazione
di 3 km, scende verso la valle del Fiume Maliontas e
termina su una lunghissima e ampia spiaggia di sabbia. Il suo nome
pare derivi da “Krousos” un pirata del Peloponneso
che la utilizzava come sua tana e rifugio: non poteva scegliere di
meglio. Il fiume Maliontas assicura non solo ai pirati ma anche agli
agricoltori e agli animali abbondanza di acqua: la valle retrostante
la spiaggia è tutta coltivata, piccoli mulini ad acqua in rovina
sono ancora visibili e vicino alla foce del fiume ci sono molti
stagni. Questa spiaggia stupisce per la sua vastità e tranquillità,
la lunga fila di tamerici e il mare cristallino ti portano alla
tentazione di non muoverti più...
la magnificenza
di Chrousos
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Fra Podaras e Chrousos,
difficile scegliere... Per il pranzo decidiamo di trasferirci a
Tavari: seguendo fiduciosi un mezzo agricolo, percorriamo una
scorciatoia che ci porta dritto da Chrousos al porticciolo del paese
senza ritornare alla strada principale. TAVARI è a soli 3
kilometri da Mesòtopo e può essere considerata la sua marina. C’è
una graziosissima e ampia spiaggia, con mare cristallino, attrezzata
con ombrelloni, lettini e docce, c’è un piccolo porto con colorate
barchette da pesca, ci sono ristoranti e taverne, un paio di
minimarket e piccole strutture turistiche. Ci accomodiamo a una delle
taverne sul mare e, oltre alle ormai usuali Sardelle,
ordiniamo anche una porzione di Lacherda, tranci di una
specie di tonnetto, conservati crudi in aromatica salamoia: un sushi
greco fantastico. L’atmosfera di Tavari è proprio da tranquilla
località balneare, il simpatico ristoratore è curioso di sapere se
abbiamo gradito la Lacherda e vista la nostra soddisfazione,
autenticata da un piatto lucidato a specchio, ci racconta che le
taverne di Tavari, fedeli alla loro tradizione marinara, preparano
ancora tutto in casa, dalla Lacherda in salamoia alle Sardine
sotto sale, dagli Sgombri seccati al sole e grigliati ai
Polipi e ogni altro piatto marinaro. Anche il nome di Tavari è
legato alla sua attività marinara: in passato le merci arrivavano su
grandi navi che non potevano attraccare nel piccolo porto e le
barchette dei pescatori facevano la spola per portare a riva i
carichi, in greco ta vari.
siesta
a Tavari
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Lasciamo a malincuore
l’atmosfera da siesta sonnolenta di Tavari e torniamo verso Eresso
ma, prima di arrivare al paese, prendiamo la deviazione a destra per
il MONASTERO di PITHARI: fate attenzione perché la deviazione
è in prossimità di un basso ponte su un fiume in secca e
l’indicazione è poco visibile, un cartello quadrato, 50x50 cm max,
nero con scritta bianca. La deviazione è sterrata ma molto buona e
segue una fiumara, che avrete sempre sulla vostra sinistra. Si arriva
quindi a una diga di sbarramento e a un lago artificiale, non
attraversate la diga e andate ancora dritto, tenendo il lago alla
vostra sinistra. Il Monastero vi apparirà all’improvviso,
circondato da boschi di rovere e sicomoro, come uno splendido
castello medioevale affacciato sul lago artificiale.
..monastero o
castello?
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Monastero di
Pithari
|
Si dice fosse un
monastero bizantino abbandonato e successivamente ri-fondato nel 16°
o 17° secolo con dedica ai Taxiarchi. Il monastero si può
tranquillamente e liberamente visitare, la struttura è complessa ed
offre bellissimi scorci sul lago, numerose sono le cappelle decorate
da bellissimi affreschi, magnifiche le decorazioni ad archi delle ali
dedicate alle celle. Nell’insieme Pitari è un luogo
veramente molto bello e suggestivo, si fa fatica ad abbandonarlo. Per
le foto, la luce del pomeriggio è perfetta.
Dopo questa esplorazione
nella terra di Saffo, che ci ha decisamente conquistati,
ridiscendiamo alla cittadina di SKALA ERESSO. A nord est del
paese il paesaggio è caratterizzato e dominato dalla verde Collina
di Vigla, coperta di vegetazione e rigogliosi pini. Qui si
possono ancora vedere tracce delle mura pre-Elleniche e sulla sommità
della collina le rovine di epoca genovese e turca, del castello
medioevale dei Gattelusi e una piccola cisterna romana. Saffo
saliva sicuramente fin quassù, all’acropoli della sua città, da
quassù contemplava la distesa del mare e delle valli, i dolci
profili dei monti, il tramontare del sole e il sorgere della luna…
Guardandosi intorno non è difficile esser presi dal desiderio di
scrivere poesie. .
Skala
Eresso e la mitica Collina
di Vigla
|
Ai piedi della collina,
vicino alla attuale Chiesa di Sant’Andrea, gli scavi
hanno portato alla luce i resti della antica chiesa paleocristiana di
Sant’Andrea di cui è visibile dalla strada il magnifico mosaico
della navata centrale decorato con disegni geometrici e figure di
piante e animali. Qui si trovava anche il sarcofago di Sant’Andrea
di Creta, un santo nato a Damasco nel 660, divenuto vescovo
di Gortina nel 700 e morto a Eresso nel 740 divenendone il patrono.
Andrea era un grande oratore e, guarda caso, anche un vero poeta, a
Lesbo compose testo e musica di bellissimi inni sacri di cui molti si
cantano ancora… a Lesbo, incredibilmente, anche un santo si
aggiunge alla schiera degli eredi di Orfeo… Accanto alla chiesa si
trova pure il piccolo Museo Archeologico che ospita i
ritrovamenti dell’area: non solo lo troviamo aperto e non ci costa
nulla entrare, la gentile signorina ci accende anche tutte le luci e
ci dà qualche spiegazione. Le stradine del paese vicine al mare sono
tutte chiuse al traffico e dalle locandine appese ovunque si
percepisce che la cittadina è sede di attività culturali ed eventi,
fra i quali il principale è il Woman’s Festival che
si tiene a settembre; c’è persino un Cinema all’aperto
in piena attività che proietta film in inglese con sottotitoli in
greco. Molti artisti hanno scelto Skala Eresso come loro residenza,
abituale o stagionale, e la loro presenza si percepisce da tante
cose, a partire da alcuni bellissimi murales e graffiti
che si trovano sui muri del paese e dalle molte sculture. Le case
finiscono di botto sulla stradina che costeggia la spiaggia, una
sorta di lungomare interamente fiancheggiato da ristoranti e bar e
dalle loro ampie terrazze di legno costruite come pontili in aggetto
sulla spiaggia.
lungo il mare di
Eresso
|
L’assortimento dei
locali è incredibile, si trovano tradizionali taverne
greche con menù di pesce e specialità locali, ristoranti con cibo
cinese, messicano e indiano, american bar che propongono ogni tipo di
omelets e pancakes, alternativi bistrò-cafè che
servono esotiche insalate e cibo vegetariano, ma tutto a buon prezzo;
i villeggianti sono pure molto assortiti, normalissime famigliole con
bambini, coppie gay e etero, neo-hippies e seguaci di filosofie
orientali, teutoniche lesbiche e teneri fidanzatini, turisti
sprofondati fra enormi cuscini e immersi nella lettura di un enorme
libro, cyber turisti armati di ogni tecnologia e in linea con il
mondo tramite il wireless ovunque messo a disposizione. Il lungomare
di Skala Eresso è dunque un coloratissimo teatro che offre il suo
spettacolo in ogni ora del giorno e della sera e dove ognuno può
trovare il suo angolo perfetto. Skala Eresso non è dunque quella
Sodoma e Gomorra che qualcuno crede o vuole dipingere, è ben
altro, è soprattutto un luogo speciale: certo se non avete
tolleranza per stili di vita alternativi al vostro è meglio che
andiate in vacanza altrove. Al termine del lungomare inizia una
stradetta che porta al piccolo porto di pesca, tutta
fiancheggiata da moderne sculture dedicate a Saffo. Ce
ne sono alcune molto suggestive, una in particolare, quella accanto
al molo del porticciolo, ben suggerisce il legame di Saffo alla sua
terra: la sagoma della poetessa con la sua cetra è ritagliata nel
marmo in modo che il suo corpo sia in realtà fatto di terra, mare e
cielo di Lesbo... bellissima!
Saffo… cielo,
mare e terra di Lesbo
|
Oltre il porto si apre
una baia pietrosa di aspetto suggestivo e selvaggio, ben riparata dai
venti, dominata da una alta scogliera, sulla piccola spiaggia di
sassi c’è una bianca e semplice chiesetta dal tetto di tegole
rosse: è un posto molto bello all’ora del tramonto, quando i
colori diventano densi e la luce dorata li imprime nella tua memoria
più che nella tua macchina fotografica.
… spettacolari
scogliere...
|
Dopo cena torniamo verso
casa a piedi, lentamente, aspirando a pieni polmoni la brezza fresca
della sera e perdendoci nella contemplazione dell’immenso cielo
egeo. Passa accanto a me, con un fruscio di seta marina, una figura
leggera leggera, lo sento, è lei, SAFFO divina, chiome di
viola, dolce sorriso… SAFFO, nata a Eressos da famiglia
nobile nel 612 a.C., piccola e bruna, la prima figura di donna che si
incontra nella storia della letteratura greca e al tempo stesso, per
me, la più grande poetessa di tutti i tempi. Più volte, nel corso
dei secoli, Saffo è stata vittima di interpretazioni distorte e
totalmente avulse dal contesto sociale, morale e intellettuale della
sua epoca, cosicché la ritroviamo indifferentemente vittima di una
incontenibile passione per un uomo che la porta a gettarsi dalla rupe
di Lefkada e di amori omosessuali per compagne e allieve unite a lei
nel culto di Afrodite e delle Muse a Lesbo. Quello che è certo, è
solo che la vena poetica di Saffo trova origine nel suo sentire,
anzi, nel sentimento umano per eccellenza: l’amore, un amore che
chiede, più che un amore che dà, un amore che nella sua
schiettezza, purezza e profondità assorbe tutto il mondo esterno in
cui ella vive, soffre e gioisce.
Saffo
divina, chiome di viola
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Saffo
divina, dolce sorriso
|
Sono anni che leggo e
rileggo gli stessi versi di Saffo ma solo ora, a Lesbo, comprendo
bene che il suo cuore ha vibrato all’unisono con la sua amata terra
che si rivela pari a lei per intensità e natura, per sentimento e
passione: le voci infinite della natura di Lesbo trovano eco fedele
nello spirito di Saffo in quanto con esso si accordano... ”Come
la mela più dolce che rosseggia sulla cima del ramo, alta sul ramo
più alto, ai contadini è sfuggita... oh, non è sfuggita:
raggiungerla non hanno potuto”. Solo ora, a Lesbo, riesco a
comprendere fino in fondo la mia amata poesia e la natura che erompe
in essa… “Tramontata è la luna, tramontate sono le Pleiadi, è
mezzanotte, il tempo scorre, .. e io giaccio sola”… Lesbo
e Saffo sono un tutt’uno.
Il grande mare di Kalloni: San Ignatios Agallianos il poeta della fede
Ci rimettiamo in cammino,
direzione Kalloni e Vatera. Riprendiamo la strada del giorno prima
fino a Mesòtopo, il paese dei ‘mamutones’, poi
continuiamo piegando verso l’interno dell’isola attraverso un
paesaggio costellato di sagome coniche di antichi vulcani addolciti
dalla dilavazione dei secoli ma inconfondibile eco di una tremenda
epoca lontana. Fra i pendii lavici appare uno occhio azzurro, il
Golfo di Kalloni fa capolino, simile a un tondo lago vulcanico. Un
bel viale di pini dalla florida chioma annuncia il paese di AGRA,
poi la strada inizia a scendere verso la riva del mare e il primo
paese sulla costa che si incontra è APOTHÌKA, dolcemente
proteso sulla strettissima imboccatura del Golfo di Kalloni
che, da qui, si apre poi verso l’interno dell’isola, sempre più
vasto, immenso. La strada continua, molto panoramica, bassa lungo la
riva del mare. Si incontrano piccoli porticcioli ‘lacustri’ e
verdi fazzoletti di terra coltivata a ulivi, agrumi e foraggio in
prossimità delle foci di piccoli fiumi. A PARAKILA torna a
dominare incontrastato il verde degli ulivi. Deviamo per SKALA
KALLONI, lo scalo marittimo di Kalloni, centro costiero con una
lunga spiaggia di sabbia terrosa, attrezzata con strutture balneari,
caffè e ristoranti, nell’insieme poco attraente per il fatto di
non assomigliare per nulla a un lido marino ma piuttosto alla riva di
un lago.
Skala Kalloni
|
La fama di questa
località non è però legata alla sua spiaggia e alle attività
balneari, ma alla pesca delle sardine e dei frutti di mare che
prolificano nel suo golfo e che vengono trattati e lavorati in loco
per esser poi distribuiti sul mercato nazionale e internazionale. Le
sardine vengono qui lavorate esclusivamente a mano, salate secondo
l’antica tradizione e confezionate in scatole di latta di diverse
dimensioni, reperibili in ogni negozio di alimentari di Lesbo: le
sardine rappresentano certo il piatto ‘nazionale’ di Lesbo. Una
sosta al porto di Skala Kalloni è quindi irrinunciabile. Ci
arriviamo al mattino abbastanza presto, quando il porto è strapieno
dei pescherecci appena rientrati dalla pesca: un vero schieramento
incredibile di pescherecci, di ogni dimensione e taglia, colore e
foggia. Il fascino del porto di Skala Kalloni nella chiara luce del
mattino ci rapisce: l’odore pungente del pesce si accompagna a
quello salmastro dell’acqua quasi ferma, i pescatori intenti nella
pulizia delle reti e nella sistemazione delle loro attrezzature,
gatti e uccelli marini attendono fiduciosi gli scarti della pesca...
Su diverse barche c’è l’intera famiglia che lavora: in silenzio
ciascuno assolve il suo compito, gesti ripetitivi e meccanici, il
rito quotidiano di un lavoro antico che si tramanda da padre in
figlio.
Lasciamo Skala Kalloni e arriviamo a KALLONI, animatissimo centro moderno e importante snodo stradale: la città è piena di gente e molto vitale, passiamo davanti alla bella costruzione classicheggiante del comune e ci dirigiamo a nord del paese. Appena usciti dalla cittadina seguiamo le indicazioni stradali Sigri – Eresso che conducono sulla strada diretta ai villaggi di Dafi e Filia dove troveremo una delle meraviglie di Lesbo. Una vera sorpresa il MONASTERO LEIMONOS, bellissimo, inaspettato nella sua grandezza e nelle sue mille chiesette sparse intorno alla grande costruzione monastica circondata da brillante vegetazione. Se si arriva da Kalloni, per avere la visione d’insieme migliore, vale la pena di non scendere subito verso il Monastero ma di continuare lungo la strada principale verso Filia per altri 100/150 mt: così si potrà così vedere e fotografare dall’alto il magnifico monastero e la sua valle comprendendo anche il segreto del suo nome, leimonos, che significa prato.
Lasciamo Skala Kalloni e arriviamo a KALLONI, animatissimo centro moderno e importante snodo stradale: la città è piena di gente e molto vitale, passiamo davanti alla bella costruzione classicheggiante del comune e ci dirigiamo a nord del paese. Appena usciti dalla cittadina seguiamo le indicazioni stradali Sigri – Eresso che conducono sulla strada diretta ai villaggi di Dafi e Filia dove troveremo una delle meraviglie di Lesbo. Una vera sorpresa il MONASTERO LEIMONOS, bellissimo, inaspettato nella sua grandezza e nelle sue mille chiesette sparse intorno alla grande costruzione monastica circondata da brillante vegetazione. Se si arriva da Kalloni, per avere la visione d’insieme migliore, vale la pena di non scendere subito verso il Monastero ma di continuare lungo la strada principale verso Filia per altri 100/150 mt: così si potrà così vedere e fotografare dall’alto il magnifico monastero e la sua valle comprendendo anche il segreto del suo nome, leimonos, che significa prato.
Se non fosse per le mille
cappelle di foggia bizantina che lo circondano, il Monastero parrebbe
la residenza estiva di un principe. Attraverso un cancello si accede
al grande giardino di gusto ottocentesco, ombreggiato da alberi
secolari, con vialetti di ghiaietto, panchine di pietra, una fontana
e un gazebo, un pavone che circola libero e una bella terrazza
panoramica sulla valle. Lo stato di relativa trascuratezza del
giardino non infastidisce ma anzi conferisce un’atmosfera vissuta e
antica. Varcando l’ingresso vero e proprio del Monastero,
sovrastato da una imponente torre campanaria, si entra nel primo
chiostro e ci si rende subito conto del suo antico splendore. Il
grande chiostro è costituito dalle ali che ospitano le celle dei
monaci, disposte su tre piani, affacciate sul cortile interno con
lunghe balconate ad archi di pietra: una volta c’erano oltre 150
monaci, ora sono solo in 3.
Proprio al centro del grande chiostro c’è la Chiesa principale dalla forma antica e austera che ricorda un po’ una grande capanna. Il Monastero Leimonos fu fondato da un prete di nome Ignatios Agallianos sopra le rovine di un precedente monastero bizantino e da questi dedicato all’Arcangelo Michele. Quando padre Ignatios morì e venne proclamato Santo dalla chiesa ortodossa, il monastero venne ri-dedicato e denominato Monastero di San Ignatios che sarebbe il suo nome attuale, anche se tutti continuano semplicemente a chiamarlo con il nome popolare di Monastero Leimonos. Leggendo la storia di SAN IGNATIOS AGALLIANOS e del suo Monastero, abbiamo ben compreso perché, fin dagli inizi del XVI secolo fino ai nostri giorni, il ruolo di questo monastero sia stato determinante non solo nella storia religiosa, educativa ed intellettuale locale, ma anche nel suo contesto sociale ed economico. Il sant’uomo ha tenacemente ripercorso le orme di San Paolo, il primo che portò il Cristianesimo a Lesbo, e rinsaldato con le sue opere, il suo esempio e la sua predicazione le radici della fede al suolo di Lesbo violato dagli ottomani. Sant’Ignatios era nato nel 1480 poco lontano da qui, a Farangas un borgo vicino a Kalloni, divenne sacerdote e sposò una donna devota da cui ebbe dei figli. Quando la peste lo privò di tutti i suoi affetti, decise di intraprendere la vita monastica, ricostruì nel 1523 la distrutta chiesa della Vergine Myrsiniotissa che si trovava su terreni di proprietà della sua famiglia e vi si ritirò con il padre Manuel e l’unico figlio che gli era rimasto, Methodios, come primi monaci. Presto altri uomini e donne si raccolsero intorno a loro, Ignatios decise così di istituire a Myrsiniotissa un monastero femminile e di fondare un monastero maschile in altro luogo. Scelse un prato, sempre di proprietà della famiglia, in cui si trovavano le rovine di un antico monastero bizantino e così venne fondato il Monastero Leimonos nel 1526. I due monasteri sono pertanto sempre stati uniti e complementari nella loro storia, vita, cultura e funzioni. Nel Monastero di Myrsiniotissa le suore insegnavano alle ragazze la musica, a leggere e scrivere, l’arte della tessitura e del ricamo; nel Monastero di Leimonos erano i giovani uomini a coltivare le lettere, gli studi e le arti. Padre Ignatios morì nel 1566, vescovo di Methymna, e volle esser sepolto nel santuario della Myrsiniotissa, divenire parte della sua terra amata. Ivi ancora riposa.
Proprio al centro del grande chiostro c’è la Chiesa principale dalla forma antica e austera che ricorda un po’ una grande capanna. Il Monastero Leimonos fu fondato da un prete di nome Ignatios Agallianos sopra le rovine di un precedente monastero bizantino e da questi dedicato all’Arcangelo Michele. Quando padre Ignatios morì e venne proclamato Santo dalla chiesa ortodossa, il monastero venne ri-dedicato e denominato Monastero di San Ignatios che sarebbe il suo nome attuale, anche se tutti continuano semplicemente a chiamarlo con il nome popolare di Monastero Leimonos. Leggendo la storia di SAN IGNATIOS AGALLIANOS e del suo Monastero, abbiamo ben compreso perché, fin dagli inizi del XVI secolo fino ai nostri giorni, il ruolo di questo monastero sia stato determinante non solo nella storia religiosa, educativa ed intellettuale locale, ma anche nel suo contesto sociale ed economico. Il sant’uomo ha tenacemente ripercorso le orme di San Paolo, il primo che portò il Cristianesimo a Lesbo, e rinsaldato con le sue opere, il suo esempio e la sua predicazione le radici della fede al suolo di Lesbo violato dagli ottomani. Sant’Ignatios era nato nel 1480 poco lontano da qui, a Farangas un borgo vicino a Kalloni, divenne sacerdote e sposò una donna devota da cui ebbe dei figli. Quando la peste lo privò di tutti i suoi affetti, decise di intraprendere la vita monastica, ricostruì nel 1523 la distrutta chiesa della Vergine Myrsiniotissa che si trovava su terreni di proprietà della sua famiglia e vi si ritirò con il padre Manuel e l’unico figlio che gli era rimasto, Methodios, come primi monaci. Presto altri uomini e donne si raccolsero intorno a loro, Ignatios decise così di istituire a Myrsiniotissa un monastero femminile e di fondare un monastero maschile in altro luogo. Scelse un prato, sempre di proprietà della famiglia, in cui si trovavano le rovine di un antico monastero bizantino e così venne fondato il Monastero Leimonos nel 1526. I due monasteri sono pertanto sempre stati uniti e complementari nella loro storia, vita, cultura e funzioni. Nel Monastero di Myrsiniotissa le suore insegnavano alle ragazze la musica, a leggere e scrivere, l’arte della tessitura e del ricamo; nel Monastero di Leimonos erano i giovani uomini a coltivare le lettere, gli studi e le arti. Padre Ignatios morì nel 1566, vescovo di Methymna, e volle esser sepolto nel santuario della Myrsiniotissa, divenire parte della sua terra amata. Ivi ancora riposa.
Ci dirigiamo verso il
Museo e chiediamo del sig. Ermolaos ma è in
ferie, spieghiamo al suo collega Kristos che abbiamo per lui i
saluti del suo amico Giorgio, di Molyvos-Iraklion, e lo preghiamo di
trasferirglieli. Entriamo nelle sale del museo, ricco ed
interessante, custode delle preziose testimonianze della lunga
tradizione culturale del monastero e al tempo stesso dello sviluppo
della regione di Kalloni e più generalmente di Lesbo. Kristos
in un ottimo inglese imparato durante i 15 anni trascorsi in USA,
richiama in primis la nostra attenzione sulla raccolta di preziose
Icone datate fra il 15° e il 18° secolo e fra queste
ce ne segnala alcune di grande rarità per il loro soggetto: 1) icona
con Agios Dimitri e Agios Georgios che si abbracciano con i cavalli
affiancati, pare sia l’unica la mondo che li rappresenti insieme,
2) icona con Arcangelo Michele che cattura un’anima per
accompagnarla dalla morte alla vita, efficace nella sua immediatezza
figurativa 3) icona della Divina Saggezza con una laboriosa
costruzione architettonica della saggezza stessa; 4) icona dei Primi
passi di Cristo, una scena materna di incredibile tenerezza con un
Cristo bambino che muove i primi passi davanti alla madre. La
raccolta del museo continua con una ricca esposizione di abiti e
paramenti ecclesiastici con finimenti aurei e ricchi ricami eseguiti
nel Monastero della Myrsiniotissa, quindi monete, oggetti
liturgici, preziose reliquie e cimeli. Di particolare valore è la
sezione della Biblioteca che raccoglie manoscritti,
libri stampati e documenti greci ed ottomani. La visita al Museo
chiude con una sezione dedicata agli oggetti di utilizzo comune e
quotidiano provenienti dai paesi vicini. La grande cucina, in
particolare, ospita un vero e proprio Museo del Folklore
pieno zeppo di suppellettili, fra cui bollitori di rame, bauli
dipinti, un raffinatissimo calamaio e uno stranissimo alambicco di
rame utilizzato per fare distillati di rose, di fiori e foglie
d’arancio utilizzati nella aromatizzazione di dolci e liquor. Dalle
finestre del Museo si vede il secondo chiostro, grande il doppio del
primo e ombreggiato da grandi e bellissimi alberi immersi fra mille
essenze. Terminata la visita al museo Kristos apre ad Aldo il
Katholikon, la Chiesa Principale che può essere
visitata solo dagli uomini. Io mi siedo rassegnata sulle panche del
chiostro e ascolto il gorgogliare della piccola fonte di acqua
sorgiva benedetta che zampilla sulla facciata della chiesa. Un altro
custode, coglie un rametto di ‘mirsini’ e
avvicinandosi me lo offre dicendomi che la zona è piena di questi
profumati arbusti che hanno dato il nome al monastero femminile di
Myrsiniotissa. Dal mirto, avvia poi la mia iniziazione
botanica alle varietà di alberi, fiori e frutti presenti nel
monastero: scopro così che i melograni e le rose hanno un nome molto
simile e presa da queste scoperte mi dimentico della chiesa. Ma Aldo
esce incantato dalla antica basilica, mi racconta che il Katholikon
ha tre navate e un meraviglioso soffitto ligneo, più alto sopra la
navata centrale, due atri e cinque cappelle, stupefacenti gli
affreschi, dalle tracce dei più antichi a quelli del tardo ‘600
fino a quelli più recenti di fine ‘700 - primi ‘800. Per fortuna
ha scattato qualche fotografia….
il
Katholikon
|
Riscendiamo a Kalloni e
prendiamo la direzione delle SALINE di KALLONI, una vasta e
importante area umida frequentata dagli uccelli migratori di passo e
da una gran varietà di uccelli stanziali. Con grande meraviglia
notiamo degli immensi stormi di trampolieri. Lasciamo subito la
strada principale e prendiamo la stradina che costeggia le saline, ci
fermiamo a contemplare questi grandi uccelli rosa che si muovono
lentamente sulle loro lunghissime e sottilissime zampe: lo spettacolo
che offre la natura incanta più di ogni altro e non possiamo fare a
meno di cercare di fissarlo nel nostro inadeguato obiettivo
fotografico.
Saline
di Kalloni
|
Proprio difronte alle
saline c’è la deviazione che in 4 km porta ad AGIA PARASKEVI.
La strada sale dolcemente con belle vedute sulle saline che,
dall’alto, appaiono con il loro caratteristico e sfumato colore
rosato, poi si addentra fra grandi ulivi secolari dalle fronde
rigogliose. All’inizio del paese di Agia Paraskevi, sul lato
sinistro della strada principale, in un bell’edificio di pietra
con l’immancabile alto camino, si trova il Lesvos Olive Olil
Industrial Production Museum, il Museo della Produzione
Industriale dell’olio di Oliva. Il vecchio frantoio comunale
divenuto museo è già di per sé molto bello e interessante, ma
ancora più interessanti sono i macchinari conservati al suo interno
e il percorso didattico che illustra tutto il mondo che ruota intorno
alla produzione dell’olio, dalla coltivazione e raccolta delle
olive fino al prodotto finito. A prescindere dal Museo dell’Olio di
Oliva, Agia Paraskevi è molto famosa per la Festa del Toro,
una antica manifestazione che si tiene ogni anno sin dal 1744. Anche
se si ha poco tempo, vale la pena fare un giro nella cittadina che è
molto graziosa e ricca di antichi palazzi, alcuni veramente belli con
le loro linee classicheggianti e tinte pastello, fra cui quello
sontuoso delle scuole, il comune e molti Archontikà privati.
Altra caratteristica di questa cittadina sono i bellissimi kafenion
dalle mille sedie colorate e pieni di atmosfera. Lascimo Agia
Paraskevi e torniamo al Golfo di Kalloni, prendiamo la deviazione per
ACHLADERI e l’antica PIRRA, una delle 5 antiche
città di Lesbo, scivolata nel mare dopo un terremoto. La strada che
costeggia il lato orientale del Golfo di Kalloni è molto bella e
suggestiva: nel primo tratto corre a pelo d’acqua, lambisce le sue
verdi rive fitte di vegetazione, poi si allontana dal mare e si
arrampica infilandosi in assoluto verde di pini profumati, molto
rigogliosi, di un verde particolarmente sano e brillante, che non ci
abbandoneranno fino al paese di VASILIKA dove, invece, gli
ulivi riprendono il possesso totale del paesaggio. Arriviamo alla
cittadina principale della zona, POLICHNITOS, un labirintico
intrico di case e vie che brulicano di vita quotidiana: tradizionali
negozi di alimentari, ouzerie e kafenion, fornai e pasticceri.
Fortunatamente ci viene l’idea di fare una buona scorta alimentare
nel caratteristico supermercato sulla via principale e dal fornaio
perché a Vatera, poi, non troveremo che uno sgangherato e sfornito
spaccio. Il paesaggio si fa quindi più brullo quando la strada punta
dritta a sud, assolata e luminosa: passiamo per il paese dal bel nome
di VRISA o BRISA, quindi appare il mare e con un paio
di curve in discesa ci ritroviamo a Vatera, anzi, proprio sulla
spiaggia di VATERA. Restiamo a bocca aperta: 8 kilometri di
sabbia, sembra non dover finire mai, credo sia una delle spiagge più
lunghe, se non la più lunga della Grecia, bellissima nella sua
immensità e tranquillità. Non avendo prenotato nulla, l’incrocio
a T davanti alla distesa sabbiosa ci mette in crisi: destra o
sinistra?
Vatera…8
kilometri di sabbia
|
Giriamo a sinistra verso
Stavros e comprendiamo subito che Vatera è una
località lunga un paio di kilometri, fatta di appartamentini,
studios, piccoli hotel, qualche taverna e qualche bar, un paio di
negozietti, ma tutto molto molto tranquillo. La spiaggia, tranne un
breve tratto attrezzato con ombrelloni e lettini, è una distesa
deserta lambita da un placido mare, limpido e scintillante, senza
onda, ben protetto dal meltemi estivo. Torniamo indietro fino
all’incrocio a T da cui siamo arrivati e proseguiamo nell’altra
direzione, verso Agios Focas, sempre lungo la spiaggia.
Anche da questa parte troviamo appartamentini, studios, piccoli
hotel, qualche taverna e qualche bar, spiaggia deserta e mare
meraviglioso, però qui individuiamo quello che fa per noi: Argo
Apartments. Prendiamo possesso di un graziosissimo
monolocale a 20 passi esatti dalla spiaggia, praticamente nuovo e
confortevolissimo: molliamo tutto e, armati di asciugamano,
conquistiamo la spiaggia di Vatera che si arrende senza fare alcuna
resistenza! Al rientro incontriamo i padroni di casa: una simpatica
coppia della nostra età, lei è una donna molto carina, lui è un
geologo, laureato a Genova, appassionato di moto. Facciamo subito
amicizia, siamo da ambo le parti contenti di poter scambiare un paio
di parole in italiano e parlare di questa isola meravigliosa. Il
nostro geologo è ben contento di sfoderare la sua competenza e non
si limita a darci delucidazioni sul fenomeno della pietrificazione
degli alberi che tanto ci ha impressionato, ma ci mostra qualche
reperto da lui stesso trovato e ci illustra tante altre particolarità
geologiche e morfologiche del territorio di Lesbo e, in particolare,
del territorio di Vatera che neppure avremmo sospettato. Ci
raccomanda di visitare il promontorio di Agios Fokas, il Museo di
Storia Naturale di Vrisa e la zona delle sorgenti termali di
Polichnitos.
Magie del sud: il nido d’amore di Achille e Briseide
Per raggiungere
l’Akrotiri di Agios
Fokas si percorrono 4 km di strada asfaltata lungo la
spiaggia, poi la strada piega un poco verso l’interno e scavalca un
piccolo fiume dove si possono vedere numerose tartarughe per nulla
timide, quindi si arrampica sul promontorio dove si trovano una
piccola base militare, il porticciolo e la chiesa di Agios Fokas, una
taverna specializzata in piatti di pesce e quel che resta di un
Tempio di Dioniso. Le rovine, poche e disordinate, del Tempio
di Dioniso riposano al sole proprio accanto alla piccola
chiesa di Agios Fokas, sull’altura che domina il
porticciolo e la spiaggia di Vatera, in posizione veramente
incantevole. Continuando fra le stoppie, verso l’estremità del
capo, si aprirà intorno a voi un magnifico panorama, sia dalla parte
della lunga spiaggia di Vatera, sia dalla parte dell’Akrotiri
Kallonis e la costa di Tavari, nonché sulla distesa di rocce
sottostanti.
Tempio
di Dioniso
|
Agios
Fokas
|
panorana sulla
costa di Tavari
|
scogliera di fuoco
|
I colori e la
conformazione di questa particolarissima scogliera sono
stupefacenti e derivano da una imponente colata lavica arrestata e
cristallizzata dal mare. Ma non solo i vulcani hanno lasciato tracce
in questo luogo: nella insenatura fra la spiaggia di Vatera e il
promontorio di Agios Fokas sono stati ritrovati numerosi
reperti che hanno spinto gli archeologi a ipotizzare che in
passato si siano qui accampati antichi eserciti. Numerosi studiosi
ritengono che, proprio sulla lunga spiaggia di Vatera, arrivassero
periodicamente le 1.000 navi achee impegnate nella
guerra di Troia a far rifornimento di acqua e selvaggina. Vista la
lunga spiaggia da quassù, si può anche crederlo… e si può
persino intravedere la nera sagoma delle navi dell’ILIADE
nella calda foschia che si alza tremolante dalla sabbia e dal mare.
Tale affascinante ipotesi sarebbe accreditata non solo dai numerosi
ritrovamenti eterogenei, ma anche da altri fattori oggettivi: l’isola
non è lontana da Troia e si trova su una rotta di facile navigazione
in ogni stagione, la spiaggia è molto lunga e ben riparata dai venti
nord occidentali, ben due fiumi, uno ad ogni estremità della
spiaggia, assicurano abbondanti rifornimenti d’acqua dolce.
Pertanto Vatera sembra proprio il luogo ideale dove collocare gli
episodi di tregua nelle fatiche dell’estenuante assedio alla città
troiana. Ma non è tutto! Poco prima di Agios Fokas, si incontra
nientemeno che una località denominata “Bagno di Achille”:
si tratta di un antico pozzo fra ulivi antichi, profondissimo,
contornato da una pietra circolare consunta dai secoli.
Bagno
di Achille
|
La fresca sorgiva non
sembra ancora esaurita e viene facile immaginare che, proprio qui
accanto, Achille, piantasse la tenda ogniqualvolta si ritirava dalla
battaglia per concedersi un po’ di riposo e stringere fra le
braccia la dolce schiava e amante Briseide. Anche
di questo amore resta forse traccia a Lesbo… Nell’entroterra, a
soli due kilometri dalla spiaggia, c’è un paese, il primo che si
incontra: BRISA. Curiosamente questo paese porta un nome di
donna, non di origine greca, che le fanciulle della zona portano da
molti secoli: come non pensare che sia a ricordo della bella
Briseide? Affascinati da queste coincidenze ci dirigiamo
verso Brisa dove il nostro geologo ci ha consigliato la visita del
suo piccolo Museo di Storia Naturale. Il Museo si trova
nella vecchia scuola, una antica costruzione di pietra nel centro del
paese, e raccoglie i reperti fossili rinvenuti nell’area di Vatera,
risalenti a 5,5 milioni di anni fa. Siamo gli unici visitatori e ci
imbattiamo in un custode piuttosto polemikos che appena
entriamo ci investe, impropriamente, con una filippica anti-Europa,
inneggia al ritorno della dracma, ci insegue cercando di coinvolgerci
in una rissa verbale... fortunatamente arriva una coppia greca e ci
molla lasciandoci guardare le vetrine in pace. Il Museo ha 2 sole
stanze, interessanti, e un giardinetto, molto trascurato, con la
ricostruzione della tartaruga gigante di cui sono state ritrovate le
ossa visibili nel museo.
Brisa
- Museo di Storia
Naturale
|
Il nostro geologo ci ha
consigliato di lasciar perdere le Terme di Lisvori e di andare
invece a visitare quelle di POLICHNITOS. Seguendo il suo
consiglio, all’ingresso del paese prendiamo la stradina a destra
che, in poco più di un kilometro, porta alle TERME DI
POLICHNITOS. Qui, sgorgano le acque termali fra le più calde di
Europa, fra i 67° e i 92°, la zona ha un aspetto veramente
infernale e si possono ammirare stagni e fiumi colorati.
Particolarmente affascinanti sono le rive del Fiume
Almyropotamos che fumano di sorgive bollenti. Sull’acqua
aleggiano veli di vapore, le rocce assumono colori fantastici, dal
giallo intenso al bianco brillante, dal bruno rossastro al nero fumo,
l’acqua assume dei colori improbabili e impensabili, dal verde di
rame al blu elettrico, che nemmeno il pittore più bizzarro potrebbe
immaginare.
Polichnitos
- Fiume Almyropotamos
|
Polichnitos
- Fiume Almyropotamos
|
Polichnitos
- Fiume Almyropotamos
|
Le fonti vulcaniche
vere e proprie sono invece delimitate e racchiuse in recinti di
pietra che si trovano vicino alla costruzione che ospita i bagni
termali. La stazione balneare è minuscola e molto
carina, un edificio antico che risale alla dominazione ottomana, ben
ristrutturato e tenuto, con due ambienti a volta di botte che
ospitano due distinte vasche, originali dell’epoca turca, una per
gli uomini e una per le donne, dove si può fare il bagno con 4 euro
a testa. Se non c’è nessuno e siete una coppia vi fanno entrare
insieme nella stessa vasca.
Terme di
Polichnitos
|
…la discoteca
di Vatera…
|
Vatera –
plenilunio
|
L’Olimpo di Lesbo: poeti fra i monti
Oggi prendiamo la strada
dei monti in direzione di Mitilene e, fra curve e pinete, arriviamo
fino alla curiosa località di KARINI, che distinguiamo per
caso grazie alle bancarelle che vendono erbe e prodotti locali, ma
soprattutto belle zucche ornamentali dipinte a vivaci colori. Il
piccolo kafenion e le quattro case di questa minuscola
località immersa nei boschi ci riservano una affascinante storia.
Questa volta non si tratta di un poeta vero e proprio, ma di un
romantico pittore naif, quasi un erede degli artisti medievali che
giravano per i villaggi cantando storie meravigliose mostrando
pannelli dipinti. TEOPHILOS le storie non le cantava, le
dipingeva, sui muri delle case e dei kafenion, su pezzi di
cartone o di legno, su scatole di latta e tavole, su qualunque cosa
gli pareva adatta ad accogliere i suoi sogni colorati: non dipingeva
per denaro, ma per un piatto di cibo e un bicchiere di vino.
Theophilos dipingeva con grande spontaneità e freschezza, i colori
davano vita a scene luminose di vita quotidiana oppure a scene
ispirate alla mitologia greca, alla storia e alla religione. I colori
di Theophilo erano le sue parole e i suoi quadri le sue poesie.
Teophilo partì giovane da Mitilene, tentò invano la fortuna come
pittore, prima a Smirne e poi a Volos, tornò ancora più povero
alla sua Lesbo e, errando di villaggio in villaggio, arrivò a Karini
e ci restò per sempre.
Karini
|
La sua casa divenne il
tronco cavo di un enorme platano, accanto a una magnifica fonte di
acqua purissima. Tutti lo credevano un mezzo matto, lo evitavano per
i suoi abiti sporchi e malmessi, le sue stranezze mettevano a
disagio, ma nel minuscolo borgo di Karini trovò pace e accoglienza,
quel poco di compassione e affetto di cui aveva bisogno. Un giorno
capitò a Karini un ricco parigino originario di Mitilene e si
innamorò della sua arte, decise di aiutarlo e sostenerlo, voleva far
conoscere la sua pittura, gli commissionò dei quadri e gli regalò
tutto il materiale che occorreva. Theophilos con entusiasmo dipinse
circa 120 quadri in 6 anni e queste opere trionfarono in una
esposizione a lui dedicata a Parigi del 1936. Ma il povero Theophilos
non seppe mai di questo trionfo, solo due anni prima fu trovato
morto, si dice di avvelenamento alimentare, solo e povero, come in
tutti i giorni della sua vita. Dopo aver letto questa storia, ci
prende una certa commozione: entriamo nel tronco del grande albero,
ci sediamo sui piccoli sgabelli, ci guardiamo attorno turbati dalla
presenza del povero Theophilos in ogni povera cosa. Una vecchia
fotografia lo ritrae col suo abbigliamento da euzone con rustiche
scarpe con pompon e le ghette di pelli di capra: i suoi occhi
appaiono fissi, assenti e persi in un sogno, il suo sguardo non è
però quello di un perdente, ma quello di un ispirato, i suoi occhi
sembrano azzurri e chiari, come il cielo sotto cui amava vivere, puri
e trasparenti, come la grande sorgente vicina al suo albero…
Questa sorgente è davvero meravigliosa, acqua fresca e dolce, pura e libera: abituati alla minerale in bottiglia ci siamo quasi dimenticati che l’acqua è un prezioso dono della terra e vederla sgorgare così generosa quasi ci commuove. Proprio mentre contempliamo affascinati la grande SORGENTE di KARINI, si avvicina a noi un uomo e attacca discorso dicendoci che quella che stiamo vedendo è una delle 3 sorgenti più grandi di Lesbo, che la sua portata d’acqua consente di coltivare le terre di tutta la valle sottostante. L’uomo poi si improvvisa come guida turistica, ci mostra le varie erbe profumate in vendita sulle bancarelle, i vasetti di olio balsamico, i formaggi sott’olio nonché le tracce dei dipinti di Theophilos sui muri del kafenion e il testo della sua canzone da lui composta. Lui è di Karini, lo erano anche suo padre e suo nonno: proprio suo nonno Antonis accolse Teophilo offrendogli il primo piatto di cibo divenendone poi amico. Siamo rimasti molto colpiti sia dalla storia di Theophilos che dallo stile, l’energia e i colori delle sue opere e ne abbiamo acquistato qualche riproduzione. Siamo invece molto spiaciuti di non aver avuto il tempo di visitare il Theophilos Museum a Varià, un sobborgo a sud di Mitilene non lontano dall’aeroporto, luogo natale di Theophilos, dove sono raccolte una quarantina di sue opere. Il Museo di Theophilos si trova vicino al Museo Biblioteca Teriade, costruiti entrambi a spese di Stratis Eleftheriades, conosciuto appunto con il nome di Tériade, eclettica figura dell’universo artistico mondiale, poeta, pittore, critico d’arte e soprattutto editore. Nativo di Mitilene e parigino di adozione, Tèriade è passato alla storia per i suoi meravigliosi libri d’arte illustrati dai grandi pittori dell’epoca: le Grand Livres, ora raccolti in questo Museo. Fu proprio Teriade ad incontrare Theophilos quel giorno e a Teriade va ascritto il merito di aver subito riconosciuto in lui un pittore popolare autentico. Non riuscì certo a domarne lo spirito selvatico e vagabondo, ma riuscì a dargli l’entusiasmo di un apprezzamento e a fargli accettare il dono di colori, pennelli e tele, che la sua inesauribile ispirazione artistica utilizzava per dar vita ad opere impregnate di anima, mito e patriottismo greco: senza Teriade tutto questo sarebbe andato forse perduto e di Theophilos non sarebbe che rimasta la leggenda e qualche sbiadita traccia sui muri. Lasciamo Karini e torniamo sui nostri passi deviando quasi subito verso ASOMATOS, un caratteristico paese nascosto fra i boschi e coronato dal Monte Olympos che sbuca aguzzo e bianco dal verde circostante, come una gran gemma di sale, illuminata di luce propria. Per il paese non c’è in giro quasi nessuno, le belle case di pietra, le vie selciate coperte da gallerie di pergolati verdi, i graziosi kafenion sulla piazza, tutto sembra appartenere ad un lontano passato.
Theophilos
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la casa di
Theophilos
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Questa sorgente è davvero meravigliosa, acqua fresca e dolce, pura e libera: abituati alla minerale in bottiglia ci siamo quasi dimenticati che l’acqua è un prezioso dono della terra e vederla sgorgare così generosa quasi ci commuove. Proprio mentre contempliamo affascinati la grande SORGENTE di KARINI, si avvicina a noi un uomo e attacca discorso dicendoci che quella che stiamo vedendo è una delle 3 sorgenti più grandi di Lesbo, che la sua portata d’acqua consente di coltivare le terre di tutta la valle sottostante. L’uomo poi si improvvisa come guida turistica, ci mostra le varie erbe profumate in vendita sulle bancarelle, i vasetti di olio balsamico, i formaggi sott’olio nonché le tracce dei dipinti di Theophilos sui muri del kafenion e il testo della sua canzone da lui composta. Lui è di Karini, lo erano anche suo padre e suo nonno: proprio suo nonno Antonis accolse Teophilo offrendogli il primo piatto di cibo divenendone poi amico. Siamo rimasti molto colpiti sia dalla storia di Theophilos che dallo stile, l’energia e i colori delle sue opere e ne abbiamo acquistato qualche riproduzione. Siamo invece molto spiaciuti di non aver avuto il tempo di visitare il Theophilos Museum a Varià, un sobborgo a sud di Mitilene non lontano dall’aeroporto, luogo natale di Theophilos, dove sono raccolte una quarantina di sue opere. Il Museo di Theophilos si trova vicino al Museo Biblioteca Teriade, costruiti entrambi a spese di Stratis Eleftheriades, conosciuto appunto con il nome di Tériade, eclettica figura dell’universo artistico mondiale, poeta, pittore, critico d’arte e soprattutto editore. Nativo di Mitilene e parigino di adozione, Tèriade è passato alla storia per i suoi meravigliosi libri d’arte illustrati dai grandi pittori dell’epoca: le Grand Livres, ora raccolti in questo Museo. Fu proprio Teriade ad incontrare Theophilos quel giorno e a Teriade va ascritto il merito di aver subito riconosciuto in lui un pittore popolare autentico. Non riuscì certo a domarne lo spirito selvatico e vagabondo, ma riuscì a dargli l’entusiasmo di un apprezzamento e a fargli accettare il dono di colori, pennelli e tele, che la sua inesauribile ispirazione artistica utilizzava per dar vita ad opere impregnate di anima, mito e patriottismo greco: senza Teriade tutto questo sarebbe andato forse perduto e di Theophilos non sarebbe che rimasta la leggenda e qualche sbiadita traccia sui muri. Lasciamo Karini e torniamo sui nostri passi deviando quasi subito verso ASOMATOS, un caratteristico paese nascosto fra i boschi e coronato dal Monte Olympos che sbuca aguzzo e bianco dal verde circostante, come una gran gemma di sale, illuminata di luce propria. Per il paese non c’è in giro quasi nessuno, le belle case di pietra, le vie selciate coperte da gallerie di pergolati verdi, i graziosi kafenion sulla piazza, tutto sembra appartenere ad un lontano passato.
Asomatos
|
Patomeni,
la antica strada di pietra
|
Ritornando verso la
strada principale incrociamo una bellissima strada lastricata che si
fa largo fra i boschi e credo sia proprio la Patomeni,
la antica strada di pietra che sale verso Agiassos, il centro
principale di questa regione montana. AGIASSOS è un grande e
pittoresco paese a 26 kilometri da Mitilene, steso ai piedi del Monte
Olympos e circondato da corone di boschi di pini e castagni,
alberi di platano, meli, noccioli, peri e ciliegi: il meglio della
natura sembra qui riunito. Appena si arriva, si respira subito una
vivace atmosfera da animata località di villeggiatura, conviene
parcheggiare nella parte bassa del villaggio e addentrarsi a piedi
per le ripide vie lastricate piene di negozietti, bancarelle,
laboratori artigiani e gitanti. La cittadina conserva l’urbanistica
e l’architettura tradizionale, le strade lastricate e le case di
pietra con balconate di legno abbellite da fiori la fanno
assomigliare ai nostri villaggi alpini.
Agiassos
|
Agiassos è poi da lungo
tempo famosa per la produzione di ceramiche artistiche
e per la lavorazione del legno, in tutte le sue
applicazioni, dai mobili agli oggetti artistici, tanto che si
incontrano per le vie numerosissimi laboratori di falegnameria da cui
proviene un buon profumo di legno e molti negozi che espongono
bellissimi manufatti. Per il suo clima fresco e l’opportunità di
fare acquisti artigianali, Agiassos è dunque molto apprezzata come
meta per una gita domenicale nelle calde giornate estive.
Ma non è tutto, Agiassos è soprattutto meta di pellegrinaggi che hanno come punto focale la visita alla grande chiesa dedicata alla Panagia, una miracolosa icona dipinta, secondo la tradizione nientemeno che dall’Evangelista Luca, portata sin qui da Gerusalemme da Agatone Efesino nell’anno 803. Lo slargo antistante la chiesa della Panagia è una sorta galleria formata da una immensa pergola verde sotto la quale sono sistemati i tavolini dei kafenion e la merce di molti negozi. La penombra e la fresca verzura quasi nascondono l’ingresso che si apre nelle alte mura che celano il Santuario, ma, una volta entrati nel cortile, la grande chiesa e l’imponente campanile esplodono nella loro grandiosità sotto il limpido cielo montano. L’interno della chiesa è ricco e luminoso, decorazioni in oro, lampade votive appese a profusione, mille candele accese: tutto lo sfarzo delle chiese ortodosse trova uno dei suoi migliori esempi. La Panagia, col suo bimbo fra le braccia, completamente rivestita di metallo prezioso finemente cesellato, protegge Agiassos e i monti con il suo profondo e scuro sguardo antico.
i profumi del
legno
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i colori della
ceramica
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Ma non è tutto, Agiassos è soprattutto meta di pellegrinaggi che hanno come punto focale la visita alla grande chiesa dedicata alla Panagia, una miracolosa icona dipinta, secondo la tradizione nientemeno che dall’Evangelista Luca, portata sin qui da Gerusalemme da Agatone Efesino nell’anno 803. Lo slargo antistante la chiesa della Panagia è una sorta galleria formata da una immensa pergola verde sotto la quale sono sistemati i tavolini dei kafenion e la merce di molti negozi. La penombra e la fresca verzura quasi nascondono l’ingresso che si apre nelle alte mura che celano il Santuario, ma, una volta entrati nel cortile, la grande chiesa e l’imponente campanile esplodono nella loro grandiosità sotto il limpido cielo montano. L’interno della chiesa è ricco e luminoso, decorazioni in oro, lampade votive appese a profusione, mille candele accese: tutto lo sfarzo delle chiese ortodosse trova uno dei suoi migliori esempi. La Panagia, col suo bimbo fra le braccia, completamente rivestita di metallo prezioso finemente cesellato, protegge Agiassos e i monti con il suo profondo e scuro sguardo antico.
la
Panagia
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Questo santuario è, per importanza, secondo solo a quello di Tinos e i più devoti usano percorrere a piedi l’antica strada di pietra che proviene da Mitilene come ringraziamento per le grazie ricevute o voto per le grazie da esaudire. Accanto alla chiesa c’è anche un Museo Ecclesiastico con importanti reliquie e tante belle foto d’epoca. Nelle vie adiacenti la chiesa, la vita del paese è particolarmente animata e sono tantissimi i kafenion caratteristici pieni di gente, di tutte le età, che sorseggia ouzo accompagnato da invitanti meze casalinghe: è sabato pomeriggio, l’atmosfera di Agiassos fa dimenticare del tutto le spiagge deserte e il mare pigro, si vorrebbe star qui per sempre, insieme alla sua gente.
gente di Agiassos
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Riprendiamo invece il
nostro viaggio fra i monti di questa Lesbo bucolica, scendiamo verso
Vatera attraverso magnifici boschi che sembrano lo scenario ideale
per avventure arcadiche e pastorali, per amori di ninfe e satiri. E
così mi viene in mente che, proprio in questi boschi, DAFNI e
CLOE vengono abbandonati ancora bambini dalle loro ricche
famiglie e allattati, uno da una capra e l’altra da una pecora.
Vengono poi raccolti da due pastori, Lamone e Driante, che li
allevano come figli. Cresciuti fra i boschi di Lesbo trascorrono
insieme il periodo della giovinezza, pascolando l’uno le capre e
l’altra le pecore, e pian piano scoprono di essere innamorati l’uno
dell’altra. Ma il loro amore viene ostacolato da una lunga serie di
peripezie e avventure che, comunque, si chiudono con il loro
riconoscimento da parte delle rispettive e ricche famiglie di
Mitilene. Segue, finalmente, un allegro matrimonio pastorale: i due
ragazzi hanno ora la possibilità di vivere nel lusso della città ma
scelgono ancora la vita libera dei pastori rimanendo per sempre fra i
loro monti. L’autore di questa struggente storia d’amore
ambientata a Lesbo è un romanziere greco del III secolo d.C., LONGO
SOFISTA, che ben conosceva il fascino di questi monti. Nel suo
romanzo la natura e l’amore si fondono in un reciproco
coinvolgimento passionale e sensuale: Dafni e Cloe sono figli di
Lesbo, vengono nutriti dalla sua natura generosa, il loro amore nasce
fra questi monti e si confonde con il loro amore per questi monti,
che per nulla al mondo vorranno lasciare…
Dafni
e Cloe sono figli di Lesbo
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Il saluto di Lesbo: Alceo di Mitilene
Ci alziamo insieme al
sole, il traghetto lo abbiamo alle 9, ma per percorrere la strada da
Vatera a Mitilene ci vuole un’oretta buona. Il grande porto di
Mitilene ci accoglie illuminato dalla luce del primo mattino e il suo
skyline riflesso nel mare mi appare ugualmente bello ed elegante come
lo avevo visto il primo giorno con la luce del tramonto. La città è
ancora addormentata, si sente il profumo del pane e del mare,
qualcuno è già seduto al caffè con il giornale in mano, i negozi
della via Ermou sono chiusi, dalla meravigliosa pasticceria
Maskotitsa, gioia per gli occhi e per il palato, escono gli invitanti
aromi che preannunciano i dolci domenicali … Mitilene, la grande
città di ALCEO.
Mitilene
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la città di Alceo
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Quante volte, leggendo le sue poesie, la mia fantasia di liceale è volata fino a questa favolosa città del mondo antico dove si parlava la lingua eolica dei poeti lirici; dove nel VII secolo avanti Cristo, quando Roma era ancora un villaggio, palpitava già una grande, popolosa, ricca e raffinata città che estendeva il suo dominio e i suoi commerci dalla Troade al Chersoneso e fino all’Egitto; dove si conduceva una vita elegante e colta, fiorivano le arti, si sviluppavano forme architettoniche innovative, dove nasceva la bellissima colonna eolica con le sue volute piene e sode, dove venivano ambientate tante commedie classiche ed opere teatrali. La mia fantasia era stata però più volte mortificata dalle descrizioni anonime delle guide turistiche e di alcune pubblicazioni, dalle immagini senza calore di alcuni opuscoli turistici: ora la vedo e la trovo incredibilmente bella, proprio come l’avevo sognata. Mitilene mi conquista, come già a suo tempo mi aveva conquistato Alceo con il suo carattere sincero e passionale, impulsivo e sensibile, acceso nelle lotte, entusiasta negli svaghi. Alceo è il primo poeta a cantare l’opportunità, anzi la necessità dell’ebrezza nel banchetto, la gioia del vino e il profumo delle corone di fiori e delle donne, ma non è un crapulone o uno spensierato perditempo, anzi, tutta la sua poesia sgorga dalle vicende politiche del suo tempo, sia dal tormento dell’esilio che dalla vittoria in guerra. Egli conobbe e stimò Saffo, come lei trasse la sua ispirazione da questa limpida e schietta terra di Lesbo, anche se in modo differente. Se in Saffo si riflette tutta la struggente dolcezza della natura, in Alceo si rispecchia tutto il tormento dell’umanità con il suo bagaglio di gioie, dolori e ricordi che si riversa senza filtri nelle amarezze, i pianti e le gioie selvagge di Alceo … “smarrito io sono all’impeto dei venti, da questa parte un’onda rotola, di là un’altra onda; noi nel mezzo porta fra i flutti la nera nave, fiaccati dalla tempesta indomita” E giunta l’ora di partire, chiudo il mio libro di poesie antiche e saluto Lesbo, ma non la sto lasciando, la sua poesia viene con me…….
...ADDIO... |
INFOMEMO
Questo racconto fa parte
dei miei DIARI dell’EGEO del NORD, le isole che
abbiamo visitato in questa zona sono Thassos,
Samotracia, Limnos, Agios
Efstratios, Lesvos e Chios.
Tutte queste isole sono state da noi visitate nel mese di Agosto e le
abbiamo trovate tutte gradevoli, sotto ogni profilo: tranquille,
genuine e poco affollate. Solo Thassos e Chios, in agosto, sono un
poco più affollata delle altre. A LESVOS il turismo è una
componente importante, ma l’olio di oliva, l’ouzo e il pesce
sotto sale sono ancora i prodotti più importanti dell’economia
locale. Le strutture turistiche non mancano, se ne trovano per tutti
i gusti e per tutte le tasche: la maggior concentrazione è nella
zona di Molyvos, Skala Eresso, Vatera e Golfo di Gera. Per il turista
le attrattive di LESVOS sono molte. Il paesaggio in primis:
non è fotogenico o drammatico come per altre isole, ma
tranquillamente impressionante e straordinariamente vario.
Meravigliose le distese di ulivi e di pini, la varietà di flora e
fauna, soprattutto nelle zone umide dell’isola; splendide e immense
sono le spiagge che quasi… disarmano; affascinanti e pittoreschi i
villaggi sulle colline, interessanti e ricchi di storia i monasteri e
le cittadine; gli isolani hanno una orgogliosa identità, segnata
dalle lunghe tradizioni locali e da una raffinata cultura millenaria.
Queste sono le cose che maggiormente vi colpiranno: LESVOS è
un’isola unica per chi ama la vita semplice, scandita dal ritmo e
dal sapore di un tempo. Per visitarla dovete tener presente che
l’enorme Golfo di Kalloni divide praticamente in due l’isola
creando tre zone distinte, molto diverse anche dal punto di vista
morfologico. A nord del Golfo c’è la principale zona turistica
dell’isola con le rinomate località di Molyvos, Petra e Anaxos. A
est di Kalloni c’è l’area della capitale, Mitilene, e il Golfo
di Gera. A ovest di Kalloni dominano aspre montagne e spiagge
selvagge con poche strade. LESVOS non piacerà a chi ama i
luoghi scontati dove tutto è a portata di mano, non piacerà a chi
insegue un elenco di spiagge; LESVOS piacerà moltissimo a chi
possiede occhi che vogliono vedere, a chi ha cuore e anima nel mito e
nella poesia. Come ho detto all’inizio, LESVOS è quasi
impossibile immaginarla: la prima persona che mi ha raccontato questa
isola è stata Zoì, mentre stirava sotto la pergola
della sua casa sulle alte pendici del Pelion: suo figlio era a
militare a Lesvos, lei guardava l’orizzonte e mi indicava una
sfumatura azzurra, io non vedevo nulla, ma lei si… mi parlava
della dolcezza dell’isola e della raffinatezza di Mitilene... io
cercavo di immaginare, ma ero molto, molto lontana da ciò che poi
avrei visto. Io non so, se sono riuscita a fare immaginare Lesvos a
voi, ci ho provato, chiedendo aiuto a chi è nato e vissuto in questa
isola, a chi ha tratto da questa terra ispirazione e poesia: non
troverete Lesvos nelle guide turistiche, ma nel cuore e nelle vene
dei suoi figli, in ogni fibra e tessuto del loro corpo.
LESVOS come raggiungerla:
La via più comoda e
breve per raggiungere Lesbo dall’Italia è sicuramente l’aereo,
prendete un volo su Atene o Salonicco e da lì un volo interno vi
porterà in poco meno di un’ora sull’isola. Noi abbiamo
utilizzato un volo low cost EasyJet Milano – Atene
(prenotato a maggio euro 230 a testa con bagaglio in stiva) +
volo interno Olympic Atene – Salonicco - Lesbo
(acquistato on-line a luglio per euro 95 a testa a tratta). I prezzi
indicati scontano il periodo di vacanza (settimane centrali di
agosto) e la tardiva prenotazione, organizzandosi prima avremmo
sicuramente risparmiato qualcosa. In alternativa al volo interno è
possibile prendere un traghetto, la rotta è servita da Blu Star
e Nel Lines dal Pireo tutti i giorni. La Nel Lines fa rotta su
Mitilene anche da Kavala e Salonicco ma con minori frequenze. Il
nostro viaggio è proseguito poi verso Chios che abbiamo raggiunto in
2 ore con un traghetto Blu Star Ferries (Mitiline - Chios
costo euro 20 a testa, acquistato al porto di Mitilene la mattina
stessa della partenza); da Chios abbiamo quindi preso il volo interno
su Atene e da lì siamo tornati a casa.
LESVOS come muoversi:
Indispensabile l’auto,
l’isola è grande: impensabile visitarla con i mezzi pubblici o uno
scooter facendo base in un unico luogo. Noi abbiamo percorso più di
800 km in 8 giorni pieni e, a malincuore, abbiamo tralasciato tante
cose. Le strade sono belle e in buono stato, i brevi sterrati citati
sono fattibilissimi con un auto normale. Il traffico è praticamente
inesistente, nei trasferimenti abbiamo sempre incontrato pochissime
auto. Noi abbiamo prenotato l’auto on-line due settimane prima di
partire con il broker EconomyCarRentals.com;
auto mini, modello consegnatoci Hyundai Athos; contratto Avis;
euro 244 compresa casco e rimborso franchigia, di cui euro 38 pagati
alla prenotazione e il saldo in loco con carta di credito; durata
noleggio 8 giorni, da sabato sera a domenica; ritiro in aeroporto e
riconsegna al porto di Mitilene dato che il nostro viaggio proseguiva
per Chios. Aeroporto Mitilene: Si trova a 6 km a sud est di
Mitilene, per raggiungere la città c’è un servizio bus per euro
1,5 e taxi per euro 15. L’aeroporto è minuscolo e ha servizi
minimali.
LESVOS dove dormire:
Per visitare Lesvos, data
la sua estensione e conformazione, è consigliabile un percorso
itinerante. Almeno 3 spostamenti sono indispensabili. Considerato che
saremmo arrivati in serata, abbiamo prenotato direttamente, on-line e
una settimana prima di partire, i primi 3 pernottamenti a Molyvos.
Per i pernottamenti successivi abbiamo preferito sceglierli in loco:
l’offerta di rooms e studios è ampia, variegata ovunque, non
abbiamo mai impiegato più di 15 minuti per sistemarci. A Lesvos, in
quasi tutte le località, c’è anche un campeggio attrezzato. Il
campeggio libero è tollerato e praticato, dato che le spiagge
pubbliche sono spesso dotate di bagni e docce.
Molyvos:
Diamanti Studios
Arrivati a Molyvos si prende la strada per Eftalou e 300 mt fuori dall’abitato lo trovate è a sinistra immerso fra grandi ulivi. E’ una antica casa rurale in cui sono statti ricavati studios molto semplici e senza pretese, attrezzati con televisione, aria condizionata, frigo e angolo cottura, puliti e ben arieggiati: vi sembrerà di fare una vacanza in campagna. Alla prenotazione abbiamo chiesto uno studios al piano alto con vista sul Castello di Molyvos: uno spettacolo ogni mattina, sera e notte. Ad uso degli ospiti ci sono una piccola piscina e una taverna, la signora è molto gentile e, se volete, prepara per voi colazione, pranzo o cena, basta dirle cosa desiderate. La figlia Maria lavora presso l’agenzia turistica Alonia Travel, specializzata in ogni tipo di servizio turistico, è molto cortese e professionale, si metterà a vostra disposizione per ogni informazione e necessità. In 10 minuti a piedi si arriva a Molyvos. Collegamento wifi gratuito (ma non siamo mai riusciti a collegarci). Euro 30 a notte per 2 persone in studios. Diamanti Studios - tel. 22530.71890 – fax. 22530.71884 - sito www.gto.gr/diamanti – e-mail diamanti@gto.gr
Arrivati a Molyvos si prende la strada per Eftalou e 300 mt fuori dall’abitato lo trovate è a sinistra immerso fra grandi ulivi. E’ una antica casa rurale in cui sono statti ricavati studios molto semplici e senza pretese, attrezzati con televisione, aria condizionata, frigo e angolo cottura, puliti e ben arieggiati: vi sembrerà di fare una vacanza in campagna. Alla prenotazione abbiamo chiesto uno studios al piano alto con vista sul Castello di Molyvos: uno spettacolo ogni mattina, sera e notte. Ad uso degli ospiti ci sono una piccola piscina e una taverna, la signora è molto gentile e, se volete, prepara per voi colazione, pranzo o cena, basta dirle cosa desiderate. La figlia Maria lavora presso l’agenzia turistica Alonia Travel, specializzata in ogni tipo di servizio turistico, è molto cortese e professionale, si metterà a vostra disposizione per ogni informazione e necessità. In 10 minuti a piedi si arriva a Molyvos. Collegamento wifi gratuito (ma non siamo mai riusciti a collegarci). Euro 30 a notte per 2 persone in studios. Diamanti Studios - tel. 22530.71890 – fax. 22530.71884 - sito www.gto.gr/diamanti – e-mail diamanti@gto.gr
Skala Eresso:
Susanna Studios.
Arrivando a Skala Eressou, girare al bivio con l’indicazione per l’Aeolis Village, poi a sinistra sul ponticello con indicazione parking e subito a destra verso il mare. All’inizio del lungomare trovate a sinistra in una stradina dove sono raggruppate diverse strutture. Susanna Stusios è una costruzione recente, bianca con gli infissi rossi, pulitissima, ottimamente tenuta, contornata da orto e giardino ben curati, posizione tranquillissima giorno e sera. Gli studios sono attrezzati di tutto, non manca proprio nulla, neppure le presine, aria condizionata, bollitore, frigo, angolo cottura e stoviglie (ma niente tv!). Due passi dalla spiaggia e due passi dal centro del paese. Il sig. Antonios Tsalavoutis è molto simpatico, prodigo di indicazioni, suggerimenti, ci donava sempre ampi sorrisi e qualche frutto appena colto dai suoi alberi. Euro 45 a notte per 2 persone in studios. La camera doppia costa euro 40 (solo frigo). Villa Susanna – tel. 22530.53154, 22530.53567 – cell. 6974715928- fax. 22530.53154
Arrivando a Skala Eressou, girare al bivio con l’indicazione per l’Aeolis Village, poi a sinistra sul ponticello con indicazione parking e subito a destra verso il mare. All’inizio del lungomare trovate a sinistra in una stradina dove sono raggruppate diverse strutture. Susanna Stusios è una costruzione recente, bianca con gli infissi rossi, pulitissima, ottimamente tenuta, contornata da orto e giardino ben curati, posizione tranquillissima giorno e sera. Gli studios sono attrezzati di tutto, non manca proprio nulla, neppure le presine, aria condizionata, bollitore, frigo, angolo cottura e stoviglie (ma niente tv!). Due passi dalla spiaggia e due passi dal centro del paese. Il sig. Antonios Tsalavoutis è molto simpatico, prodigo di indicazioni, suggerimenti, ci donava sempre ampi sorrisi e qualche frutto appena colto dai suoi alberi. Euro 45 a notte per 2 persone in studios. La camera doppia costa euro 40 (solo frigo). Villa Susanna – tel. 22530.53154, 22530.53567 – cell. 6974715928- fax. 22530.53154
Vatera: Argo
Studios.
Arrivati a Vatera seguire il lungomare a destra, direzione Agios Fokas, dopo 50 mt sulla destra noterete il cartello con la nave Argo. Costruzione nuova in tinte pastello su due piani, dalla camera si va in spiaggia direttamente in costume e infradito, posizione tranquillissima. Gli studios al piano alto hanno ben 2 balconi, uno rivolto all’alba e uno al tramonto, in modo da avere sempre un posticino all’ombra per stare all’aperto bevendo qualcosa. Belle finiture e mobili nuovi, aria condizionata, tv, frigo, angolo cottura fornito di ogni suppellettile. Il proprietario è un cinquantenne geologo di Mitilene, laureato a Genova, parla benissimo italiano e vi darà preziose informazioni. Euro 40 a notte per 2 persone in studios. Argo Apartments – tel. 22520.61770, 22510.41585 - cell. 6945282771 – sito www.argo-vatera.gr
Arrivati a Vatera seguire il lungomare a destra, direzione Agios Fokas, dopo 50 mt sulla destra noterete il cartello con la nave Argo. Costruzione nuova in tinte pastello su due piani, dalla camera si va in spiaggia direttamente in costume e infradito, posizione tranquillissima. Gli studios al piano alto hanno ben 2 balconi, uno rivolto all’alba e uno al tramonto, in modo da avere sempre un posticino all’ombra per stare all’aperto bevendo qualcosa. Belle finiture e mobili nuovi, aria condizionata, tv, frigo, angolo cottura fornito di ogni suppellettile. Il proprietario è un cinquantenne geologo di Mitilene, laureato a Genova, parla benissimo italiano e vi darà preziose informazioni. Euro 40 a notte per 2 persone in studios. Argo Apartments – tel. 22520.61770, 22510.41585 - cell. 6945282771 – sito www.argo-vatera.gr
LESVOS dove mangiare:
A Lesbo è veramente
superfluo consigliare dove andare a mangiare, la tradizione culinaria
locale impera e l’isola non è frequentata da un genere di turismo
che pretende gli anonimi sapori della cucina internazionale o quelli
della propria nazione d’origine, quindi andrete sempre sul sicuro.
A Lesbo sono praticamente assenti le taverne greche con menù
rivisitato, nelle località balneari più frequentate come Petra,
Anaxos e Skala Eresso, troverete anche qualcosa di diverso, ma se
desiderate mangiar greco, sarete sempre accontentati e le taverne
greche sono tutte davvero greche. Non dimenticate che Lesbo è la
patria dell’ouzo, il suo olio dorato e profumato è considerato il
migliore della Grecia ed uno fra i migliori al mondo, così come la
sua cucina è considerata una delle migliori, per il suo essere al
tempo stesso semplice e sofisticata. Il pesce, a differenza di molti
altri luoghi in Grecia, ha un ruolo fondamentale nel menù, forse per
l’abbondanza della materia prima. Regina è sicuramente la sardina,
fritta, grigliata e condita con olio, limone e prezzemolo, sotto sale
con olio e prezzemolo e in mille altri modi. Spettacolare è la
Lacherda: il sushi dell’Egeo che trovate solo qui. Cozze e vongole,
polipi grigliati, calamari fritti o ripieni, gamberi e gamberoni non
mancheranno mai nei menù. Anche i prodotti della terra avranno un
sapore particolare perché in gran parte di produzione autoctona, fra
tutti sono da assaggiare le fave di Sigri condite con olio e origano.
Il pane, lo troverete spesso fatto in casa.
LESVOS spiagge:
Inutile elencarle,
l’elenco sarebbe infinito e comunque incompleto: l’isola è
immensa e i due grandi golfi interni di Kalloni e Gera vanno a
triplicare il suo perimetro marino. Nel diario abbiamo citato molte
spiagge, fra loro differenti, ma la caratteristica comune è la loro
tranquillità, anche nelle settimane centrali di agosto era
facilissimo trovarsi da soli o con rari compagni. Anche quelle più
frequentate, date le ampie dimensioni, offrono angoli di pace.
Partendo per Lesbo, dimenticate i bagni nelle piccole e graziose baie
raccolte con acqua turchese e vitrea che si trovano su tutte le altre
isole: qui il mare è ben diverso, comunque trasparente e
pulitissimo, ma con un respiro quasi oceanico, aperto, selvaggio e
solenne, lunghe distese su cui camminare, distendersi, perdersi e
pensare, guardarsi dentro.…trovare ispirazione.
Un racconto davvero ben fatto!! Hai proprio la poesia dentro!!! Complimenti!
RispondiEliminaUn intreccio emozionante di storia, mitologia, poesia, leggenda ed emozioni intense.
RispondiEliminaSolo una poetessa poteva riuscirci!
Un diario 3D, anzi...4D!
Mentre le immagini che descrivi prendono forma io riesco ad entrare nella loro profondità: percepisco addirittura la pace, il silenzio, il calore del sole, il profumo dell'aria e lo sciabordio delle onde.
Vedo muoversi le fronde degli ulivi, avverto il suono della risacca, mi abbaglia il lucchichio del mare...con le sue ombre!... e mi lascio avvolgere dal dolce oblio della frescura delle tamerici delle spiagge più solitarie.
Grazie mille per questo capolavoro.
Grazie Ornella per questo meraviglioso libro. Il racconto é poesia pura. Sai quanto adoro le foto.. sono bellissime, ma quelle che preferisco sono:
RispondiElimina- Molyvos città della bella Angelica...perché c'é la nostra Angelica
- il Monastero di San Ignatio
- le 2 foto finali di Molyvos...ma alla foto di "addio" mi si é accapponata la pelle !!!
Un grosso bacio
Io vendo la mia casa ad Eressos!! www.kaliva.orgfree.com
RispondiEliminaCiao, io parttiro con mia moglie il 6 Giugno per due settimane a Lesvos. Usero' i tuoi preziosi appunti di viaggio. Grazie :-) Dan vda
RispondiEliminaGrazie Ornella per le emozioni che ci ha dato il racconto del tuo viaggio. In quale periodo dell'anno l'hai fatto?
RispondiEliminaGrazie.
Enrica e Claudio