Karpathos, Calchi, Kastellorizo, Rodi
di Giuseppe Brenna
Il nostro volo interno per
l’isola di Karpathos parte in serata, abbiamo così un’intera giornata ad Atene.
È un’ottima occasione per
visitare il Museo Archeologico Nazionale, il più importante al mondo per le
opere di arte ellenica custodite all’interno di un edificio neoclassico di fine
800.
La collezione spazia dalle
eleganti sculture arcaiche dei kouroi a
quelle di origine egiziana e romana.
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Museo Archeologico Nazionale, Atene |
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Museo Archeologico Nazionale, Atene |
Pregevoli statue in marmo o di
bronzo esaltano l’ideale di bellezza classica in voga nelle epoche passate che
costituisce un punto di riferimento senza tempo.
Ci si imbatte in famosissimi
reperti, immancabilmente fotografati in ogni libro di storia dell’arte che si
rispetti: dal tesoro di Micene agli affreschi minoici di Akrotiri, la
cosiddetta “Pompei” dell’isola di Santorini sepolta dalle ceneri dell’eruzione.
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meccanismo di Anthykitera |
Particolarmente interessante la
sala dedicata alla misteriosa macchina di Antikythera, un elaborato computer ante litteram risalente al I secolo a.C.
che veniva utilizzato quale calendario solare e lunare, oltre che per calcolare
le date dei giochi olimpici. Stupisce la complessità del meccanismo con ruote
dentate che in Europa sarebbe stata replicabile soltanto nei 1000 anni
successivi per la costruzione degli orologi.
Atterriamo a
Karpathos di notte e raggiungiamo
Pigadìa, il capoluogo dell’isola.
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costa ovest di Karpathos |
Il nome di Karpathos (o Scarpanto)
rimanda alla sua morfologia, caratterizzata da montagne di roccia che digradano
ripide sul mare. È la seconda isola del Dodecaneso per grandezza dopo Rodi e si
trova ai margini sudorientali dell’arcipelago assieme a Kasos.
La posizione appartata rispetto
alle rotte marittime principali determinò una sorta di letargo durante la lunga
dominazione ottomana mentre nei secoli precedenti era stata spesso contesa tra
genovesi, veneziani e l’ordine cavalleresco di San Giovanni.
Nel 1912, a seguito della guerra italo-turca
per il possesso della Libia, Scarpanto con la vicina Caso viene annessa
all’Italia (con il resto del Dodecaneso), per poi passare alla Grecia al
termine del secondo conflitto mondiale.
Pigadìa non è particolarmente
attraente, essendo cresciuta in maniera disordinata nel corso degli anni ’60 e ’70
con palazzi a più piani senza uno stile particolare, tuttavia si concentrano in
questo luogo locali e ristoranti che la rendono vivace di sera.
Un tempo meta inconsueta, oggi
Karpathos è frequentata da moltissimi turisti grazie ai collegamenti diretti
con vari Paesi. La maggior parte dei visitatori sono italiani per i numerosi
voli provenienti dagli aeroporti del nord.
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ex Palazzo del Governo, Pigadìa |
L’ex Palazzo del Governo
italiano, nel tipico stile razionalista ingentilito da archi e linee deco’, è
oggi sede della prefettura. Sorge in un piccolo promontorio sul porto assieme
ad altri due edifici laterali. In quello che un tempo era la caserma dei
carabinieri ha sede oggi il locale museo archeologico che, in un paio di stanze,
ospita manufatti risalenti al Paleolitico fino all’epoca Paleocristiana.
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Museo Archeologico, Pigadìa |
Tra i diversi locali in
prossimità del lungomare, spicca il piccolo Caffè Karpathos, altrimenti noto
come “Angolo Italiano”. Si tratta del cafènio più vecchio di Pigadìa ed un tempo
l’unico esistente nella cittadina.
Si instaura con il proprietario
Michalis una forte intesa, grazie ai ricordi paterni reciproci che riaffiorano
relativamente all’epoca italiana e che ormai, con il passare del tempo, non
hanno quasi più testimoni diretti che possano raccontarli. Il padre di Michalis
parlava perfettamente italiano, avendolo studiato a scuola quando la nostra
lingua era l’idioma ufficiale delle isole del Dodecaneso.
Negli anni ’70 il padre di
Michalis era solito ricevere i visitatori italiani nel suo cafènio, che aiutava
non solo per dare le informazioni sull’isola ma anche per tutti quei problemi
pratici o di salute in cui potessero incappare. L’Angolo Italiano così
rappresentava un punto di riferimento dei nostri connazionali prima dell’esplosione
del turismo moderno. I reduci del secondo conflitto mondiale, tornando a
Karpathos, erano soliti incontrarsi in questo luogo raccolto per parlare del
loro passato.
Durante la guerra, le Isole
Italiane dell’Egeo vennero militarizzate e rafforzate con l’invio di numerosi
soldati poco più che ventenni, molti dei quali provenienti dal sud. Questi
giovani, originari delle campagne e dei poveri centri meridionali, erano estranei
alla baldanza colonialista del Fascismo e ben presto si trovarono a
familiarizzare con la popolazione locale con la quale si instaurò un rapporto
intenso e fraterno.
Con l’occupazione tedesca, gli
italiani che decisero di non collaborare con la Germania furono deportati a
Rodi e qui non avvennero le terribili stragi come a Cefalonia o a Coo.
Il ricordo dell’appartenenza
dell’isola all’Italia non sembra aver lasciato ricordi negativi: Michalis mi
racconta che nel 1912 gli italiani sbarcarono a pochi metri dal suo locale con
una nave da guerra, ottenendo la resa dell’autorità turche senza la necessità
di combattere.
Suo padre, probabilmente
affezionato ai ricordi giovanili, si prodigò per salvare ciò che restava
dell’ex cimitero italiano, inviando regolarmente delle petizioni presso i
ministeri italiani dai quali purtroppo non ha mai ricevuto risposta.
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ex cimitero italiano, Pigadìa |
Ad un paio di chilometri dal
centro, resta di quel cimitero un piccolo terreno in stato di degrado ed
abbandono, recintato da muri perimetrali in rovina e con un cancello d’ingresso
dove rimangono soltanto i due piloni di sostegno. Su un piccolo altare invaso
dalle erbacce, giace una croce spezzata crollata circa 4 anni fa.
I resti dei defunti sono ormai
stati traslati in Italia nel 1948, ma questo sito lo si sarebbe voluto trasformare
in un luogo della memoria; sarebbe bastato un piccolo sforzo economico per
realizzare il desiderio del padre di Michalis ed è sorprendente che certe
iniziative cadano nel completo disinteresse delle nostre autorità.
Mi piacerebbe aiutare Michalis a
realizzare il desiderio del padre a cui sembra tenere molto, anche se ormai c’è
davvero poco da salvare.
Nell’Angolo Italiano viene
servito il caffè con le moka: la prima Bialetti venne regalata dagli italiani
alla nonna di Michailis e così è continuata quella tradizione fino ai giorni
nostri. La madre, ormai rimasta vedova, è una donna vivace dai profondi occhi
color del mare. Al collo porta una catena d’oro con la croce di Karpathos,
realizzata in filigrana ed ispirata a quella etiope. Negli anni ’30 infatti
l’Etiopia venne conquistata da Mussolini e diversi greci del Dodecaneso si
recarono in quel lontano Paese per la realizzazione di ponti ed infrastrutture…
davvero interessanti le influenze culturali che hanno unito in quel periodo dei
mondi così distanti.
Per esplorare l’isola conviene
affittare una macchina, visto la sua forma allungata ed i percorsi a tornanti
ed in salita. Le strade sono in buone condizioni anche se piuttosto strette ed
attraversano verdeggianti pinete lungo la costa dove spira una brezza profumata
di resina e mentuccia. Si aprono meravigliosi panorami sulle spiagge della
costa orientale, dai ciottoli chiari e calme acque cristalline.
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spiaggia di Apella |
Sono facilmente raggiungibili,
anche se più affollati, i litorali di
Achata,
Kirya Panagia e
Apella situati nella zona centrale. Apella è forse quello più
spettacolare per le invitanti sfumature delle acque anche se
Diakoftis, nell’estremità meridionale e
nelle vicinanze dell’aeroporto, le contende il titolo della spiaggia più
scenografica.
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Spiaggia di Diakoftis |
Diakoftis si raggiunge attraverso
un facile sterrato ed è contornata da due promontori: su
Kape Kastello è possibile passeggiare tra ciò che resta di
fortificazioni militari italiane realizzate nel corso del secondo conflitto
mondiale. Sulla collina assolata, sono sparse diverse mura in rovina di vecchie
caserme, bunker con gallerie scavate nella roccia, trincee e, nei punti più
elevati, circoli di pietre di postazioni di contraerea.
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Kape Kastello, Diakoftis |
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Kape Kastello, Diakoftis |
Nella costa occidentale le
spiagge sono per lo più di sabbia. Le acque sono altrettanto invitanti ma più
spesso increspate per le correnti che soffiano su questo versante di Karpathos.
Presso
Arkassa, nella spiaggia di
Agios
Nikolaos, si scorge la sagoma della vicina Kasos che purtroppo non siamo
riusciti a visitare per mancanza di tempo. Kasos pare sia rimasta
cristallizzata negli anni ’70 ed ha risentito poco dello sviluppo turistico per
la sua posizione remota.
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Agia Sophia, Arkassa |
Nei pressi della spiaggia ci sono
un’antica acropoli ed i resti della basilica paleocristiana di Agia Sophia
risalente al V secolo. Rimangono tracce dei pavimenti a mosaico e colonne che
un tempo sorreggevano le navate.
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Cisterna Romana, Lefkos |
Più a nord, c’è il piacevole
villaggio di
Finiki, noto per i suoi
ristoranti di pesce, e
Lefkos con
cinque diverse baie da esplorare oltre alla cisterna romana. Quest’ultima, in
buono stato di conservazione, mantiene il tetto di pietra con i pilastri
originali ed una scala che conduce al vano inferiore per attingere
l’acqua.
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Ménetes |
Tra i villaggi più interessanti
dell’entroterra,
Ménetes si
caratterizza per le sue abitazioni color pastello che si ammirano dal sagrato
della sua grande chiesa seicentesca.
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Olympos |
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Olympos |
Il villaggio di Olympos, nell’estremità
settentrionale, è stato a lungo uno dei segreti meglio custoditi di Karpathos.
Nascosto da impervie montagne, il villaggio fu costruito in quel luogo dai suoi
abitanti per difendersi dai pirati, rimanendo isolato dal mondo esterno.
Il dialetto locale ha così conservato
inflessioni dialettali addirittura di origine dorica.
Da Pigadìa ci vuole più di un’ora
per raggiungerlo e la strada – relativamente recente – è preferibile
percorrerla di giorno visto che spesso delle pietre rotolano sulla carreggiata.
Le anziane indossano gli abiti
tradizionali e, sorprendentemente, parlano anche un buon inglese per attrarre i
turisti che si recano in giornata a visitare Olympos con escursioni organizzate.
Raccontano che, quando ancora non esisteva la strada asfaltata, occorreva più
di un’ora a piedi per poter raggiungere il porto di Diafani. Molte non si
allontanavano mai dal villaggio, che sopravviveva autarchicamente di
agricoltura e pastorizia. Sono sopravvissuti i lavori tradizionali dei merletti
e nei negozietti si vende il sapone fatto in casa ed il miele prodotto
localmente.
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Olympos |
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Olympos |
Stanze semplici con piccoli
balconi si affacciano sull’infinito orizzonte dell’Egeo e sulle case del
villaggio, disposte ad anfiteatro lungo le scoscese pareti della montagna per non
fare ombra l’una all’altra.
Lungo le stradine, piccole
chiesette e mulini in rovina, tranne l’unico ancora funzionante del ristorante
Milos dove i pochi turisti che si fermano in questo luogo incantato si
ritrovano per assaggiare il semplice cibo tradizionale tra cui i “
makarounes”, una pasta fresca di acqua e
farina.
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Palatia, Isola di Saria |
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Agios Zacharias, Saria |
L’isola di
Saria è raggiungibile con un’escursione in barca. Si trova
immediatamente a nord di Karpathos, separata da un braccio di mare di 100 metri
apertosi a seguito di un terremoto. Saria è oggi disabitata, ma un tempo era
sede di pirati saraceni ed i resti del loro villaggio sono chiaramente visibili
nei pressi della spiaggia di
Palatia.
Dalla spiaggia si scorge su una rupe la bianca chiesetta di Agios Zacharias, raggiungibile
con un percorso di 40 minuti che attraversa un canyon ed il villaggio fantasma
di Argos abbandonato dai pastori negli anni ’70.
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Emboriò, Isola di Chalchi |
Tra le isole più piccole del
Dodecaneso,
Calchi assieme ad Alymia
ed altri scogli disabitati costituisce un micro-arcipelago lungo la costa ovest
di Rodi. Nonostante la vicinanza con l’affollatissima Isola delle Rose, Calchi
è estremamente tranquilla per le sue ridotte dimensioni oltre che per la
completa assenza di agenzie di noleggio di veicoli. Il suo nome deriva dalle
antiche miniere di rame.
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Emboriò, Chalchi |
Emboriò, capoluogo ed unico centro abitato, si è sviluppato lungo
la baia a ferro di cavallo con le sue case in stile neoclassico dai colori
pastello ed i balconi in ferro battuto. Sulla facciata si apre un foro (il tradizionale
“occhio”) che consente il ricambio dell’aria nelle abitazioni.
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Pondamos, Chalchi |
Le spiagge di Pondamos e Ftenagia sono a breve distanza dal porto e possono essere raggiunte
a piedi, esiste però un servizio navetta abbastanza frequente che consente ai
visitatori di arrivare più facilmente a Kania.
Si tratta di piccole calette sabbiose ed attrezzate che, in certi momenti,
possono risultare affollate visto gli spazi ridotti.
Le acque sono limpidissime anche
ad Emboriò, per cui nella zona a sud della baia delle scalette sulla roccia
consentono ai villeggianti di accedere al mare direttamente dalle loro case.
Il porto è il luogo preferito per
le passeggiate serali dove si concentrano i ristoranti tradizionali.
Di fronte al molo, c’è l’ufficio
postale di edificazione italiana dipinto di giallo, una salita alle sue spalle
conduce al dimarkio ottocentesco e
alla torre dell’orologio, costruita grazie alle rimesse degli isolani emigrati
negli USA. La chiesa di Agios Nikolaos ha il campanile più alto del Dodecaneso
ed una pavimentazione esterna a realizzata con ciottoli di fiume bianchi e
neri.
Nell’entroterra ci sono diversi
piccoli monasteri, quello più lontano dedicato a San Giovanni si trova a circa
10 chilometri da Emboriò ed è piuttosto complicato raggiungerlo a piedi anche
perché le strade, pur essendo asfaltate, sono in salita e faticose da
percorrere sotto il sole cocente. Conviene organizzarsi per tempo per visitare
almeno il vecchio capoluogo abbandonato di
Chorio,
situato nel centro dell’isola dove si trova il Castello dei Cavalieri di San
Giovanni.
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Chorio, Chalchi |
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Chorio, Chalchi |
Chorio era abitato sin dall’epoca
classica, rimangono ancora tracce consistenti dell’antica cerchia muraria
ellenistica e, lungo il sentiero in salita, si incontra l’arcaico trono di Zeus
e di Ekhate scolpito nella roccia, un luogo per offerte votive alle due
divinità i cui nomi compaiono nella parte inferiore dei sedili.
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Trono di Zeus e di Ekhate, Chorio |
Il castello, dall’ingresso monolitico,
evidenzia come sia stato realizzato su resti preesistenti e più antichi.
All’interno della cinta fortificata è stata interamente ricostruita la piccola
chiesa di Agios Nikolas. Dai contrafforti si ammira la vista su tutto il
versante meridionale di Chalchi oltre che sulle isolette vicine e su Rodi.
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Castello dei Cavalieri di San Giovanni, Chalchi |
Kastellorizo, l’ultimo avamposto orientale di lingua greca prima di
Cipro. Il suo nome è una storpiatura dell’italiano “Castelrosso”. Furono i
Cavalieri di San Giovanni ad averla battezzata così per il colore vermiglio
della roccia locale con la quale avevano costruito una fortezza sul porto e di
cui oggi resta un torrione solitario.
I
greci la chiamano anche Megisti (i turchi Meis), essendo la maggiore per
dimensioni rispetto ad altri due scogli disabitati di Rho e Strongyli che
l’affiancano a pochi chilometri dalla costa turchese.
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Kastellorizo |
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Kastellorizo |
Kastellorizo in effetti è la più
distante tra le isole elleniche e si raggiunge con 3 ore di traghetto da Rodi,
mentre il porto turco di Kas è a soli 40 minuti di barca.
L’isola è famosa per il film
“Mediterraneo” del regista Salvatores che racconta la storia del gruppo di militari
italiani chiamati a difendere questo lontano avamposto del Dodecaneso durante
il secondo conflitto mondiale; vicende simili erano quelle che sentivo
raccontare tante volte da mio padre che invece si è trovato durante quel
periodo di stanza a Simi.
L’isola entra a far parte del
gruppo di isole egee controllate dall’Italia solo nel 1921, cioè dopo la fine
della prima guerra mondiale. I francesi, che l’avevano precedentemente occupata
per 2 anni ed utilizzata come base militare, la cedono al nostro Paese che la
conserverà formalmente fino al 1945. Grazie a tale cessione, l’isola è rimasta
nel Dodecaneso ed è potuta così riunirsi al resto della Grecia nel ‘48,
altrimenti la sua storia avrebbe potuto prendere una piega diversa.
Nel porto staziona stabilmente
una fregata militare e diverse caserme dell’esercito ellenico sono dislocate
nei punti strategici dell’isola per difenderla da possibili rivendicazioni
della Turchia con cui persistono rapporti tesi.
La cittadina è quanto mai
pittoresca, con piccole casette neoclassiche dai colori vivaci allineate lungo
la stretta banchina che circonda la baia. Diversi edifici sono stati recuperati
per ospitare i turisti, ad ogni modo il clima rimane sempre raccolto e tradizionale.
I bombardamenti (del tutto
inutili) subiti durante la guerra ed il precedente terremoto del 1926
determinarono lo spopolamento dell’isola. Parecchi abitanti sono emigrati in
Australia, tuttavia molti sono quelli che tornano d’estate, provvedendo a restaurare
le vecchie proprietà di famiglia.
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Moschea Ottomana, Kastellorizo |
Nei pressi della moschea
ottomana, oggi sede del museo del folklore, c’è il piccolo ex Palazzo del
Governo italiano e nella piazzetta antistante è stato organizzato un club con
musica e cocktail bar. Tra le case del villaggio ed affacciato sul mare, ho
trovato molto interessante il mercato coperto costruito dagli italiani, rimasto
intatto ma caduto in disuso.
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mercato (Agorà), Kastellorizo |
Kastellorizo è poco più di uno
scoglio roccioso, con scarsa vegetazione alle spalle del villaggio. Non
esistono spiagge, per cui ci si immerge direttamente tramite comode scalette
posizionate sulle banchine nelle limpide acque del porto.
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tartaruga caretta caretta |
Siamo stati estremamente sorpresi
nel vedere le tartarughe Caretta-Caretta nuotare vicino alle barche, le quali
tornano sull’isola per riprodursi.
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Plakes |
Con i
taxi-boat si possono raggiungere altri luoghi meravigliosi per la
balneazione tra cui
Plakes, una
caletta di roccia levigata e di ciottoli oppure la straordinaria
grotta azzurra (
Perastà). Quest’ultima è visitabile la mattina quando il sole non è
troppo alto sull’orizzonte.
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Grotta Azzurra, Kastellorizo |
Attraverso una stretta fessura si
accede in barca ad un antro alto più di 20 metri e, con la rifrazione dei raggi
solari sulle acque del mare, una luce di zaffiro ne inonda l’interno.
Si tratta dell’attrazione
principale dell’isola, che da sola merita di spingersi fino a questi lidi
remoti, eppure ci sono stati momenti in cui ci siamo ritrovati completamente
soli con il nostro barcaiolo.
Un tuffo nell’azzurro intenso e la
visita nel fondo della grotta della minuscola spiaggetta dove le tartarughe si
recano per nidificare concludono l’escursione.
Le acque di Kastellorizo sono tra
le più calde in cui mi sia mai capitato di immergermi rispetto alle isole
greche in mare aperto, e questo grazie alla vicinanza con la costa anatolica.
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Castello dei Cavalieri di San Giovanni, Kastellorizo |
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Tomba Licia |
Ai piedi delle rovine del
Castello dei Cavalieri di San Giovanni, un ripido sentiero consente di dare un’occhiata
ad una tomba licia, l’unica esistente in suolo ellenico. I lici erano un antico
popolo di cui parla anche Omero e che furono capaci di costruire città favolose
e tombe scolpite nella roccia sulla costa turca con uno stile monumentale non
inferiore a quello che si può osservare a Petra in Giordania.
Raggiungiamo nel tardo pomeriggio
il
Paliokastro, l’antico
insediamento ellenistico poi rimaneggiato anche in epoca medioevale. L’antica
fortezza conserva parzialmente mura e torri perimetrali e custodisce al suo
interno tre piccole chiese, cisterne e tombe scavate nella roccia. Sulla
sommità si domina il mare circostante Kastellorizo e la prospiciente costa anatolica,
per cui si tratta di un formidabile punto strategico –militare. In cima al Paliokastro
infatti rimangono tre postazioni di contraerea italiana molto ben conservate.
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Paliokasto, Kastellorizo |
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Paliokasto, Kastellorizo |
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Paliokasto, Kastellorizo |
Un ultimo sguardo alla piazzetta
del ristorante “Mediterraneo”, dove è stato girato parte del film di
Salvatores, e già siamo sulla grande nave che, con la sua scia, si allontana
rapidamente attraccando a
Rodi.
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Kastellorizo |
Sono trascorsi 8 anni dalla mia
ultima visita, la città è sempre meravigliosa ma dispiace vederla ancora più affollata
e soffocata da pubblicità e paccottiglia turistica di negozi e locali poco
rispettosi del decoro dei luoghi storici in cui sono inseriti. In
odos Socratou resiste lo storico caffè
turco del 14° secolo, ormai una singolarità tra esercizi commerciali del tutto
fuori contesto.
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Nosokomio, Rodi |
Torniamo nel Nosokomio, l’antico
ospedale dei Cavalieri mirabilmente restaurato dagli italiani, che ospita il
museo archeologico della città e che, come nel passato, continua ad essere una
silenziosa oasi di tranquillità rispetto al trambusto esterno.
Abbiamo ancora un’intera giornata
a Rodi, visto che il nostro volo di ritorno parte in serata.
A causa di un improvviso sciopero
dei benzinai, la volta precedente non eravamo riusciti a visitare
Ialyssos… e così raggiungiamo questa
località a 10 chilometri dalla città.
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Monte Filerimos |
Ialyssos era assieme alle antiche
Kamiros e Rhodos, una delle 3 città doriche tra cui veniva spartito il
controllo dell’isola. In cima al
monte
Filerimos, ammantato di pinete, si trova l’acropoli dell’
insediamento
di cui rimangono i resti del tempio di Athena Polia. Di fronte alle rovine,
sorge un Monastero dedicato alla Vergine costruito dai Cavalieri di San
Giovanni, tuttavia dopo i danni inflitti dai turchi è stato riscostruito nella
forma attuale dagli italiani che adottarono lo stesso stile di ispirazione
medioevale tipico della città murata.
Caratteristico l’esotico
campanile, su cui campeggia la croce in rilievo dei cavalieri e che ora è
avvolta da impalcature per i restauri. Molto suggestivo il chiostro e l’interno
della chiesa pervasa da una luce mistica, che conserva un’originale
pavimentazione marmorea.
Di fronte all’ingresso del
monastero c’è una Via Crucis che termina presso una croce enorme alta 18 metri.
Il viale ombreggiato da cipressi
è intervallato dalle edicole delle diverse stazioni con raffigurazioni in bronzo
che ancora riportano le originali scritte in italiano.
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Kallithea |
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Kallithea |
Ci spostiamo alle Terme di Kallithéa.
I restauri del complesso realizzato dagli italiani nel 1929 sono ormai ultimati
ed anche la cupola della rotonda con le scritte latine rifulge nel suo
candore. Gli edifici non ospitano più un
centro benessere (ormai in disuso) ma sono uno splendido esempio di stile
eclettico d’oriente tipico dell’epoca coloniale, caratterizzato da grandiosi
giardini, mosaici e fontane in stile moresco.
La località oggi è utilizzata
come centro balneare data la vicinanza del complesso con la spiaggia.
Lasciamo così il Dodecaneso, un
luogo che inevitabilmente suscita in me tanti ricordi lontani ed emozioni non
solo legati alla bellezza ed al fascino che ogni isola greca è in grado di
sprigionare.
Quell’angolo dell’Egeo è per me
qualcosa di speciale che una semplice regione della Grecia, ed in qualche modo
quel trentennio di presenza italiana del quale nel nostro Paese resta al
massimo un confuso ricordo o qualche nome di strade o di piazze, è rimasto
negli isolani molto più impresso nella memoria (nel bene o nel male…)
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